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Antibiotici oltre la soglia di sicurezza nell’acqua potabile: “Minaccia per la salute globale”

Tra le regioni a più alto rischio ci sono la Cina e il Pacifico occidentale, dove è stata riscontrata la più alta probabilità di concentrazioni superiori al livello di guardia per lo sviluppo di batteri resistenti.
A cura di Valeria Aiello
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Probabilmente tutti noi, almeno una volta nella vita, abbiamo sentito parlare di antibiotico-resistenza e del rischio rappresentato dal rilascio di residui di questi farmaci nell’ambiente. Sono però in pochi a sapere quali sono davvero le regioni dove la contaminazione degli ambienti acquatici ha già superato le Predicted No Effect Concentrations (PNEC), ovvero i livelli oltre i quali le concentrazioni di antibiotici sono in grado di promuovere lo sviluppo e la selezione di batteri resistenti.

Tra queste regioni, rivela un nuovo studio pubblicato su The Lancet Planetary Health dai ricercatori del Karolinska Institutet, in Svezia, ci sono diverse aree del Sud-est asiatico e del Pacifico occidentale, dove i residui di antibiotici che contaminano le acque reflue e i corsi d’acqua hanno superato il livello di guardia, rappresentando una minaccia per la salute delle persone, degli animali e dell’ambiente. Queste regioni includono Cina e India, che sono tra i maggiori produttori e consumatori mondiali di antibiotici.

Gli antibiotici nell’acqua potabile minacciano la salute globale

L’antibiotico-resistenza da parte dei batteri, a volte indicata come pandemia silenziosa, è un problema che non conosce confini geografici. I batteri possono infatti diffondersi silenziosamente nell’ambiente, contaminare prodotti agricoli e zootecnici e trasmettersi con le infezioni, acquisendo la resistenza attraverso mutazioni casuali durante la replicazione, oppure mediante il trasferimento di geni con i plasmidi, ovvero minuscole molecole di DNA che questi microrganismi di solito condividono tra loro.

L’uso eccessivo o non appropriato degli antibiotici, così come il rilascio nell’ambiente di residui attraverso la produzione e lo smaltimento di questi medicinali, possono indurre una pressione selettiva nei batteri, contribuendo alla comparsa e alla diffusione della resistenza. Il superamento delle soglie di sicurezza aumenta pertanto la probabilità che questi microrganismi sviluppino resistenza, contaminando l’ambiente e arrivando a noi anche attraverso l’acqua potabile.

La misura di tale rischio, al centro dell’analisi del Karolinska Institutet, è stata valutata mediante una revisione sistematica della letteratura pubblicata tra il 2006 e il 2019, prendendo in esame i livelli di residui di antibiotici presenti nelle acque della regione del Pacifico occidentale e del Sud-Est asiatico e utilizzando un metodo chiamato Probabilistic Environmental Hazard Assessment per determinare dove la concentrazione di antibiotici è sufficientemente alta da contribuire con maggiore probabilità alla resistenza agli antibiotici. Nel complesso, i ricercatori hanno rilevato 92 diversi antibiotici nella regione del Pacifico occidentale e 45 nel Sud-est asiatico. Come atteso, il rischio più elevato è stato osservato nelle acque reflue e negli affluenti degli impianti di trattamento delle acque reflue.

Tuttavia, negli ambienti acquatici riceventi, la più alta probabilità di livelli superiori alla soglia considerata sicura per lo sviluppo di resistenza è stata osservata per l’antibiotico ciprofloxacina nell’acqua potabile di Cina e Pacifico occidentale.

I residui di antibiotici nelle acque reflue e negli impianti di trattamento delle acque reflue possono fungere da hot spot per lo sviluppo della resistenza agli antibiotici in queste regioni e rappresentare una potenziale minaccia per la salute umana attraverso l’esposizione a diverse fonti di acqua, compresa l’acqua potabile – ha affermato Nada Hanna, ricercatrice presso il Dipartimento di salute pubblica globale del Karolinska Institutet e prima autrice dello studio – . I nostri risultati possono aiutare i decisori a mirare a misure di riduzione del rischio contro i residui ambientali di antibiotici prioritari e in siti ad alto rischio, per proteggere la salute umana e l’ambiente”.

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