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Guerra in Ucraina

”L’Europa è rimasta senza gas? Non ce ne frega niente”, dice il politologo di Putin 

“Prendiamo le nostre decisioni senza far tanti calcoli: per ora coi rifornimenti all’Europa abbiamo chiuso”, dice a Fanpage.it il direttore del Valdai Club Bordachev. “Ma i sabotaggi a Nord Stream li ha ordinati Biden”. Le atomiche? “Niente paura, non le useremo, e in fondo non è un argomento interessante”.
A cura di Riccardo Amati
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“Quella del gas non è un arma contro l’Europa”, anche perché a Mosca “di fornire energia a questa Europa non importa niente”. E a far saltare il gasdotto Nord Stream “sono stati gli Usa”. Mentre l’utilizzo di armi nucleari da parte russa nella guerra ucraina “non è all’ordine del giorno e non è interessante, per il Cremlino”. Parlare con Tomofey Bordachev, politologo, direttore dei programmi del Valdai Discussion Club, significa parlare con il putinismo. E ricevere risposte in linea con le caratteristiche post-moderne di questa flessibile “ideologia” anti-liberale e anti-occidentale, che privilegia le parole forti e non teme le contraddizioni. Anzi, volentieri se ne appropria. Il Valdai Club è considerato la Davos di Vladimir Putin. Si tratta di un think tank vicinissimo al presidente. Organizza forum annuali a cui fino a qualche anno fa partecipavano anche molti imprenditori e intellettuali europei. Sebbene il “Club” sia sempre stato accusato dall’Occidente di essere un architrave della propaganda del regime. Abbiamo raggiunto Bordachev al telefono a Mosca.

Quanto è importante l’arma del gas nei confronti dell’Europa, per la Russia?

La Russia prende le sue decisioni senza fare tanti calcoli. L’Europa può trovarsi un’alternativa per le importazioni di gas. Non è affar nostro e francamente non ce ne frega niente. E come in amore: quando qualcuno vuol rompere una relazione, non sta a pensare quali siano le alternative per l’altra persona. Decide solo che quella relazione non è più sostenibile. Ora vediamo che la cooperazione energetica tra Russia e Unione Europea non è sostenibile. Per diverse ragioni. Soprattutto politiche. Incidono sia il conflitto apertosi tra Europa e Russia sull’Ucraina che le relazioni transatlantiche. La Russia non fa calcoli. Solo, non vuol mantenere le relazioni che ci son state nel passato. Si tratta di estinguere un business già esausto perché diventato troppo soggetto a pressioni politiche. Punto e basta.

Ma la minaccia di chiudere i rubinetti è un modo di far pressione sull’Europa, di creare problemi ai suoi governi — alcuni dei quali magari potrebbero ceder terreno sulle sanzioni. Non mi dica che il gas non è un’arma, in questo senso.

I maggiori Paesi membri dell’Ue decidono per tutti: Germania e Francia, in particolare. E non ragionano in base a quel che fa o non fa la Russia. Il Cremlino non ha alcuna aspettativa che dai suoi rifornimenti di gas possano derivare cambiamenti della politica europea nei suoi confronti.

Siete stati voi a sabotare — forse in modo irreparabile — il gasdotto Nord Stream nel Mar Baltico?

Il tradizionale comportamento della Russia in politica estera e della sicurezza — materie di cui la Costituzione prevede sia direttamente responsabile il presidente — fa capire che non possiamo essere noi i responsabili del sabotaggio. Anche quando la situazione politica ci porta a rompere una relazione commerciale, la Russia mai lo fa in modo così brusco e brutale. Voi in Occidente spesso non capite che Vladimir Putin pensa in modo laterale, più che lineare. Non darebbe mai un ordine del genere. Poi ci sono considerazioni ecologiche. L’exclave di Kaliningrad è vicina al luogo del sabotaggio. E Mosca non vuole certo mettere a rischio una sua regione dal punto di vista ambientale. E sempre stata molto attenta alla situazione ambientale nel mar Baltico.

Allora chi sono i sabotatori?

Gli americani.

Sì, la portavoce del vostro ministero degli Esteri Maria Zakharova ha detto subito che Washington ha tutto l’interesse a far saltare Nord Stream così vende più gas liquefatto all’Europa. Un pò semplicistico, come ragionamento

C’ è anche un altro aspetto: la Germania è un grande Paese industriale che Washington vuol tenere sotto controllo. Comunque, chi vuole far saltare quei gasdotti ha interesse a che gli unici collegamenti con gasdotti tra Russia e Germania passino dall’Ucraina.

Anche la Russia però potrebbe aver interesse a farlo. Lei mi ha appena detto che a Mosca non importa nulla delle forniture all’Europa e che ha deciso che si tratta di un business esaurito. Sabotare i gasdotti significa appunto metterci una pietra sopra.

Ma se l’Europa nel futuro cambiasse il suo approccio nei nostri confronti, perché mai non potrebbe riprendere il commercio del gas? La cultura della Russia è quella che si è formata durante 250 anni di dominio dei tatari dell’Orda d’Oro. E sono stati secoli di lotta e cooperazione, di contraddizioni. Le situazioni contraddittorie fanno parte del nostro retaggio culturale. Per questo non ci sentiamo a disagio in situazioni del genere.

Gli altri però forse sì. Pensa che le investigazioni annunciate anche dalla Russia chiariranno l’accaduto?

Purtroppo oggi come oggi anche i risultati delle investigazioni sono oggetto di interpretazioni diverse e contraddittorie.

La destra ha vinto le elezioni in Italia. Il nuovo governo avrà a capo Giorgia Meloni che si è detta Pro Ucraina, pro-Nato e pro-Europa. Ma quella che vuole la Meloni è un' “Europa delle Nazioni”, meno accentrata, lontana da una dimensione federale. L’Europa ideale per la politica estera del Cremlino? Che preferisce rapporti diretti con i singoli Stati e aborrisce i blocchi. 

Certamente sarebbe un’Europa migliore, per la nostra politica estera. La Russia ritiene che i singoli Stati in un collettivo diventino servi di un interesse che non è il loro e che porta a storture. E che presi individualmente gli Stati siano più efficienti.

A questo proposito, di recente lei ha criticato il valore delle alleanze politiche e militari. Sinceramente mi sembra la favola della volpe e l’uva: gli alleati della Russia nell’Organizzazione del trattato di sicurezza collettiva (Csto) e nella Unione economica eurasiatica (Eaeu) stanno prendendo le distanze da voi a causa della guerra in Ucraina. La Russia è sempre più isolata. Nessuno o quasi dei vostri alleati riconoscerà i risultati dei “referendum” nel Donbass, a Kherson e a Zaporizhzhia. 

Sono d’accordo con lei. Sta succedendo quel che dice. Ho partecipato alle trattative Eaeu durante due anni, e ho capito fin dall’inizio che c’era un ostacolo insormontabile al buon funzionamento dell’Organizzazione: l’enorme differenza di potere tra la Russia e gli altri Stati. Inutile parlare di cooperazione tra uguali. Troppe difficoltà. Troppi nodi. Che oggi vengono al pettine. Abbiamo solo un esempio di successo per una comunità di nazioni: l’Occidente, il cosiddetto Occidente collettivo. Ma è una comunità dominata per definizione da una sola grande potenza: gli Usa. E secondo me questa non è una buona cosa. Anzi, è un risultato molto triste.

Ma sa la Russia davvero vuole un mondo multipolare, forse dovrebbe tifare per un’Europa più forte e non più debole, come diceva lei prima. Perché solo un’Europa forte — cerco di seguire il punto di vista russo — potrebbe rendersi autonoma dagli Usa. Non vede una contraddizione? 

È senz’altro una contraddizione. Ma purtroppo abbiamo potuto constatare che un’Europa forte corrisponde solo alla forza di alcuni suoi singoli Stati. E gli Stati più forti, ovvero Germania, Francia ma anche l'Italia, portano a Bruxelles leader incompetenti che indeboliscono le istituzioni comunitarie. Perché sono le singole capitali che vogliono davvero contare. La nomina di Ursula von der Leyen, che è una figura forte, a capo della Commissione, è stata fatta per indebolire Bruxelles. La Russia vorrebbe un’Europa forte, ma con vertici comunitari autorevoli e competenti.

Ma qui lei si contraddice di nuovo: dice che la von der Leyen — capo dell’esecutivo di Bruxelles — è una figura forte e al contempo che l’Europa non è autorevole.

D’accordo. Grandi contraddizioni. Ma non ci importa. Abbiamo fatto le nostre scelte. Non vogliamo lavorare in questo modo, con questa Europa. E non possiamo risolvere noi i problemi delle istituzioni europee. Così privilegiamo semmai rapporti bilaterali.

Tornando all’ isolamento della Russia. Il Cremlino non ne ha paura?

Assolutamente no. Perché l’85% della popolazione mondiale non partecipa alle sanzioni.

Sì, molti Paesi che presi nel loro insieme rappresentano circa l’85% della popolazione mondiale non partecipano alle sanzioni dell’Occidente contro la Russia. Ma quasi mai questi Paesi sostengono la vostra guerra in Ucraina. E quasi nessuno riconoscerà i “referendum” grazie ai quali vi state annettendo territori. Inoltre le sanzioni non le fanno direttamente ma le rispettano.

D’accordo. Ma non le hanno iniziate loro. Se le rispettano è solo perché hanno paura di Washington, non certo per interesse nazionale.

Molti osservatori considerano che la prospettiva dell’utilizzo di armi nucleari da parte della Russia — prospettiva a cui ha fatto riferimento il vostro presidente — è limitata proprio dal fatto che siete isolati internazionalmente. Se usaste le atomiche, anche Paesi relativamente amici di Mosca, come Cina e India, vi si metterebbero contro. La minaccia nucleare allora è solo un bluff? 

Non credo proprio che si stia discutendo di questo ai vertici dello Stato. Non è una questione sul tavolo. Non è interessante. Nessuno al Cremlino pensa in questi termini.

Ma Putin ha evocato qualcosa che somiglia all’apocalisse. 

Questo è un mondo di adulti, non di bambini. Ognuno conosce i suoi interessi e li persegue. Capiamo benissimo, per esempio, che gli indiani facciano particolari scelte favorevoli a Mosca riguardo alle sanzioni non certo perché amano la Russia. Molti hanno simpatia per noi, ma solo perché abbiamo progetti di sviluppo che possono coinvolgerli. Hanno un forte interesse interno che spiega le loro scelte di politica estera.

Ma anche l’India probabilmente vi si metterà contro, se usate le atomiche. “Non è il tempo di fare la guerra”, ha detto il leader indiano Modi a Putin. 

La legislazione e la dottrina militare della Russia prevedono che si possano utilizzare armi nucleari se il Paese é minacciato nella sua esistenza. E credo che oggi siamo molto molto lontani da ogni possibilità di una minaccia esistenziale allo Stato russo.

Anche dopo le annessioni del Donbass e degli altri territori? Le vostre norme giustificano l’uso di armi nucleari se viene attaccata “l’integrità territoriale” della Russia, non solo se nne è minacciata l'esistenza. Le aree annesse diventeranno Russia. Ed è presumibile che gli ucraini provino a riprendersele.

Non vedo alcuna ragione per un utilizzo delle armi nucleari. Se gli americani continueranno a fornire armi agli ucraini e questo ci comporterà maggiori perdite, semplicemente utilizzeremo più soldati. Ma i combattimenti in quelle aree non saranno visti come un rischio esistenziale che possa giustificare l’utilizzo delle atomiche. Nel passato, per esempio durante la crisi dI Cuba nel 1962, si sfiorò la guerra nucleare perché la Russia fu costretta a reagire alla condizione di inferiorità strategica in cui gli Usa l’avevano messa piazzando i loro missili in Turchia, Oggi però Mosca non è in alcun modo in posizione di inferiorità, dal punto di vista degli armamenti nucleari. Quindi, non vedo rischi in questo senso. E non ho paura.

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