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Incendiarono un compressore: quattro No Tav nuovamente accusati di terrorismo

Mattia Zanotti, 29 anni, Chiara Zenobi, 41 anni, Claudio Alberto, 23, e Niccolò Blasi, 24 anni, vennero scagionati dalla Cassazione dall’accusa di terrorismo. La Procura di Torino, tuttavia, insiste: eppure i quattro non ferirono nessuno e danneggiarono solo un compressore.
A cura di Davide Falcioni
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Terrorismo. E' questa l'accusa riproposta dal Procuratore Generale di Torino Marcello Maddalena nei confronti di Mattia Zanotti, Niccolò Blasi, Claudio Alberto e Chiara Zenobi, i quattro attivisti No Tav imputati per il danneggiamento del cantiere di Chiomonte avvenuto nel maggio del 2013. L'ipotesi che si trattasse di terrorismo era stata esclusa dai giudici di primo grado, che avevano optato per le accuse più lievi di danneggiamento ed incendio, ma al termine della sua arringa Maddalena è tornato a ipotizzare che si sia trattato di un atto eversivo addirittura in grado di minare la democrazia. Per questo il Pg ha chiesto per i quattro militanti la stessa pena chiesta in primo grado: "9 anni e mezzo di carcere, senza concessione delle attenuanti generiche, poiché non sono ragazzi sbandati che fanno scherzi goliardici o ragazzate. Hanno identità e connotati politici. Non prenderli sul serio sarebbe fare un torto a loro". Per Maddalena, dunque, le azioni di sabotaggio del maggio di due anni fa rappresentano un atto terroristico.

Il procuratore generale ha esordito dicendosi cosciente del fatto che l'accusa "parte molto in salita", ma chiarendo: "Io per ragioni anagrafiche ho ricordi di sabotaggio e istintivamente li colloco assieme a tanti fatti di terrorismo che hanno martoriato questo paese. Mi sono chiesto come mai quest'opera di ‘minimizzazione': credo che derivi dal fatto che mancano in questa vicenda alcune nozioni classiche come i colpi di rivoltella o di pistola, come nelle Br. Su questo clima aleggia e si avverte l'innegabile sproporzione tra le condotte addebitate rispetto ad altre ben più gravi manifestazioni di terrorismo da cui siamo afflitti in questo periodo, anche se in altre parti d'Europa, ma che si stanno avvicinando a noi a grandi passi. Chi ha vissuto negli anni 70 sa che finché non ci scappa morto è difficile utilizzare la parola ‘terrorismo'. Ma questo non è un processo in cui si deve dare la patente di terrorismo ad alcune persone: si tratta di vedere se sono stati commessi fatti che rientrano nelle finalità che il legislatore ha messo dentro quella norma".

Chi sono Niccolò, Mattia, Chiara e Claudio e cosa fecero nel maggio 2013

Mattia Zanotti, 29 anni, Chiara Zenobi, 41 anni, Claudio Alberto, 23, e Niccolò Blasi, 24 anni, sono in carcere dal dicembre del 2013. Accusati di partecipare agli scontri della notte tra il 13 e il 14 maggio dello stesso anno, nei loro confronti la procura di Torino, in particolare i pm Rinaudo e Padalino, decise di utilizzare il pugno duro. I quattro, infatti, vennero accusati di terrorismo per aver danneggiato, incendiandolo, un compressore ed alcuni cavi elettrici. Quella notte, infatti, non rimasero feriti poliziotti, carabinieri o operai: l'azione del gruppo di attivisti durò una manciata di minuti, un'azione di sabotaggio mirata ad ostacolare la prosecuzione dei lavori del tunnel geognostico e rivendicata all'indomani dal Movimento No Tav, che parlò di "metodo non violento che da sempre accompagna le lotte sociali". Non erano della stessa opinione i magistrati torinesi, che ipotizzarono il reato di terrorismo, stralciato pochi mesi dopo dalla Cassazione: "La connotazione terroristica dell’assalto di Chiomonte – scrisse la suprema corte – non può essere efficacemente contestata in base alla generica denuncia di una sproporzione di scala tra i modesti danni materiali provocati e il macroevento di rischio cui la legge condiziona la nozione di terrorismo”. Evidentemente le motivazioni della Cassazione non hanno convinto il PG Madalena, che è tornato a formulare la stessa accusa già bocciata. Nel frattempo a farne le spese sono Mattia, Chiara, Claudio e Niccolò, che vedono sempre più allontanarsi la fine di un vero e proprio incubo.

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