Nuovi raid di Israele a Gaza: “Sento i droni sopra la mia testa, il cessate il fuoco era una grande bugia”

“Sentiamo i bombardamenti su Rafah, stanno iniziando a bombardare fortissimo ma li non abita più nessuno, non c’è un’anima, le case sono state distrutte completamente, sentiamo i bombardamenti fino a qui che siamo a quindici chilometri di distanza, bombardano solo per bombardare, non so neanche io perché forse per fare felice il popolo israeliano”, racconta a Fanpage.it Sami Abu Omar, operatore umanitario dell’Ong italiana Acs, che al momento si trova ad Al Mawasi. È una delle poche persone che riesce a rispondere al telefono, come sempre accaduto quando Israele ha infranto i cessate il fuoco o intensificato i bombardamenti su Gaza, anche questa volta la maggior parte della Striscia non ha internet.
Poche ore fa, infatti, Nethanyau ha ordinato pesanti bombardamenti su tutta Gaza, in seguito alla restituzione da parte di Hamas dei resti di un corpo che apparterrebbero ad un ostaggio già restituito ad Israele e a degli scontri tra Hamas e Idf avvenuti nei pressi di Rafah. “Ogni scusa è buona per bombardare Gaza, la scusa questa volta è la consegna dei corpi ma Gaza è tutta distrutta, a Gaza ci sono solo macerie, non ci sono mezzi per cercare i cadaveri, loro rivogliono 11 cadaveri ma qui sotto le stesse macerie ci sono oltre 10 mila corpi palestinesi, siamo costretti a cercare i nostri figli, i nostri cari a mani nude e non riusciamo a trovarli”, continua Abu Omar.

Intanto Israele ha già ripreso a bombardare Rafah, Gaza City, la zona intorno all’ospedale Al Shifa e i campi profughi di Deir Al Balah e Al Shati. “La situazione è di nuovo molto tesa. Hanno iniziato ad attaccare con raid aerei. Tutto quello che avevano detto prima, cioè che la guerra era finita, era una grande bugia. Sento i droni che volano e cercano sopra la mia testa. Quello che sta succedendo qui è come un film. Non ci sono parole per spiegare quello che ci sta succedendo”, racconta con fatica Khiloo (che ci chiede di non scrivere il cognome), anche lui operatore umanitario che si trova a Deir Al Balah.
“Hanno fatto il cessate il fuoco, hanno detto che il genocidio era finito, ma in realtà niente è cambiato. Qui la gente ha bisogno di ogni cosa, parliamo di un enorme bisogno di medicine, di tende, di cibo ma niente ancora è entrato, siamo in un limbo, non possiamo fare niente e la maggior parte di noi non ha soldi”, continua, “hanno detto che aspettavano che Hamas ridesse i cadaveri degli ostaggi e dopo ci sarebbe stata la fase due dell’accordo, ma noi gazawi non ci abbiamo mai creduto, abbiamo sempre saputo che era falso, che questo è come un film per loro, sappiamo che i coloni vogliono entrare a Gaza, usano Hamas come scusa ma Israele vuole eliminare i cittadini di Gaza, le persone normali, per questo adesso hanno ricominciato a bombardare i civili, le tende, le poche case rimaste in piedi”, continua.
Il terrore dalle vite dei gazawi non è mai scomparso, dall’inizio della tregua a oggi Israele ha più volte violato il cessate il fuoco, così come aveva fatto durante le precedenti tregue e come fa da più di un anno nel sud del Libano. “La guerra è finita, ma le sue cicatrici rimangono. Oggi la popolazione di Gaza vive in uno stato di tensione costante e nel timore che il genocidio possa riprendere da un momento all'altro. Adesso stanno bombardando ovunque, anche qui a Deir Al Balah dove mi trovo, non capisco neanche come mi sento, se sto bene o meno, non sento più niente ma so solo che tutti intorno a me sono terrorizzati”, racconta, invece, Waleed Sultan, ingegnere agricolo di Gaza. “Ovunque si guardi, la distruzione domina: edifici che un tempo erano pieni di vita ora giacciono in frantumi e le strade sono testimoni silenziose della tragedia che ha toccato ogni anima. La vita qui è diventata insopportabilmente difficile. Soddisfare anche i bisogni più elementari è diventato un percorso estenuante, umiliante e privo di dignità. Acqua, cibo, medicine, vestiti: tutto è diventato una lotta quotidiana. Non c'è stabilità in nulla, né nel sonno, né nei pasti, né nei vestiti, né tantomeno nelle tende che non riescono a proteggerci dalle notti fredde o dal sole cocente, e la speranza sembra dolorosamente lontana in questa dura realtà. Mi dispiace, ma questa è la verità, la realtà in cui viviamo oggi a Gaza. Una realtà piena di dolore e incertezza, eppure nei nostri cuori continua a brillare una piccola luce di speranza, in attesa di un domani migliore che un giorno possa riportare la pace e il senso nelle nostre vite”, conclude l’ingegnere.
Un senso a delle vite che sembrano valere sempre meno, per Israele e per il mondo intero, dimenticate tra una tregua e la sua violazione, un senso che non si sa che forma possa avere adesso che i bombardamenti sembrano essere ricominciati su vasta scala.
Una pace, quella di Trump, che anche prima di questa ennesima violazione sembrava essere tutto tranne che giusta: almeno 2 milioni di persone a Gaza vivono per strada o nelle tende e non hanno più una casa dove tornare, Rafah non esiste più, più del 70% di Khan Younis è completamente raso al suolo, Beit Hanun è al 100% distrutta, tutta l'area nord è disintegrata, di Gaza City – la città più importante della Striscia – è rimasto in piedi poco meno del 30% dei suoi edifici.
"Siamo bloccati in un limbo, anche se il cessate il fuoco reggesse questa non è vita", conclude Khiloo, "non abbiamo medicine, non abbiamo più scuole per i nostri bambini, abbiamo milioni di problemi e nessuno è stato risolto. Penso che il cessate il fuoco sia stato fatto solo perchè nel mondo la gente è scesa in piazza, in Italia milioni di persone sono scese in piazza per chiedere il cessate il fuoco ed è stato raggiunto solo per farle calmare. Ma a Gaza la gente continua a morire, presto farà freddo e non sappiamo come le persone possano sopravvivere nelle tende, ci sono tantissime persone che non hanno neanche una tenda ma vivono nelle strade. Le persone a Gaza piangono ancora per il cibo, per le medicine, per le coperte. Non basterebbero mesi a spiegare la situazione oggi a Gaza”.