video suggerito
video suggerito
Opinioni

Perché Israele potrebbe davvero attaccare l’Iran e cosa c’entrano gli Stati Uniti

L’annuncio degli Stati Uniti del ritiro del personale non essenziale da Iraq, Kuwait e Bahrain fa pensare che un attacco israeliano contro l’Iran sia dietro l’angolo. Nel prossimo weekend previsto il sesto round negoziale sul programma nucleare iraniano in Oman.
A cura di Giuseppe Acconcia
56 CONDIVISIONI
Immagine

Gli Usa hanno ordinato l’evacuazione del loro personale non essenziale in Iraq citando possibili rischi per la loro sicurezza. Secondo fonti di Washington, l’esercito israeliano (Idf) sarebbe pronto a lanciare nuovi attacchi contro Teheran, dopo gli annunci dello scorso maggio di possibili raid di Tel Aviv contro le centrali nucleari iraniane.

Il punto sul negoziato

Nel fine settimana è previsto il sesto difficile round negoziale in Oman tra Stati Uniti e Iran. Se un accordo non dovesse essere raggiunto, l’escalation sarebbe dietro l’angolo con possibili nuove sanzioni contro la Repubblica islamica e raid israeliani diretti in territorio iraniano, fin qui bocciati da Trump. Con l’insediamento del presidente Usa, nuove misure sono state imposte contro i pasdaran e anche contro i paesi terzi che continuano a fare affari nel mercato petrolifero iraniano, inclusa la Cina a cui Teheran ha sempre guardato con interesse per bilanciare gli effetti devastanti sull’economia locale delle sanzioni internazionali.

In caso di attacco israeliano contro l’Iran, il conflitto potrebbe estendersi con una possibile risposta di Teheran contro le basi Usa in Iraq e in Medio Oriente. Sono circa 2.500 le truppe statunitensi in Iraq. Nel 2020, dopo l’uccisione in un raid Usa a Baghdad del capo delle milizie iraniane al-Quds, Qassem Soleimani, l’Iran ha lanciato missili contro le basi Usa in Iraq causando decine di feriti lievi tra i militari di Washington di stanza in Iraq.

Il disaccordo tra i repubblicani

Le tensioni sono andate crescendo nelle ultime settimane dopo le dichiarazioni di Trump che aveva assicurato che l’Iran non avrebbe più potuto “arricchire l’uranio” in base a un possibile nuovo accordo con Washington. Ma il tono di Trump si è fatto più incalzante nelle ultime ore. “Abbiamo deciso di ridurre la nostra missione in Iraq perché potrebbe essere un posto pericoloso, vedremo cosa succederà”, ha dichiarato al Kennedy Center. Trump ha anche confermato che non permetterà che Teheran si doti di un’arma nucleare.

Fin qui tra i repubblicani sono prevalse le posizioni a favore di una difficile intesa con Teheran, sostenute dall’inviato del presidente Usa per il Medio Oriente, Steve Witkoff, e dal vicepresidente, J.D. Vance, soprattutto in seguito alla rimozione dal suo incarico di uno dei falchi, favorevole ad attacchi contro l’Iran, l’ex consigliere per la Sicurezza nazionale, Mike Waltz, a causa dello scandalo legato alla fuga di notizie su Signal in merito ai raid Usa in Yemen.

Come se non bastasse, anche il Segretario alla Difesa Usa, Pete Hegseth, ha approvato la partenza volontaria delle famiglie dei militari Usa dal Kuwait e dal Bahrain. E questo è accaduto anche perché fonti del Pentagono hanno riferito di “molte indicazioni” secondo le quali l’Iran avrà presto un’“arma nucleare”. Non solo, la marina britannica ha avvisato che le crescenti tensioni in Medio Oriente potrebbero avere effetti sulla circolazione marittima. Già il prezzo del petrolio è salito oltre il 4% dopo la diffusione della notizia dell’evacuazione del personale Usa.

La risposta iraniana

Le reazioni iraniane al ritiro del personale Usa in Iraq non si sono fatte attendere. Il ministro della Difesa, Aziz Nasirzadeh, ha riferito di piani pronti per una risposta contro le basi Usa in Medio Oriente se gli Stati Uniti dovessero ordinare attacchi militari contro la Repubblica islamica. Per Teheran, il programma di arricchimento dell’uranio continuerà ad essere solo a scopo civile. Tuttavia, le autorità iraniane hanno più volte ribadito che non rinunceranno mai del tutto all’arricchimento dell’uranio, al di sotto del limite del 3,67%, come previsto dall’accordo di Vienna (Jcpoa), raggiunto nel 2015 e poi strappato da Trump nel 2018 con il ritiro unilaterale Usa dall’intesa.

La stessa guida suprema, Ali Khamenei, ha più volte ribadito che abbandonare completamente l’arricchimento dell’uranio andrebbe contro “l’interesse nazionale”. Mentre per le autorità iraniane, i punti discussi fin qui nei colloqui sul nucleare con gli Stati Uniti sono apparsi “incoerenti e non strutturati”.

Israele vuole la guerra

A puntare per la soluzione militare è, come al solito, Israele. Il premier, Benjamin Netanyahu, non ha mai nascosto il suo imbarazzo all’annuncio dell’avvio dei colloqui diretti e indiretti sul nucleare iraniano tra Washington e Teheran. La posizione israeliana favorevole a un attacco contro l’Iran è stata ribadita in una telefonata, definita “molto tesa”, a inizio settimana tra Trump e Netanyahu, che vorrebbe il via libera Usa prima di attaccare l’Iran. Tel Aviv è impegnata su sette fronti di guerra dopo gli attacchi del 7 ottobre 2023, oltre a Gaza e la Cisgiordania, i raid sono andati avanti anche in Yemen, Libano, Siria e Iraq. Mentre in due occasioni Iran e Israele, ad aprile e ottobre 2024, hanno lanciato raid reciproci che avrebbero potuto provocare un’escalation del conflitto.

Le posizioni dell’Aiea

Le nuove tensioni tra Stati Uniti e Iran sono arrivate anche in seguito alla pubblicazione del report dell’Agenzia internazionale per l’Energia atomica (Aiea) in cui si parla di una cooperazione “poco soddisfacente” da parte iraniana nelle ispezioni al suo programma nucleare. Secondo gli ispettori, sono stati numerosi i casi di materiale nucleare trovato in siti non dichiarati. Le autorità iraniane hanno ribattuto parlando di “documenti fabbricati” e non veritieri.

Non solo, per l’Aiea l’Iran continua ad arricchire l’uranio oltre i livelli stabiliti dall’accordo di Vienna e sarebbe molto vicina ad ottenere l’arma nucleare. Il ministro degli Esteri, Abbas Araghchi, in particolare ha denunciato le pressioni di Europa e Stati Uniti sull’Aiea. “Le posizioni occidentali non devono influenzare l’indipendenza dell’Aiea. Alcuni paesi vogliono fare pressioni sull’Iran attraverso l’Aiea, speriamo che gli ispettori non cadranno in questa trappola”.

La guida della Commissioni Esteri del parlamento iraniano, Ebrahim Azizi, ha denunciato anche che se una proposta di accordo “è basata sulla negazione del principio di arricchimento dell’uranio, è inaccettabile, inammissibile e non negoziabile”.

Il ruolo di Mosca

Dal canto suo, il presidente russo, Vladimir Putin, aveva assicurato a Donald Trump di essere pronto a usare la sua consolidata partnership militare con l’Iran per favorire i negoziati sul programma nucleare. Il presidente Usa aveva detto nella sua ultima telefonata con il suo omologo russo, incentrata sul tema del difficile cessate il fuoco in Ucraina, che il tempo per un accordo sul nucleare iraniano è ormai agli sgoccioli. Tuttavia, Trump si era detto favorevole alla partecipazione di Mosca ai colloqui per facilitare la difficile intesa. “Putin potrà partecipare ai negoziati quando sarà necessario”, aveva assicurato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov.

I punti critici dei negoziati

Dopo cinque round negoziali, a Muscat in Oman e a Roma, è arrivato il primo vero dissenso iraniano sulla possibilità di sospendere l’arricchimento dell’uranio e sul tema delle riserve di uranio già arricchito. Nelle discussioni tra il ministro degli Esteri iraniano Araghchi e l’inviato Usa, Steve Witkoff, con la mediazione del ministro degli Esteri omanita, Sayyid Badr Albusaidi, era emersa la proposta di un via libera di massima da parte degli Usa per l’arricchimento dell’uranio in Iran con una sospensione, nella pratica, a tempo indefinito di qualsiasi attività di arricchimento.

Il consorzio con i paesi del Golfo

Gli Usa avevano anche paventato la possibilità che Teheran si unisse a un consorzio di paesi, guidato dall’Arabia Saudita e a cui avrebbero potuto prendere parte anche gli stessi Stati Uniti, per l’arricchimento dell’uranio fuori dal territorio iraniano. Eppure, sembra che, affinché questa ipotesi possa realizzarsi, manchi la necessaria completa fiducia reciproca tra Iran e paesi del Golfo, nonostante l’impegno di Riad e degli Emirati Arabi Uniti a favore di un accordo con l’Iran.

Nel 2003, Teheran aveva sospeso per due anni l’arricchimento dell’uranio ma nel 2005 aveva poi rifiutato un piano europeo per l’uso di uranio importato dall’estero a basso arricchimento. Non solo, secondo questa bozza di intesa, l’Iran non potrà costruire altre strutture per l’arricchimento dell’uranio e dovrà “smantellare qualsiasi centrale informale” presente nel paese. Secondo questa versione, qualsiasi struttura di arricchimento informale dovrà essere “non operativa”. Lo stesso era avvenuto nel 2015 con lo stop all’arricchimento dell’uranio nella centrale di Fordow fino al 2031.

L’annuncio degli Stati Uniti del ritiro del personale non essenziale da Iraq, Kuwait e Bahrain fa pensare che un attacco israeliano contro l’Iran sia dietro l’angolo. Tuttavia, nel prossimo fine settimana è previsto il sesto round negoziale sul programma nucleare iraniano in Oman. E così gli annunci di una nuova guerra potrebbero servire da deterrente per ottenere la firma da parte iraniana di un accordo che non soddisfa in alcun modo le richieste di Teheran. In particolare, l’Iran vorrebbe una garanzia di continuità nel suo programma di arricchimento dell’uranio. D’altra parte, un’intesa con gli Usa potrebbe scongiurare un attacco devastante da parte israeliana contro Teheran che metterebbe a dura prova la stabilità, già contestata dai movimenti di piazza, della Repubblica islamica.

56 CONDIVISIONI
Immagine
Giuseppe Acconcia è giornalista professionista e docente. Insegna Stato e Società in Nord Africa e Medio Oriente all’Università di Milano e Geopolitica del Medio Oriente all’Università di Padova. Dottore di ricerca in Scienze politiche all’Università di Londra (Goldsmiths), è autore tra gli altri de “Taccuino arabo” (Bordeaux, 2022), “Le primavere arabe” (Routledge, 2022), Migrazioni nel Mediterraneo (FrancoAngeli, 2019), Il grande Iran (Padova University Press, 2018).
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views