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Nancy Pelosi a Taiwan: come sta reagendo la Cina e perché si rischia un’escalation militare

Lorenzo Lamperti, direttore editoriale di China Files. “La reazione cinese è già iniziata. Pechino ha bloccato le esportazioni di sabbia naturale verso Taiwan e organizzato cinque giorni di esercitazioni militari che circonderanno l’isola. C’è rischio di incidenti ed escalation”.
Intervista a Lorenzo Lamperti
Direttore editoriale di China Files.
A cura di Davide Falcioni
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Nancy Pelosi a Taiwan. E ora che succede?

È la domanda che si stanno ponendo in molti in queste ore. La vista della speaker della Camera Usa a Taipei era stata annunciata da giorni irritando Pechino, che alla vigilia era arrivata a minacciare l'uso della forze se l'esponente democratica non avesse desistito dal suo intento.

Gli avvertimenti del governo cinese però non sono serviti e poco prima delle 17 di ieri (ora italiana) l'Air Force che trasportava Pelosi è atterrato a Taipei. Gli Stati Uniti "non abbandoneranno il proprio impegno nei confronti di Taiwan", ha assicurato la speaker nel suo breve intervento, incontrando la presidente Tsai Ing-wen, che da parte sua poco prima aveva detto di ritenere Pelosi "una autentica amica" di Taiwan.

Di segno opposto la reazione cinese. Secondo il ministro degli Esteri Wang Yili con la visita di Pelosi a Taiwan gli Stati Uniti "violano la sovranità" della Cina. "È una vera e propria farsa. Chi ci offende sarà punito", ha detto Wang. La reazione di Pechino infatti non si è fatta attendere: dopo aver organizzato esercitazioni militari che, di fatto, circonderanno l'isola di Taiwan per giorni, i cinesi hanno anche sospeso l'export di sabbia naturale verso Taipei, assestando un duro colpo – almeno nell'immediato – alla produzione dei semiconduttori, di cui l'isola è leader mondiale.

Ma cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni e nelle prossime settimane? Fanpage.it l'ha chiesto a Lorenzo Lamperti, direttore editoriale di China Files.

Lei si trova a Taiwan. Quali sono le reazioni dell'isola alla visita di Pelosi?

Non c'è il panico che si potrebbe immaginare leggendo i social network, e non perché non ci siano rischi bensì perché i taiwanesi sono abituati da 73 anni a convivere con il pericolo di un'escalation militare. In molti, qui, ricordano la terza crisi dello stretto di Formosa del 1995-1996. La differenza rispetto ad allora è che la Cina è cambiata, così come sono cambiati gli Stati Uniti: non sono quelli del 1997, unico precedente in cui uno speaker della Camera dei Rappresentanti – Newt Gingrich – fece visita a Taipei. La maggior parte dei taiwanesi vede favorevolmente la visita di Pelosi, evento che viene percepito come un allargamento dello spazio diplomatico di Taiwan.

Nancy Pelosi e la presidente taiwanese Tsai Ing-wen
Nancy Pelosi e la presidente taiwanese Tsai Ing-wen

Nessun dubbio da parte dei taiwanesi sull'opportunità da parte di Pelosi di effettuare ora la visita a Taipei?

Sì, ci sono anche parecchi scettici che sottolineano come il tempismo della visita di Pelosi non sia dei migliori visto che tra pochi mesi si terrà il ventesimo congresso del Partito Comunista Cinese, che potrebbe imporre a Xi Jinping una reazione molto dura. Sono state mosse anche critiche a Biden per come ha gestito la vicenda. Prima della telefonata con Xi Jinping il presidente aveva espresso dei dubbi sul viaggio di Pelosi, esplicitando anche le perplessità del Pentagono al riguardo. Questo, secondo molti taiwanesi, ha rappresentato un segnale di debolezza su cui ora Pechino potrebbe fare leva: il governo, per intenderci, non si fida più della strategia del "poliziotto buono, poliziotto cattivo" degli Stati Uniti.

Cosa accadde nell'unico precedente, quello del 1997?

La visita di Newt Gingrich di 25 anni fa fu molto diversa: chiuse definitamente la crisi dello stretto di Formosa e pose gli USA in una posizione di forza; in questo caso il rischio è esattamente opposto. L'arrivo di Pelosi potrebbe scatenare un'escalation: resterà qui per 20 ore, incontrando non solo la presidente Tsai Ing-wen ma anche il Parlamento locale, mossa che nella prospettiva cinese rappresenta un'ulteriore provocazione.

Infatti il governo cinese ha dichiarato che "chi offende la Cina sarà punito". Cosa potrebbe accadere nei prossimi giorni?

La reazione è già iniziata. La Cina ha bloccato le importazioni di oltre 100 prodotti agroalimentari taiwanesi e le esportazioni di sabbie naturali verso l'isola: questo provocherà difficoltà a reperire quarzo per la fabbricazione dei semiconduttori, di cui Taiwan è di gran lunga il primo produttore mondiale. La trade war cinese può mettere in seria difficoltà Taipei, che è ancora molto dipendente dagli scambi commerciali con la Repubblica Popolare.

Esercitazioni militari dell'esercito cinese
Esercitazioni militari dell'esercito cinese

La Cina ha minacciato anche conseguenze militari. Crede che si avvicini il rischio di un'invasione?

Non credo che nell'immediato la Cina invaderà Taiwan, ma il rischio di un incidente è elevato. Pechino ha avviato ieri delle esercitazioni militari che si dislocheranno – fino a domenica – in sei aree che circondano completamente l'isola di Taiwan. Le manovre entreranno nel vivo domani, quando Pelosi se ne sarà ormai andata. In tre di queste sei aree la Cina entrerà in acque territoriali taiwanesi creando un rebus di difficile soluzione per Taipei: rispondere con la forza e rischiare un'escalation, o restare a guardare concedendo all'esercito cinese spazio prezioso? Il pericolo di un incidente è altissimo. Pensiamo a cosa potrebbe accadere se venisse abbattuto un jet cinese…

La Cina potrebbe bloccare la produzione di semiconduttori da parte di Taiwan?

Non gli conviene. Taiwan è leader mondiale della fabbricazione e assemblaggio dei semiconduttori e la Cina ha molto bisogno di microchip. Lo stop alle esportazioni di sabbia naturale secondo alcuni esperti del settore non sarà la soluzione definitiva; bloccare altre terre rare potrebbe avere un impatto più grave. Neppure a Taiwan conviene recidere il "cordone tecnologico" con la Cina non solo per ragioni commerciali ma anche politiche: i semiconduttori sono una leva diplomatica fondamentale nei rapporti con Pechino.

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