La ong israeliana che parla di genocidio a Gaza: “Non facciamo politica, abbiamo le prove”

"Il nostro Genocidio": così si chiama il rapporto pubblicato lunedì scorso da due autorevoli organizzazioni israeliane per i diritti umani, B’Tselem e Physicians for Human Rights Israel.
Le due organizzazioni hanno denunciato quello che i palestinesi ripetono da quasi due anni: Israele a Gaza sta commettendo un genocidio. Tramite testimonianze dirette, dati verificati e analisi giuridiche, le due Ong hanno accusato ufficialmente il loro stesso governo di star commettendo un genocidio nella Striscia di Gaza, richiamando la comunità internazionale ad agire. Fanpage.it ne ha parlato con Aseel Aburass, medico di Physicians for Human Rights Israel.
Siete un’organizzazione israeliana che accusa lo Stato di Israele di genocidio. È una posizione senza precedenti. Cosa vi ha portati a usare questa parola?
"Non abbiamo usato la parola “genocidio” con leggerezza. Negli ultimi 22 mesi abbiamo documentato la distruzione del sistema sanitario di Gaza, insieme ad altre condizioni essenziali per la vita—accesso a cibo, acqua, rifugio, parto sicuro, tra le altre. I nostri riscontri mostrano un modello deliberato e cumulativo, non di danno accidentale, ma di smantellamento sistematico. Ciò che ci ha portati a questa conclusione è l’evidenza. La portata e l’intento dietro queste azioni – uccidere operatori sanitari, bombardare ospedali, ostacolare aiuti ed evacuazioni – non possono essere spiegati come danni collaterali. Si tratta di creare condizioni di vita invivibili per un’intera popolazione. Ci riferiamo in particolare all’Articolo II(c) della Convenzione sul Genocidio: Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a causarne la distruzione fisica totale o parziale. La violazione della Convenzione sul Genocidio è esattamente ciò che stiamo osservando a Gaza".
Quali schemi di attacchi contro ospedali, squadre mediche e ambulanze suggeriscono un attacco sistematico e deliberato del sistema sanitario?
"Attacchi diffusi agli ospedali in tutte le regioni della Striscia, per 22 mesi: 33 su 36 ospedali sono stati danneggiati o distrutti dall’ottobre 2023. Inoltre, ci sono stati attacchi ripetuti contro le stesse strutture, anche dopo l’evacuazione.
Assedi e incursioni: Israele ha assediato ospedali per giorni, settimane (a volte mesi), tagliando carburante, acqua e cibo, causando il collasso dell’assistenza al loro interno. Le incursioni militari negli ospedali hanno incluso l’arresto dello staff, la distruzione di attrezzature mediche, e l’impedimento ai pazienti di ricevere cure (ad esempio Al-Shifa, Al-Nasser, Kamal Adwan). In alcuni casi, i pazienti sono morti durante l’assedio, o sono stati evacuati con la forza senza ricevere cure.
Uccisione e detenzione del personale medico: oltre 1.500 operatori sanitari sono stati uccisi, inclusi i più alti specialisti di Gaza. Almeno 339 operatori sanitari sono stati detenuti, senza alcuna accusa; alcuni, come il dottor Adnan Al-Bursh, sono morti in custodia israeliana dopo torture. Direttori di ospedali e capi reparto sono stati presi di mira.
Ostruzione di ambulanze ed evacuazioni mediche: ambulanze sono state bombardate o colpite da colpi d’arma da fuoco, anche se chiaramente identificate e il loro percorso coordinato (dalle autorità). Ritardi e negazioni di accesso, anche per pazienti critici (ad esempio neonati, malati oncologici, pazienti in dialisi). Decine di paramedici e soccorritori sono stati uccisi in servizio, spesso mentre evacuavano feriti.
Distribuzione geografica e temporale: gli attacchi non sono localizzati o circoscritti nel tempo – seguono le linee del fronte in movimento e rispecchiano la strategia militare più ampia di Israele. La sequenza degli attacchi mostra che, man mano che un ospedale collassava, un altro diventava il bersaglio successivo".
In che modo la negazione di aiuti medici, evacuazioni e accesso degli aiuti umanitari contribuisce alla vostra classificazione della situazione come genocidio?
"La negazione di aiuti medici, evacuazioni e accesso umanitario è centrale nella nostra classificazione di quanto sta accadendo a Gaza come genocidio: Israele sta violando l’Articolo II(c) della Convenzione sul Genocidio, che vieta l’Infliggere deliberatamente al gruppo condizioni di vita intese a causarne la distruzione fisica totale o parziale. Quando Israele blocca gli aiuti, provoca carestia e malattie. Negli ultimi 22 mesi, Israele ha intenzionalmente limitato cibo, acqua, medicinali e carburante, beni di base per la sopravvivenza. Questo ha causato malnutrizione di massa, malattie infettive e morte per fame, soprattutto tra bambini e donne incinte. Attualmente, il 92% dei bambini sotto i due anni è denutrito; almeno 87 bambini sono già morti di fame nella Striscia.
Inoltre, impedire l’evacuazione medica equivale a emettere condanne a morte. A persone gravemente malate o ferite è stato negato l’accesso a cure a Gerusalemme Est, Cisgiordania o paesi terzi. Almeno 338 pazienti oncologici sono morti in attesa di evacuazione. Altri sono stati uccisi in attacchi aerei dopo essere rimasti intrappolati nella Striscia. Ordini di evacuazione, bombardamenti e assedi hanno trasformato gli ospedali in zone di morte, privandoli dello status protetto previsto dal Diritto Internazionale Umanitario. Anche ospedali da campo e cliniche temporanee sono stati bloccati o attaccati durante il loro allestimento. La natura sistematica di questi divieti – ripetuti nel tempo e nello spazio – dimostra un’intenzione deliberata, non danni accidentali da guerra. L’assedio totale di Gaza non è temporaneo: è pensato per distruggere le condizioni di vita anche dopo la fine dei bombardamenti".
Come avete raccolto e verificato i dati?
"Data l’estrema restrizione di accesso a Gaza, ci siamo affidati a molteplici fonti affidabili e verificabili: tra queste le testimonianze dirette del personale medico sul posto. Abbiamo raccolto resoconti coerenti e dettagliati da medici, infermieri e paramedici operanti in ospedali e situazioni di emergenza in tutta la Striscia. Queste testimonianze sono spesso giunte in tempo reale, durante i bombardamenti o subito dopo gli sfollamenti. Poi, report di istituzioni internazionali e locali: abbiamo incrociato i nostri dati con i rapporti di organizzazioni attive dentro Gaza, tra cui OMS, OCHA, il Ministero della Sanità palestinese e altre ONG medico-umanitarie che riteniamo affidabili. Infine, materiali open-source verificati: immagini satellitari, video geolocalizzati e prove fotografiche ci hanno aiutato a verificare danni a ospedali, ambulanze e cliniche, e a confermare gli episodi segnalati dagli operatori sanitari".

Avete avuto ritorsioni da parte del governo o dell’opinione pubblica per aver pubblicato un rapporto che accusa il vostro stesso governo di genocidio?
"Finora non abbiamo subito ritorsioni dirette, ma questo riflette anche un problema più ampio: la maggior parte del pubblico israeliano non ha nemmeno sentito parlare del rapporto. Non abbiamo avuto quasi nessuna copertura all’interno della stampa israeliana e assolutamente nessuna nei media mainstream in lingua ebraica. Stiamo monitorando attentamente eventuali rischi, e siamo consapevoli delle conseguenze che può comportare sfidare in modo così diretto la narrativa statale. Ma in definitiva crediamo che i fatti richiedano chiarezza e il silenzio non è un’opzione. Quando la distruzione è così sistematica e le prove così schiaccianti, diventa un dovere morale e professionale dire la verità, indipendentemente dal clima politico di repressione".
Quali azioni immediate vi aspettate dalla comunità internazionale per fermare la distruzione in corso e garantire che Israele venga condannato per le sue responsabilità?
"Sono necessarie pressioni su Israele affinché cessi gli attacchi, fermi il genocidio e rispetti il diritto umanitario internazionale. Bisogna garantire accesso umanitario senza ostacoli – cibo, acqua, forniture mediche – tramite un meccanismo guidato dall’ONU. Agevolare la ricostruzione e proteggere quello che resta del sistema sanitario di Gaza, incluso il personale medico ancora in vita. Richiedere immediatamente la liberazione degli operatori sanitari detenuti e indagare su coloro che sono stati uccisi durante la detenzione. Garantire che vengano accertate le responsabilità e assicurare alla giustizia gli autori di queste gravi violazioni".
Il rapporto parla di “intento genocidario” non solo in base alle azioni, ma anche alle dichiarazioni pubbliche di funzionari israeliani. Quali affermazioni ritenete la prova più chiara di questo intento?
"Alcune delle prove più evidenti di questa intenzione provengono dalle dichiarazioni rilasciate da alti funzionari israeliani, tra cui quelle di Yoav Gallant che il 9 ottobre 2023 ha definito i palestinesi “animali umani”. Benjamin Netanyahu il 28 ottobre 2023 ha invocato la teoria di Amalek. Isaac Herzog 13 ottobre 2023 ha affermato che “un'intera nazione” è responsabile. Smotrich e Ben-Gvir hanno ripetutamente invocato il trasferimento di massa (dei gazawi) fino a poco tempo fa. Queste sono solo alcune delle dichiarazioni rilasciate. Molte organizzazioni hanno già raccolto e analizzato in modo approfondito oltre 500 dichiarazioni di questo tipo. Non si tratta di osservazioni marginali, ma di dichiarazioni provenienti dai più alti livelli del governo. Il loro linguaggio si è tradotto direttamente in azioni militari sul campo e ha influenzato l'opinione pubblica. Quello che vediamo è un allineamento coerente tra discorsi, politiche e azioni: una strategia di disumanizzazione e distruzione, che si riflette sia nella retorica che nelle operazioni militari".
Alcuni in Israele sostengono che definire tutto questo un genocidio sia un’accusa politica, non giuridica. Come rispondete?
"Questa è una valutazione giuridica, basata su prove e sulla definizione stabilita dalla Convenzione sul Genocidio. Non si tratta di retorica politica. Il termine genocidio non viene usato con leggerezza. È fondato sul diritto internazionale, e il nostro rapporto applica il quadro legale dell’Articolo II della Convenzione sul genocidio – in particolare le sezioni (a), (b) e (c ) – per analizzare la condotta di Israele. Non si tratta di interpretazioni politiche, ma di conclusioni legali supportate da fatti, prove raccolte sul campo e confermate da altre organizzazioni internazionali. Liquidare il termine come meramente politico è un modo per eludere le proprie responsabilità. Ma noi manteniamo il nostro obbligo di dare un nome a ciò che sta accadendo".