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“Perché nel 2024 è in gioco il futuro dell’Europa”: intervista a Pablo Iglesias

L’intervista al fondatore ed ex segretario generale di Podemos, vicepresidente del governo spagnolo: parliamo della rottura con Sumar; della situazione politica in Spagna che ha votato contro l’entrata di Vox al governo; del conflitto isrealo-palestinese e dell’arrivo dell’estrema destra in Argentina; del futuro di Podemos a partire dalle prossime elezioni europee.
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credits: Dani Gago
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Pablo Iglesias, nato a Madrid 45 anni fa, è un politologo spagnolo, fondatore ed ex segretario generale di Podemos. È stato vicepresidente del governo spagnolo e ministro dei Diritti Sociali e Agenda 2030 tra il 2020 e il 2021 nel primo governo di coalizione progressista tra Psoe e Unidas Podemos, guidato da Pedro Sánchez.

Dimessosi dall’incarico e ritiratosi dalla prima linea politica nel maggio del 2021 dopo avere perso le elezioni della Comunità di Madrid, ha indicato a succedergli l’allora ministra del Lavoro Yolanda Díaz che, in occasione delle elezioni politiche del luglio scorso, ha costruito Sumar, una coalizione elettorale delle forze alla sinistra dei socialisti. Attualmente, Iglesias dirige Canal Red, un canale di televisione per Internet.

Parliamo con lui della rottura di Podemos con Sumar; della situazione politica in Spagna che ha votato contro l’entrata di Vox al governo del paese; del conflitto isrealo-palestinese e dell’arrivo dell’estrema destra in Argentina; del futuro di Podemos a partire dalle prossime elezioni europee.

Perché Podemos ha rotto con Sumar?

Podemos aveva bisogno di disporre di una minima capacità parlamentare, con Sumar non aveva la firma per presentare iniziative, non gli era permesso intervenire nei dibattiti. Non solo stava fuori dal governo, ma non gli veniva concessa alcuna visibilità. E quindi non rimaneva altro da fare che garantire quella visibilità altrove.

Lei si è mostrato contento di questa scelta, ma una rottura a sinistra non è sempre una sconfitta?

Non lo credo, bisogna sempre essere aperti nel futuro ad accordi elettorali, il gruppo parlamentare non è altro che uno strumento del parlamento. La differenza è che prima c’era una strategia per rendere Podemos invisibile, cominciata con il veto a Irene Montero, continuata non permettendogli di avere un portavoce aggiunto, né di essere presente in alcuna iniziativa.

E pensate che nel gruppo misto avrete più voce?

Sta già accadendo. Per la prima volta, da quando Podemos è nel gruppo misto, si sono potuti ascoltare i suoi deputati dalla tribuna del Congresso. E Podemos ha potuto presentare delle proposte perché, tra l’altro, è anche la forza maggioritaria nel gruppo misto.

Se ne sono andati via in molti da Podemos: non è mancata un po’ di autocritica da parte vostra?

Se a qualcuno è mancata un po’ di autocritica in questo paese è a tutti coloro che non riconoscono l’enorme violenza che si è esercitata nei confronti di Podemos. Podemos è stato vittima di lawfare (l’uso della giustizia per danneggiare l’avversario politico, ndr) a livelli inediti nella democrazia spagnola, Podemos ha realizzato il primo governo di coalizione dalla Seconda Repubblica, ha conquistato cambiamenti storici in questo paese. Sarebbe ora di chiedere scusa a Podemos, ci sono stati giornalisti che in alcune interviste mi hanno chiesto se ci finanziava il Venezuela, se avevo un conto fuori del paese…

A ogni modo avete perso diverse persone negli anni, perché?

È molto difficile essere di Podemos, soprattutto quando, se stai con un’altra sinistra, godi di tutti i vantaggi. Sono poche le persone che rischierebbero ciò che ha rischiato Ione Belarra nell’assumere la segreteria del partito, sapendo che cercheranno di distruggerle la vita, come hanno tentato con Irene Montero o con me. È normale che ci siano compagni che preferiscono stare in una sinistra che gode di buona stampa. Incredibile è
che continuiamo a essere la forza politica di sinistra con più militanti di tutte.

È più facile fare una coalizione col Psoe che con Sumar?

In realtà con i socialisti fu molto difficile, si dovettero ripetere le elezioni più volte in Spagna e si fece solo perché al Psoe non rimase altra scelta. Sono stati il Psoe e Sumar a decidere di escludere Podemos dalla coalizione di governo e perciò dovranno negoziare con i cinque deputati del nostro partito.

È una rottura che si può recuperare nel futuro?

A livello elettorale, in processi diversi dalle europee, ha poco senso la divisione. In elezioni generali o regionali è ragionevole che tutte le forze della sinistra provino ad accordarsi.

Che bilancio trae dall’esperienza di governo passata?

Penso che stare nel governo sia stato positivo per molte ragioni. È stato positivo per le organizzazioni politiche che abbiamo portato al governo, ha normalizzato le coalizioni in Spagna ed è servito per realizzare misure di progresso sociale molto importanti. Certo, è più comodo non avere responsabilità di governo e limitarsi a dire cose molto di sinistra, ma noi dal principio abbiamo sostenuto che volevamo fare politica per governare. E Podemos lavorerà per tornare al governo appena possibile.

Avete assicurato il Psoe che non metterete a rischio il governo. Avete proposte diverse da Sumar?

Si vede ogni giorno che abbiamo proposte differenti. Abbiamo ad esempio proposto di rompere le relazioni con Israele e di smettere di vendergli armi. Poi credo che la cosa fondamentale non sia tanto la proposta che si ha nel programma, quanto ciò che si è disposti a fare perché si realizzi. Il fatto che Podemos fosse nel governo ha reso normale che lo stesso governo si convertisse in un terreno di disputa politica e buona parte degli avanzamenti della passata legislatura ha avuto a che fare con la volontà di Podemos di mettere in pratica il proprio programma. Possono esserci molte sinistre che dicono cose ragionevoli nel loro programma, ma bisogna dirle e realizzarle quando è più difficile. Tutti a sinistra erano in principio contrari alla guerra in Ucraina, ma solo Podemos si è azzardato a dire che non dovevano inviarsi armi all’Ucraina.

Come vede la situazione politica in Spagna?

Siamo davanti all’esaurimento del sistema dei partiti e penso che la nuova maggioranza che ha reso possibile l’investitura di Pedro Sánchez, oltre l’amnistia, dovrebbe intraprendere un cammino di riforme dello Stato per costruire un nuovo sistema politico di tipo repubblicano. Perché l’alternativa altrimenti è che le riforme di Stato le facciano le destre quando arrivano al potere.

Perché la Spagna è l’unico paese in Europa a frenare l’estrema destra?

L’irruzione di Podemos nel 2014 ha lasciato un’impronta nella società spagnola che al momento resiste all’arrivo dell’estrema destra al governo del paese. Credo che la realtà plurinazionale della Spagna e un notevole valore aggiunto progressista abbiano spinto gli elettori a votare per frenare la possibilità di un governo del Pp e Vox. Ma ciò non è sufficiente, perché potremmo trovarci all’epilogo di questa fase. E per garantire che la Spagna continui a rifuggire da governi con dinamiche politiche già presenti in Europa, come in Italia con Meloni, c’è bisogno di questa azione di trasformazione dello Stato. In Spagna, la destra continua a essere egemonica nel potere economico, in quello mediatico e nel potere giudiziario.

Lei ha conosciuto bene Pedro Sánchez, che politico è?

È un politico molto abile, scaltro, freddo. Non è particolarmente preoccupato da questioni ideologiche e questo lo rende molto flessibile: può andare al governo con noi o concedere l’amnistia se non c’è altro da fare, ma allo stesso tempo si muove comodamente seguendo le direttrici europee. Il fatto che sia una persona con convinzioni ideologiche non troppo salde e che sia un politico sostanzialmente di centro, gli dà una posizione tattica molto buona perché è capace di fare una cosa e il suo contrario, e questo in politica a volte è molto redditizio.

È sufficiente la proposta di Sánchez di cessate il fuoco a Gaza e di riconoscimento dello Stato palestinese?

Pedro Sánchez promise otto anni fa di riconoscere lo Stato palestinese. È andato da Netanyahu a farsi una foto rilasciando dichiarazioni interessanti. Ma la Spagna continua a vendere e a comprare armi a Israele, la sua posizione è rappresentativa dell’ipocrisia europea. In Palestina non c’è una guerra, c’è uno sterminio, un genocidio della popolazione da parte di uno Stato occupante, dello Stato d’Israele che applica l’apartheid e che ha assassinato già 20.000 palestinesi… Quello che ha fatto Hamas il 7 ottobre non giustifica la risposta di Israele, né serve a giustificare l’occupazione e l’apartheid d’Israele. Quello che succede in Palestina rivela l’enorme ipocrisia dei governi dell’Unione europea quando parlavano del diritto alla difesa dell’Ucraina: si riconosce il diritto alla difesa agli ucraini ma non ai palestinesi.

Che si dovrebbe fare allora?

Obbligare Israele e fermare il genocidio e questo implica politiche di boicottaggio, la rottura di relazioni diplomatiche, smettere di vendergli armi, deferire Netanyahu alla Corte penale internazionale.

Che sta succedendo in Argentina con l’avvento di Milei?

Nel governo di Milei ci sono i “macristi” (seguaci dell’ex presidente Macri, ndr) come la ministra degli Interni Bullrich, ossia che si tratta della destra di sempre, in questo caso con un signore che quando finirà di distruggere l’Argentina verrà definito come un pazzo, ma che nel frattempo sta realizzando pienamente l’agenda neoliberista. Milei parlava della casta, ma sta pregiudicando il popolo argentino: la svalutazione del 50% comporta una riduzione dei salari al 50%, sta privatizzando tutte le imprese pubbliche, attacca il diritto di riunione e manifestazione. È l’arrivo del fascismo che non ha niente di moderno, la destra in Europa e in America Latina si sta radicalizzando verso queste posizioni. Rappresentano meglio di chiunque gli interessi delle grandi oligarchie.

Ma i giovani in Argentina appoggiano Milei…

È difficile ridurre all’unità i giovani. È vero che, da un punto di vista comunicativo, Milei ha lavorato in maniera molto efficace e intelligente sui social, è stato un candidato TikTok. Ed è vero che si tratta di social che utilizzano fondamentalmente i giovani e che ci sono molti giovani che simpatizzano per l’estrema destra ovunque…

Perché simpatizzano per l’estrema destra?

Perché la destra è più gramsciana della sinistra, ha compreso con più lucidità che la chiave della politica è l’ideologia. La sinistra a volte pensa che la chiave della politica sia fare leggi che favoriscano la classe lavoratrice. Questo è importante, ma fondamentale è spiegarlo e dare battaglia culturale, fondamentale è il messaggio.

Cos’è in gioco nelle prossime elezioni europee?

È in gioco il futuro dell’Europa. Per la destra è molto importante vincerle, anche in Spagna. Sono elezioni che definiranno il futuro dei sistemi politici europei, con la possibile composizione di nuove maggioranze parlamentari. Perciò saranno elezioni molto ideologiche e Podemos ha un ruolo importante da giocare perché sarà uno dei referenti delle sinistre europee che sono molto indebolite.

Lei fu capolista di Podemos alle europee del 2014, Irene Montero guiderà la lista di Podemos alle europee del 2024: è un nuovo inizio?

Sì, inizia una nuova tappa dopo il governo di coalizione, con un partito guidato da donne giovani, con molta più esperienza di quella che avevo io e che in più contano con una militanza del partito che si è formata nel contesto più difficile. Quando iniziammo con Podemos, dopo il primo successo elettorale, il nostro partito era uno strumento attraente per molta gente che lo vedeva come una maniera di avere uno stipendio, di avere un incarico pubblico. Adesso la situazione è molto diversa, i dirigenti e la militanza che ora stanno in Podemos sono passati per momenti duri e ciò fa sì che si possa partire meglio attrezzati di allora. Perciò, effettivamente, credo che, con queste elezioni, inizi una tappa nuova per Podemos.

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