Alex, una ragazza nata senza gran parte del cervello, ha appena compiuto 20 anni: com’è possibile

Il 4 novembre di quest'anno una ragazza chiamata Alex Simpson ha compiuto 20 anni, sfidando ogni previsione medica sulla sua sopravvivenza. La giovane, infatti, è affetta da una rarissima malformazione congenita – cioè presente sin dalla nascita – al sistema nervoso centrale chiamata idranencefalia. In parole semplici, come spiegato dal portale specializzato Orpha.net, si tratta di una condizione “caratterizzata dall'aplasia completa o pressoché completa della corteccia degli emisferi cerebrali”: ciò significa che manca larghissima parte del cervello, sebbene vengano preservati i gangli o nuclei della base, le meningi e il tronco encefalico con parte del cervelletto, pur con delle differenze nei singoli casi. La presenza di queste strutture garantisce le funzioni vitali di base, perlomeno per un certo periodo di tempo, tuttavia l'assenza degli emisferi cerebrali ha un impatto estremo su funzioni cognitive, crescita, vista, udito, movimento e moltissimo altro. Lo spazio lasciato libero dagli emisferi cerebrali viene riempito da sacche di liquido cefalorachidiano o cerebrospinale, che può essere aspirato con un tubo per ridurre la pressione intracranica.
La storia di Alex Simpson
Alex nacque a Omaha (Nebraska, Stati Uniti) nel 2005 dai genitori Lorena e Shawn Simpson, ai quali fu annunciata la terribile diagnosi della figlia quando aveva 2 mesi di vita. Spesso, come evidenziato dalla Cleveland Clinic, una delle più importanti associazioni sanitarie degli USA, l'idranencefalia viene identificata durante la gravidanza con un'ecografia prenatale, che è in grado di mostrare l'assenza degli emisferi cerebrali. Può tuttavia capitare che la condizione venga rilevata solo dopo la nascita; talvolta possono trascorrere settimane o addirittura mesi – come nel caso di Alex – prima che emergano dei sospetti, dato che spesso nelle fasi iniziali della vita un bambino che ne è colpito “appare e si comporta normalmente”. La prognosi è purtroppo infausta; la maggior parte dei bimbi, infatti, perde la vita nel grembo della madre o entro il primo anno di vita. Raramente si riescono a superare alcuni anni, anche con un'intensiva e avanzata terapia di supporto, l'unica in grado di attenuare le sofferenze e i sintomi che l'assenza del cervello può comportate. Fra quelli indicati figurano ingrossamento della testa – da non confondere con l'idrocefalo – spasmi muscolari, rigidità degli arti, difficoltà respiratorie, grave ritardo dello sviluppo, compromissione delle funzioni cognitive, sordità, cecità e altro ancora.
Nel caso di Alex, i genitori furono avvisati dai medici che la figlia non avrebbe superato i quattro anni di vita, ma come indicato è appena riuscita a spegnere le venti candeline. Nonostante la condizione, in una recente intervista rilasciata a KETV i Simpson hanno affermato che la figlia è presente, riconosce i famigliari ed è in grado di capire se accadono cose piacevoli o spiacevoli attorno a lei.
I casi longevi di idranencefalia
Quello di Alex non è l'unico caso di longevità oltre le previsioni per l'idranencefalia; tra le storie balzate agli onori della cronaca vi è quella di Jaxon Buell, nato il 27 agosto del 2014 a Orlando (Florida) privo dell'80 percento del cervello. I suoi genitori, Brandon e Brittany Buell, pur essendo venuti a conoscenza della condizione del figlio durante la gravidanza decisero di non optare per l'aborto terapeutico, a cui invece fa affidamento gran parte delle famiglie, proprio alla luce delle ridotte speranze di sopravvivenza, delle sofferenze e anche delle ingenti spese mediche per consentire la necessaria e onnipresente terapia di supporto. Decisero di aprire una pagina social su Facebook chiamata “Jaxon Strong” che fu seguita da centinaia di migliaia di persone, grazie alla viralità della storia negli Stati Uniti. Il bimbo, purtroppo, è deceduto il primo aprile del 2020 in Carolina del Nord poco prima di compiere 6 anni.
Ancor più emblematica la storia di una ragazza italiana vissuta con l'idranencefalia fino a 32 anni di età. Il suo caso è stato discusso in letteratura scientifica, ma non sono noti i dettagli per questioni di privacy. È morta durante la pandemia di COVID-19 proprio a causa dell'infezione da coronavirus SARS-CoV-2. Si ritiene che i casi più longevi siano legati alla particolare conformazione del tronco encefalico, che in determinate condizioni – come quella di Alex – riesce a sostenere adeguatamente e a lungo le funzioni vitali di base, soprattutto in presenza di un significativo supporto medico.
Le cause dell'idranencefalia
Per quanto concerne le cause dell'idranencefalia, al momento non vi sono certezze, spiega la Cleveland Clinic, tuttavia si ritiene che l'esposizione a determinate sostanze tossiche possa giocare un ruolo fondamentale. Fra esse la cocaina, il fumo e il valproato di sodio, che è un farmaco anticonvulsivante, come spiegato dall'associazione sanitaria. Non si escludono infezioni intrauterine in grado di indurre la necrosi dei vasi (vasculite necrotizzante) che portano sangue e nutrimento al sistema nervoso centrale in sviluppo e una grave ipossia fetale, come spiegato da MedPage Today. Possibile anche il coinvolgimento di fattori genetici, anche se al momento non è chiaro quali possano essere. La malformazione cerebrale, secondo alcuni studi, è innescata dall'occlusione delle carotidi che impedisce lo sviluppo dei due emisferi cerebrali, ma sulle cause scatenanti, come indicato, non si è ancora giunti a conclusioni.