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La rivoluzione liberista di Milei è un fallimento, l’Argentina è sull’orlo del baratro: l’economista spiega perché

Dopo l’Assemblea Generale dell’Onu, Trump ha confermato a Milei il sostegno economico per frenare il peronismo nelle prossime elezioni di ottobre. La ricetta economica di Milei si è rivelata un fallimento.
Intervista a Leandro Bona
Economista argentino
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Leandro Bona è un economista argentino, ricercatore presso il Conicet (Consiglio nazionale per la ricerca scientifica e tecnica) e il Flacso (la Facoltà di Scienze Sociali dell'America Latina) e docente nella Universidad Nacional de La Plata. Parliamo con lui dell’annunciato riscatto dell’economia argentina da parte degli Stati Uniti, delle ragioni della sconfitta di Milei nelle scorse elezioni di Buenos Aires e delle elezioni politiche che si terranno in Agentina il prossimo 26 ottobre.

A latere dell’Assemblea Generale dell’Onu, Trump ha confermato a Milei il sostegno economico per frenare il peronismo nelle prossime elezioni di ottobre. Cosa è successo?

Ciò che si veniva osservando è che l’economia aveva perso l’equilibrio raggiunto nei mesi precedenti. La quantità di dollari risultava insufficiente a sostenere la stabilità del cambio e perciò la sconfitta nelle elezioni di Buenos Aires, di dimensioni inaspettate per il governo, aveva finito con l’accelerare un processo di protezione della riserva di dollari da parte di chi poteva comprarne, portando a una rivalutazione nei fatti della valuta e a una svalutazione del peso argentino con possibili conseguenze sull’inflazione, la cui riduzione era stato il migliore risultato del governo.

Di fronte a questo quadro, il governo ha adottato una strategia d’ultima istanza: da un lato ha chiesto al governo degli Stati Uniti di sostenerlo nuovamente dandogli dollari per arrivare alle elezioni in condizioni migliori senza una svalutazione ulteriore del peso e allo stesso tempo ha applicato una misura di brevissimo periodo consistente nell’eliminare fino al 31 ottobre, le trattenute d’imposta sulle esportazioni del settore agricolo, per accelerarne la vendita e fare entrare più dollari nel paese.

Questo processo non è stabile, è probabile che in questo momento aumentino le esportazioni ed entrino più dollari, ma poi tornerà a generarsi un processo inverso, con un acquisto massiccio di dollari e di nuovo un problema sul cambio che può generare una svalutazione. Ossia, quello che questa strategia fa è prendere tempo per arrivare alle elezioni, ma rende incerto che cosa succederà il giorno dopo l’appuntamento elettorale.

Gli Stati Uniti vanno al riscatto economico dell’Argentina, la ricetta economica di Milei si è rivelata un fallimento. Il miracolo argentino sta diventando un incubo?

Si potrebbe dire così, infatti. In realtà, però, non è mai stato un miracolo. L’unica cosa che il governo poteva rivendicare come successo è che l’inflazione, dopo essere stata a oltre il 200% nell’anno in cui Milei vinse, era scesa al 100% lo scorso anno e quest’anno si colloca attorno al 30% e questo spiega l’appoggio che ha avuto e ancora ha il governo. Ma il costo di questa discesa dell’inflazione è stato la caduta dell’attività economica, un processo di deindustrializzazione e la perdita di competitività che hanno peggiorato le condizioni di vita di buona parte della società. Si dice che il governo abbia ridotto la povertà, ma non è proprio così, in realtà al principio l’aumentò moltissimo per farla poi tornare al livello precedente.

Può spiegarci meglio questo passaggio, perché si sostiene spesso che Milei abbia ridotto la povertà.

Fino al dicembre 2023 c’era un livello di povertà attorno al 35-40% e quando Milei arriva al governo fa un’imponente svalutazione che genera molta inflazione inizialmente, fino al 25% in un mese, senza un aumento minimo dei salari. La prima cosa che succede allora è l’enorme crescita della povertà che supera il 50%: questo è quanto accade con la svalutazione effettuata dal governo Milei, anche se lui l’attribuisce al governo precedente. Quando l’inflazione comincia a scendere, quel livello così elevato di povertà ovviamente inizia a ridursi e torna ai livelli precedenti, anzi forse anche peggiori, se solo si guarda alla quantità di persone che chiedono l’elemosina per le strade di Buenos Aires. O se ci si riferisce al livello del consumo di alimenti nei supermercati, scesi anche del 20%, il livello di alimentazione della popolazione si è perciò ridotto di un quinto: questo è intensificazione della povertà.

Inoltre, c’è anche una ragione tecnica: il paniere di beni con cui si misura la povertà ha venti anni e non è stato mai cambiato. Questo paniere oggi sottovaluta l’aumento dei servizi e sopravvaluta l’aumento dei beni. Prima, i servizi, che erano sovvenzionati dallo Stato, pesavano molto poco; ora i servizi sono molto aumentati, specie quelli dell’energia. Questo paniere, perciò, sottovaluta la povertà, perché non tiene conto del peso dei servizi che non sono più sostenuti dallo Stato.

La sconfitta elettorale a Buenos Aires ha accelerato un processo che si veniva manifestando da alcuni mesi: forte instabilità del dollaro, fuga di capitali, scarsità di investimenti stranieri, rischio paese elevato. Ci spiega questo modello?

La disponibilità di dollari in Argentina spiega quasi tutto quello che succede. Spiega se si svaluta o meno la moneta argentina e perciò se questo altera il livello di inflazione. Il governo Milei non ha apportato alcuna novità, ha fatto come altri governi, come quello di Menem o Macri, ripetendo lo stesso schema. Ha apprezzato il tasso di cambio, così che mentre c’è inflazione la moneta non si svaluti, il peso sia più forte e possa comprare più dollari di prima. Questo permette che una parte della popolazione vada in vacanza negli Stati Uniti o in Brasile, ma questi dollari poi finiscono.

Il governo Milei al principio ha goduto di un raccolto record, facendo entrare molti dollari per la vendita dei beni del settore agricolo, poi ha favorito fiscalmente l’uscita di dollari dal paese e quindi ha fatto ricorso al Fondo Monetario per un prestito di 20 miliardi di dollari, anche se l’Argentina non aveva rimborsato ancora il debito precedente e ora chiede aiuto in modo inedito anche al Tesoro degli Stati Uniti. Ciò gli permette di finanziare per un altro periodo questo schema senza svalutare il peso, ma tornerà a scoppiare in una crisi. Molti pensavano che Milei fosse una novità, lo è in un senso politico ma non in quello economico.

L’inflazione sta crescendo?

Non ancora, sta a poco meno del 2% mensile, per chiunque altro nel mondo sarebbe molto, ma non così nel quadro argentino. Finora non c’è stato un aumento dei prezzi così importante, anche se è possibile che il ritmo di crescita acceleri questo mese e il prossimo.

A quanto ammonterebbe il riscatto dell’Argentina da parte degli Stati Uniti? E in cambio Milei cederebbe lo sfruttamento delle terre rare del Nord di Argentina?

Non si conosce la cifra, si dice che possa essere da dieci a trenta miliardi di dollari. Il governo Trump ha questo carattere di transazione: offre aiuto in cambio di qualcosa. In Argentina si parla di due fattori: dello sfruttamento del litio e di installare una nuova base militare, sarebbe la prima volta che l’Argentina permette agli Stati uniti di fare operazioni militari sul proprio territorio. Gli Stati Uniti hanno basi militari in tutta la regione, mai ne aveva avute in Argentina e sarebbe un cambio inedito nella politica estera del paese.

Perché c’è tanta attenzione da parte di Trump nei confronti di Milei?

Penso che conti la situazione in cui si trova l’America Latina. Da una parte è evidente la disputa tra Stati Uniti e Cina per il controllo delle risorse e il controllo politico della regione e dall’altra conta come si stanno muovendo i diversi paesi sudamericani per il futuro. Il principale alleato degli Stati Uniti nell’area è l’Argentina, dal punto di vista del peso politico e del messaggio agli altri paesi. In Messico e Brasile ci sono coalizioni di governo progressiste e sono i due paesi più importanti, che non necessariamente sono ostili agli Stati Uniti ma hanno una concezione molto più sovrana: non scambieranno terre rare per un accordo con gli Stati Uniti, non permetteranno nuove basi militari sul loro territorio, né smetteranno di avere relazioni con la Cina. All’Onu l’Argentina vota con gli Stati Uniti e Israele e contro la Cina. Quindi, se in Argentina si stabilizza un governo affine agli interessi degli Stati Uniti e per questo viene ricompensata, ciò rappresenta anche un messaggio agli altri paesi, come Cile, Perù, Colombia e Bolivia, che andranno prossimamente al voto.

Il prezzo dell’aggiustamento è ricaduto sulla classe media, i salari dei dipendenti pubblici sono molto al di sotto dell’inflazione, si è avuta una perdita di circa 100.000 posti di lavoro nel settore privato. Quanto ha pesato tutto questo sul voto di Buenos Aires?

La perdita di posti di lavoro nel settore privato ricade sull’industria e sul settore delle costruzioni e questi sono importanti particolarmente nella provincia di Buenos Aires dove Milei ha perso le elezioni. Quindi la spiegazione di quei risultati ha molto a che vedere con la perdita di occupazione, perché Buenos Aires è quella che più ha sofferto queste politiche. La manovra correttiva ha avuto le sue conseguenze negative anche sui pensionati, che hanno perso più reddito assieme ai lavoratori del settore pubblico, la gran parte dei quali sta nella provincia di Buenos Aires. Perciò si pensa che il risultato delle politiche di ottobre prossimo potrebbe essere un po’ più favorevole al governo nelle zone interne del settore agricolo o delle esportazioni di petrolio.

Milei ha presentato la legge finanziaria per l’anno prossimo, promettendo risorse per salute, scuola e attenzione alle persone disabili: è un annuncio che arriva a tempo?

In primo luogo non è vero che aumentano le spese in queste politiche, in alcuni casi c’è un recupero rispetto alla caduta dello scorso anno, quindi che ci sia un piccolo aumento non significa che ci sia una ripresa. In secondo luogo, la legge finanziaria fa riferimento a un tasso di cambio che è già vecchio. Dipende da cosa succederà con le prossime elezioni, che diranno sulla stabilità del governo da qui alle presidenziali del 2027. Penso che ci siano due scenari possibili: che il governo perda per molto poco e che con l’aiuto degli Stati Uniti abbia un periodo di stabilità fino al prossimo anno, o che perda con molta più decisione e che questo acceleri la crisi per la fine di quest’anno nonostante il riscatto.

Si ha la sensazione che gli alleati della prima ora di Milei lo stiano abbandonando: è così?

Da una parte i governatori che erano stati determinanti nel votare quello che il governo voleva, da qualche tempo, con i tagli alle risorse, hanno cominciato ad assumere un comportamento di maggiore opposizione, facendo perdere al governo alcune votazioni in parlamento. Dopo le elezioni di settembre, c’è una parte del partito di Macri che comincia a prendere le distanze da Milei e gli vota contro in aula. In definitiva, dipende da come andranno le prossime elezioni di ottobre.

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