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Turchia, denuncia choc: “La polizia minaccia di stuprare le donne e tortura”

La testimonianza sconvolgente di un giovane fermato e pestato dagli agenti all’interno di autobus della Polizia. All’interno, un uomo minaccia una donna: “Ti sbatto per terra e ti violento, ora”.
A cura di Davide Falcioni
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Quanto in là si sta spingendo la repressione della rivolta in Turchia? Oltre ai morti, alle centinaia di feriti – alcuni dei quali hanno perso per sempre la vista – un episodio inquietante si fa largo tra le notizie che di ora in ora giungono da Istanbul e Ankara. La polizia starebbe torturando alcuni manifestanti. In almeno un caso, inoltre, avrebbe minacciato di violentare una donna, chiusa insieme a degli agenti all'interno di un blindato. A raccontarlo – in un articolo apparso qualche giorno fa nella versione inglese del quotidiano turco Hurriyet – è la giornalista Belgin Akaltan, che ha raccolto la testimonianza scritta sulla sua pagina facebook da un giovane studente.

Lo studente si chiama Erkan Yolalan e scrive: "Ora sono a casa e sto bene, ma voglio scrivere quello che ho vissuto. Il mio unico obiettivo è quello di far sapere a tutti cosa sta accadendo. Ieri sera (3 giugno 2013) intorno alle 9 sono stato fermato a Besiktas, al semaforo su Barbados Avenue. Non avevo fatto nulla: né inveito, né lanciato pietre. La polizia mi ha preso e piegato il braccio, come hanno potuto vedere alcuni amici dalla tv. Poi è iniziato l'inferno. Per circa 100-150 metri ogni poliziotto presente mi ha preso a calci e pugni e insultato: ‘Tu sei uno dei salvatori di questo Paese, figlio di pu…'. Non sono riuscito a contare quante persone mi hanno colpito prima di raggiungere il bus della polizia, dove sono entrato e un paio di agenti hanno continuato a prendermi a calci e pugni al riparo dalle telecamere".

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Ma il racconto si fa ancora più inquietante: "Dentro il furgone – continua Erkan- le luci erano spente. Ho sentita la voce di una ragazza che supplicava: ‘Non ho fatto nulla, signore', ma loro la picchiavano e lei pareva soffocare. Poi un agente in borghese le ha detto esattamente questo: ‘Ti sbatto per terra e ti violento, ora'. La risposta della ragazza, con un filo di voce, mi ha spezzato il cuore: ‘Sì, signore'. Poi siamo stati costretti a gridare ‘Io amo la polizia turca, amo il mio Paese',e a ripeterlo ogni volta più forte. Quando la situazione si è calmata la polizia ha fatto entrare nel bus un altro ragazzo. Aveva il naso rotto. Quando gli ho chiesto perché non abbia tentato di proteggersi la testa, mi ha risposto ‘Due persone mi tenevano e un'altra mi ha dato tre pugni sul naso'. Poi hanno portato dentro Mustafa, un giovane dell'Università di Bahçeşehir: non si reggeva in piedi, ma evidentemente non era abbastanza per gli agenti che hanno continuato a prenderlo a schiaffi e pugni, poi lo hanno colpito alla testa con un casco. Neppure quello è stato sufficiente, e gli hanno sbattuto il capo contro il finestrino, poi l'hanno fatto sedere a terra, sanguinante. Ho detto agli agenti: ‘Il ragazzo sta sanguinando', e mi hanno risposto: ‘Può sanguinare'".

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La disavventura del giovane studente Erkan Yolalan finisce in caserma, dove viene accolto insieme agli altri da un nutrito gruppo di avvocati e dove i toni degli agenti di polizia si fanno improvvisamente cordiali e collaborativi. La storia del giovane è stata raccolta dal principale partito di opposizione, Chp, che per voce di Yıldıray Sapan ha chiesto conto dei maltrattamenti al governo, in particolare ad Erdogan e al ministro degli Interni: "Come reagireste – hanno domandato – se questa sorte fosse capitata a uno dei vostri figli, o a vostra moglie, o a vostra sorella?". Nessuna risposta. Anzi, il monito di Erdogan, che ha avvisato i manifestanti che "la pazienza ha un limite", suona come una pericolosa minaccia.

  

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