268 CONDIVISIONI

Pakistan, 26enne condannata a morte per aver inviato immagini blasfeme di Maometto di WhatsApp

Aneeqa Ateeq, 26 anni, avrebbe inviato delle caricature di Maometto a un conoscente via chat; l’uomo l’ha denunciata, e la giovane è stata condannata a morte.
A cura di Davide Falcioni
268 CONDIVISIONI
Immagine

Una donna pakistana di fede musulmana è stata condannata a morte per il reato di blasfemia, commesso secondo i giudici condividendo su WhatsApp delle immagini ritenute offensive riguardanti il profeta Maometto e una delle sue mogli, considerata anch'essa una figura sacra. La sentenza è stata emessa dal tribunale della città di Rawalpindi, nel nord del Pakistan. Aneeqa Ateeq – questo il nome della donna – è stata condannata sulla base delle severe leggi sulla blasfemia del Paese, che impongono la pena di morte obbligatoria per chiunque insulti il profeta Maometto.

Secondo i giudici Aneeqa Ateeq, 26 anni, avrebbe inviato delle caricature "intollerabili e insopportabili per qualsiasi musulmano" su Maometto in una chat di WhatsApp: la destinataria di quei messaggi, profondamente offesa, è subito corsa dalla polizia per denunciare il tutto, dando vita a un'indagine penale culminata con la condanna a morte, comminata ieri. Dal canto suo la 26enne si è dichiarata non colpevole: in tribunale ha affermato che il suo accusatore – Hasnat Farooq – l'aveva trascinata in una discussione religiosa al solo scopo di incastrarla dopo che lei si era rifiutata di uscire con lui. I due si erano conosciuti pochi giorni prima partecipando a un popolare gioco multiplayer online e avevano continuato a comunicare su WhatsApp. "Quell'uomo mi ha trascinato in una discussione religiosa per vendetta, dopo avermi provocata mi ha indotta a inviare quelle immagini, poi le ha consegnate alla polizia per incastrarmi". Il caso è uscito ben presto dalla sfera strettamente privata ed è finito davanti ai giudici, che hanno condannato alla massima pena Aneeqa Ateeq. Ora la 26enne ha diritto a presentare un ricorso difronte all'Alta Corte di Lahore, nella speranza di trovare lì giudici più ragionevoli.

La blasfemia in Pakistan è un reato estremamente grave: i colpevoli rischiano condanne all'ergastolo e, in casi estremi, anche a morte. Sovente le accuse di blasfemia non sono rimaste circoscritte alle aule dei tribunali, ma sono sfociate in violenze familiari e tentativi di linciaggio pubblico. Dal 1990, almeno 80 persone sono state uccise in relazione ad accuse di blasfemia, secondo quanto riferisce Al Jazeera. Le vittime comprendono non solo persone accusare di aver commesso il reato, ma anche loro familiari, avvocati e almeno un giudice.

268 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views