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Guerra in Ucraina

“Perché la guerra tra Russia e Ucraina finirà nel 2023”: la previsione dell’analista russo

La strage dei coscritti è “colpa dell’indisciplina” e scatena “l’odio di guerrafondai e pacifisti contro Putin”. Mentre la Russia “sta esaurendo le sue capacità”. “Non produciamo abbastanza munizioni”. E “dopo la grande battaglia di febbraio” ci sarà un cessate il fuoco. L’intervista al più autorevole esperto militare di Mosca.
A cura di Riccardo Amati
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“Un intero reggimento decimato”, a causa della “mancanza di disciplina e di leadership” nelle forze armate. Che presto, soprattutto a causa della insufficiente capacità della Russia di produrre armi e munizioni, “non saranno più in grado di sostenere un confitto rivelatosi assai più intenso del previsto”.

È l’analisi di uno dei maggiori esperti di difesa nel Paese di Vladimir Putin. Secondo l’analista, con l’attacco a Makiivka l’Ucraina ha raggiunto obbiettivi politici, oltre che strettamente militari.

Ha infatti riacceso le critiche dei militaristi più guerrafondai nei confronti del Cremlino, accusato di una condotta disastrosa del conflitto. Ed ha inoltre innescato rabbia e dolore nella regione del Volga, da dove venivano i caduti.

Entrambe le circostanze potrebbero contribuire “a una futura caduta del regime di Mosca”, dice il nostro interlocutore. “Il 2023 vedrà ancora una grande battaglia, probabilmente in febbraio, ma potrebbe essere l’ultimo anno di questa guerra”. Fanpage.it ha parlato col decano degli analisti militari russi.

Rispettiamo la sua richiesta di restare anonimo: la sua famiglia ha problemi con le autorità ed è stata in passato colpita da attentati. Ci risponde al telefono dalla sua casa di Mosca. Lo chiameremo Ivan: il nome del soldatino di tutte le guerre della Russia. Le ultime, il “nostro” Ivan le conosce molto bene.

Un reggimento alloggiato in un edificio civile di tre piani indifeso ed esposto al fuoco nemico. Ma cosa hanno in testa gli ufficiali russi?

Le nostre forze armate non hanno disciplina e mancano di leadership. E questo è costato la decimazione di un intero reggimento. Non significa che siano rimasti uccisi tutti. Ma certamente quell’unità militare non è più in grado di combattere.

Il ministero della Difesa russo parla di 63 morti. È comunque tra le ammissioni di perdite più pesanti mai ammesse da Mosca. Ma non sono i 400 di cui parla Kyiv.

La cifra ammessa dalla Russia certamente non comprende chi non è stato immediatamente identificato, né chi è morto più tardi in ospedale, né i cosiddetti “dispersi”. Quelli del ministero della Difesa sono sempre dati estremamente conservativi. I morti sono certamente molti più di 60.

Ma che è successo, Ivan? Sarebbe stato evitabile? 

Da quel che apprendo dalle mie fonti, i mobik, i coscritti, stavano festeggiando il Capodanno. Che è di gran lunga la festa più importante per i russi. Bevevano, sparavano in aria e telefonavano tutti a casa, di continuo. Azioni che ne hanno fatto bersaglio facile, per il nemico. Gli ufficiali avrebbero dovuto impedire tutto questo. E capisco che le condizioni esterne di freddo e umidità li abbiano spinti a scegliere un comodo edificio civile per far riposare le truppe. Ma avrebbero dovuto trovare una soluzione meno stupida.

Con cosa hanno colpito gli ucraini? Si parla di ben 25 missili Himars lanciati sul Donbass nella notte di Capodanno. 

È più probabile che l’edificio di Makiivka sia stato colpito da pezzi di artiglieria howitzer, guidati col Gps. Siamo vicini al fronte, la gittata è certo sufficiente e gli howitzer sono più efficaci degli Himars, per distruggere un edificio. Ho informazioni secondo cui l’obiettivo è stato raggiunto da cinque o sei colpi. Difficile siano stati missili. Non si sprecano sei Himars contro un obbiettivo così circoscritto. C’è poi stata un’esplosione secondaria perché un deposito di munizioni era incautamente vicino a dove si trovavano i soldati. Secondo me si è trattato di howitzer con sistemi di guida Gps di ultima generazione.

Come stanno le due parti, a missili? Molti osservatori dicono che ai russi ne son rimasti pochi. 

Di sicuro l’Ucraina è in vantaggio, grazie alle forniture occidentali. Le riserve russe stanno esaurendosi, se si parla degli armamenti più evoluti. Ma resta un grande assortimento di missili dell’era sovietica. Non saranno precisi per gli standard contemporanei ma possono esser comunque utilizzati con successo. Per esempio gli S-300: si tratta di un sistema di difesa anti-aerea, ma fin dalla sua concezione è stato previsto anche un utilizzo terra-terra. Ne sono stati fabbricati in grandi quantità, ai tempi dell’Urss. E poi ci sono i più moderni X-32, che fanno parte dell’armamento dei bombardieri Tupolev Tu-22. Anche in questo caso, l’utilizzo previsto era diverso: si tratta di missili ideati per colpire le portaerei o per trasportare ordigni nucleari tattici. Ma possono benissimo esser lanciati contro obbiettivi terrestri. Anzi, così non corrono il rischio di esser confusi dai radar, come accade invece sul mare. Gli X-32 potrebbero mancare un bersaglio terrestre di un centinaio di metri o più. Ma gli effetti sono devastanti. E la gittata è di oltre 600 chilometri: possono esser quindi operati comodamente da fuori dello spazio aereo ucraino. E poi ci sono gli Iskander, i Kalibr e alcuni vettori nucleari che possono essere gettati contro il nemico come massa d’urto, una volta privati delle testate atomiche.

Anticaglie missilistiche sovietiche, insomma.

Le forze armate russe stanno improvvisando. E mettono mano ai magazzini dell’Unione Sovietica, per tirare avanti. Il munizionamento è un problema che potrebbe presto diventare insormontabile. La Russia non ha la capacità industriale necessaria per stare al passo con una guerra ad alto livello di intensità. Non fabbrica abbastanza proiettili di artiglieria. È un problema emerso fin dagli anni ’90. Sono stato presente alle riunioni dei vertici della Difesa e dell’industria militare in cui fu posto il problema. Da allora mai risolto. Solo la produzione di munizioni per le armi leggere è congrua, al momento. Il fatto è che nessuno a Mosca si era nemmeno lontanamente immaginato una guerra a questo livello di intensità. Non si è pensato che il munizionamento potesse divenire un problema.

Ci sono sempre i droni iraniani.

Utili. Paradossalmente, stiamo anche cercando di comprare vecchi proiettili sovietici dalla Corea del Nord. Ma tutto ciò non basterà a coprire i problemi di capacità produttiva della Russia. Faccio un esempio: l’unica vera fabbrica di polvere da sparo rimasta è quella di Perm, fondata ai tempi degli Zar. Uno stabilimento vecchio e poco efficiente. Il fatto è che dagli ultimi anni dell’Urss in poi l’industria bellica russa ha subito un degrado formidabile, dal quale non si è mai davvero ripresa. Non dico che sia sparita, ma si è specializzata nell’alta tecnologia. La produzione di serie necessaria per una guerra come quella in corso è del tutto insufficiente.

Intanto, i militaristi più guerrafondai si scatenano contro i responsabili militari per la condotta del conflitto. Dopo l’attacco a Makiivka hanno letteralmente coperto di insulti generali e governo. È anche questo un successo di Kyiv?

L’Ucraina con Makiivka ha raggiunto un successo militare e al contempo un doppio successo politico. I falchi ormai odiano il Cremlino per come conduce la guerra, e questo potrebbe essere l’inizio di gravi problemi per Putin. E i familiari dei soldati caduti, quasi tutti della regione del Volga, sommano il dolare alla rabbia e si aggiungono alla sempre più consistente fetta della società che non ne può più di questo assurda avventura militare. Il presidente potrebbe finire per essere odiato sia da chi la guerra la voleva che da chi non l’ha mai voluta. Una situazione che a lungo andare potrebbe rivelarsi come quella in cui si trovò il presidente serbo Milosevic dopo le guerre nella ex-Jugoslavia, e che a lui costò molto di più della poltrona.

Mi pare però che siamo ben lontani da una situazione rivoluzionaria in Russia.

Dipenderà da come andrà la guerra e da come si svilupperanno le pressioni politiche e sociali che cominciano a evidenziarsi. Ma anche nel 1917 il sovrano si trovò ad essere odiato sia dai guerrafondai che dai pacifisti, dai militari come dalla popolazione civile.

Non vedo però un Lenin all’orizzonte. Senza nulla togliere agli oppositori russi in galera per le loro idee.

Anche nel 1917, all’inizio degli eventi rivoluzionari, non c’era un Lenin. Lenin era ancora in Svizzera, e in pochi lo conoscevano. Ma quando le cose prendono una certa piega, i Lenin emergono da un giorno all’altro.

Che anno sarà il 2023, per la guerra in Ucraina?

Mi aspetto una grande battaglia in febbraio, quando il terreno sarà gelato e permetterà i movimenti necessari. Sarà Kyiv a prendere l’iniziativa, con un’offensiva. Il nostro esercito si prepara per questo, ha adesso il numero di soldati necessario. Probabilmente conterrà l’offensiva e contrattaccherà.

Dove avverrà la battaglia?

Nel sud dell’Ucraina. Esattamente dove, è difficile prevederlo. Prima dello scontro circolerà molta disinformazione: ognuna delle due parti vuole ottenere il vantaggio di una sorpresa tattica. Ci saranno manovre diversive, prima del colpo decisivo.

Chi vincerà, Ivan? 

La guerra non è molto prevedibile.

Ma in un modo o nell’altro nel 2023 potrebbe finire, questa guerra? Abbiamo parlato dei problemi di capacità produttiva della Russia e di possibili pressioni politiche e sociali sul Cremlino. Potrebbero portare l’invasore a trattare una pace ragionevole?

Non credo che la guerra potrà durare a lungo. Probabile che finisca quest’anno. Tecnicamente, la Russia sta esaurendo la sua capability (capacità, risorse e forza militare unite alla volontà e alla reale possibilità di utilizzarle, ndr). E anche l’Occidente sta cercando di evitare un’ulteriore escalation militare. Dopo la grande battaglia di febbraio, un cessate il fuoco potrebbe essere possibile. A quali condizioni, dipenderà dall’esito sul campo.

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