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Cos’è la diastasi addominale, la patologia di Noemi Bocchi: la spiegazione del chirurgo plastico

Il chirurgo plastico Marco Iera ha spiegato a Fanpage.it cos’è la diastasi addominale, quali sono i suoi sintomi e come si tratta. Noemi Bocchi ha annunciato sui social di soffrirne, puntando i riflettori sulla patologia.
Intervista a Dott. Marco Iera
Chirurgo plastico presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano
A cura di Andrea Centini
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A sinistra Noemi Bocchi. Credit: Noemi Bocchi / Instagram. A destra un'ecografia addominale. Credit: Diastasi Donna ODV / Screenshot Youtube
A sinistra Noemi Bocchi. Credit: Noemi Bocchi / Instagram. A destra un'ecografia addominale. Credit: Diastasi Donna ODV / Screenshot Youtube

In un appassionato post su Instagram la flower designer Noemi Bocchi ha raccontato di soffrire di una particolare condizione medica chiamata diastasi addominale, emersa a seguito della nascita dei suoi due figli. La compagna dell'ex calciatore della Roma Francesco Totti ha specificato che si tratta di un malessere “non capito né dalle famiglie, né dalla società” scoperto grazie a gruppi Facebook specifici, in cui le donne raccontano la propria esperienza e si danno supporto a vicenda. Ma cos'è esattamente la diastasi addominale? Lo abbiamo chiesto al dottor Marco Iera, chirurgo plastico presso l’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Ecco cosa ci ha raccontato.

Dottor Iera, innanzitutto le chiediamo gentilmente di spiegarci cos'è la diastasi addominale

Per diastasi addominale si intende un allargamento o un'eccessiva separazione dei muscoli retti addominali, nella parte centrale. Noi abbiamo questi due muscoli retti addominali, uno per ciascun lato, che sono uniti lungo la linea mediana. In termine tecnico si chiama linea alba. Dopo il parto, normalmente, c'è un allargamento o un'eccessiva separazione di questi muscoli. Diciamo che nella posizione iniziale sono tenuti insieme dalla linea alba, che non è altro che un sottile tessuto che li unisce. Durante il parto questa linea si sfibra, si assottiglia e quindi i muscoli tendono a separarsi. In base a quanto questi muscoli si allontanano dalla linea centrale c'è anche una classificazione della diastasi, che viene definita da tre gradi di gravità: lieve, moderato e severo. Il grado lieve si verifica quando questa distanza dei muscoli retto-addominali destro e sinistro è inferiore a 3 centimetri; il grado moderato quando è tra 3 e 5 centimetri; il grado severo quando è maggiore di 5 centimetri.

Quante donne colpisce?

La statistica indica che dopo il parto ne soffre circa il 30 percento delle donne.

Ci sono altre cause per questa condizione?

Il motivo principale è sicuramente la gravidanza, poiché innanzitutto si compie un movimento di contrazione muscolare da parte della donna che provoca questa separazione. E poi c'è la stessa pressione interna dovuta alla crescita del feto che favorisce l'allontanamento dei muscoli. Ma non è solo la gravidanza a provocare la diastasi addominale. Nell'uomo, ad esempio, vi è l'aumento significativo del peso, un'obesità. È favorita anche dalla lassità della muscolatura, dovuta all'invecchiamento fisiologico – col passare del tempo la muscolatura diventa lassa – o da altri tipi di problematiche. Oppure da interventi importanti in cui tessuti si sfibrano, come ad esempio nei pazienti sottoposti a interventi di chirurgia bariatrica.

Quali sono i sintomi della diastasi addominale?

Diciamo che potremmo parlare di conseguenze e di sintomi. Le conseguenze più visibili non sono solo estetiche, ma soprattutto funzionali. Estetiche, che interessano soprattutto le donne, sono impossibilità ad avere un ventre piatto. Una globosità addominale. Però la cosa più importante sono le conseguenze funzionali. Se questi muscoli si allargano, gli organi che sono al di sotto di essi non hanno più uno strumento di contenzione. Per cui la muscolatura perde la sua normale funzione di contenimento e mantenimento in sede dei visceri, pertanto i visceri possono protudere (fuoriuscire) verso l'esterno, dando così origine a ernie addominali di diverso grado e nei casi più gravi anche a un laparocele. Tutto questo questo si tramuta in una sintomatologia come il gonfiore, soprattutto dopo i pasti, un dolore addominale, una difficoltà a digerire e nei casi più gravi anche un'incontinenza urinaria.

Come si interviene per trattare la diastasi addominale?

Innanzitutto bisogna fare diagnosi, che si effettua attraverso una visita specialistica e con una ecografia della parete addominale. Nei casi più gravi con una risonanza della parete addominale. Una volta fatta la diagnosi, si interviene in base al grado della diastasi, che come indicato è classificata in tre gradi: lieve, moderato e severo. Nei casi lievi o moderati si interviene con l'addominoplastica e plastica dei muscoli retto-addominali. Si uniscono i muscoli attraverso dei punti a questa linea centrale, la linea alba. Si riporta allo stato naturale l'anatomia. Normalmente si rimuove anche un eccesso di pelle che si crea sempre nelle donne dopo la gravidanza. Nei casi severi, quindi molto, molto gravi, quando i muscoli sono poco elastici e molto sfibrati, non c'è la possibilità di unirli lungo la linea alba. Per cui si ricorre a una rete biocompatibile che un po' sostituisce la muscolatura. È un po' come una toppa messa lì sui muscoli, che funge da strumento di contenzione. L'intervento dura più o meno 3 ore e richiede almeno una notte di degenza e una settimana di riposo. Dopo un mese si può riprendere l'attività sportiva.

Quante donne e quanti uomini si sottopongono annualmente a questo intervento?

Una statistica vera e propria non c'è, non ci sono dei dati. Quello che posso dire è che si tratta di un problema sottovalutato. Se ne parla poco. Non si sa neanche a chi rivolgersi, fondamentalmente. Molti dicono che non sapevano nemmeno che il chirurgo plastico trattasse la diastasi addominale. Oltre alle conseguenze estetiche e funzionali, va ricordato che c'è anche una problematica psicologica.

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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