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Matrimoni gay in Usa, multinazionali favorevoli: “Incrementano il business, l’economia ne guadagna”

Ecco perché la battaglia sui matrimoni omosessuali negli Stati Uniti vede in prima linea le multinazionali.
A cura di Davide Falcioni
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Usa.Festeggaimenti per approvazione matrimoni gay  in Maine e Maryland

A quanto pare non c'è nulla negli Stati Uniti che possa muoversi senza le influenze delle grandi multinazionali. Neppure i diritti civili,  se è vero come è vero che la battaglia sui matrimoni gay vede tra i suoi principali testimonial marchi come Amazon, Apple, Facebook, Twitter, Morgan Staney, Goldman Sachs e Starbucks. Filantropia? Macché, semplicemente business: “Trattare in due maniere diverse i dipendenti etero ed omosessuali costa troppo a livello amministrativo – spiegano i dirigenti – e se i secondi vedono riconosciuti i loro diritti sono più contenti e lavorano meglio”. Inoltre la legalizzazione delle nozze gay in tutti i 50 Stati avrebbe una ricaduta positiva sull’economia, generando un giro d’affari di quasi 10 miliardi di dollari l’anno. E, secondo il governo – scrive l’agenzia Bloomberg – ne trarrebbero giovamento anche le finanze pubbliche.

In questo quadro, ben 278 grandi aziende hanno firmato un documento inviato alla Corte per dichiararsi a favore dell’incostituzionalità della legge che vieta i matrimoni omosessuali, il Doma: "Il Doma costringe le aziende a dividere i dipendenti in due categorie – si legge nel documento – Dobbiamo amministrare piani di assistenza e assicurazione sanitaria, pensionamenti, congedi familiari. Dobbiamo trattare ogni dipendente in maniera diversa a seconda che sia sposato o meno e dobbiamo farlo in Stati, contee e città diverse (…) con un considerevole aggravio in termini di adempienze burocratiche e di costi”. Infatti, tra i tanti problemi, il Doma impedisce alle coppie gay di presentare congiuntamente la dichiarazione dei redditi e di accedere alle stesse detrazioni delle coppie etero.”E’ una questione di diritti civili, ma anche di business – ha spiegato alla Cbs Lloyd Blankfein, ceo di Goldman Sachs – si tratta di obblighi che dobbiamo rispettare sia per le famiglie etero che per quelle omosessuali. In caso contrario, queste ultime finiscono per essere infelici e l’azienda non è in grado di attrarre e assumere gente di talento”. “Le compagnie che creano un ambiente in cui i loro dipendenti si sentono liberi di essere se stessi – ha spiegato John Taft, ceo Rbc Wealth management – hanno impiegati più motivati, il che si traduce in una maggiore soddisfazione da parte del cliente”. Le corporate puntano anche sui ritorni di immagine positivi, in un’America sempre più convinta di cambiare: secondo un sondaggio condotto dal Pew research center a metà marzo, il 49% degli americani è a favore del “same sex marriage”, mentre il 44% è contrario (10 anni fa i secondi erano il 58% contro il 33% dei primi).

Ma a quanto pare sono state le ricadute sull'economia reale a convincere le multinazionali a sposare la battaglia a favore dei matrimoni gay: da quando, nel 2011, le nozze tra persone dello stesso sesso sono state autorizzate nello stato di New York, si è generato un indotto pari a 259 milioni di dollari. A livello nazionale, secondo uno studio di Forbes del 2009, l'indotto sarebbe di ben 9,5 miliardi di dollari, tra spese per i regali, ristoranti, viaggi di nozze, abbigliamento… Insomma, al di là delle convinzioni politiche è l'economia che ne guadagna.

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