L’Onu condanna l’attentato nella sinagoga di Gerusalemme

Le Nazioni Unite hanno espresso una dura condanna verso "l'esecrabile attacco terrorista" di martedì in una sinagoga di Gerusalemme, quando cinque israeliani hanno perso la vita in seguito a un attentato portato dai palestinesi. I 15 membri del Consiglio di Sicurezza dell'Onu hanno unanimemente espresso la loro preoccupazione verso l'escalation di violenza delle ultime settimane, facendo appello ai "responsabili israeliani e palestinesi a ridurre la tensione, respingere la violenza, evitare ogni provocazione e cercare un cammino verso la pace". Per quanto concerne l'eventualità di rappresaglie da parte di Israele le Nazioni Unite hanno ricordato "che gli Stati devono assicurarsi che le misure prese per combattere il terrorismo siano conformi agli obblighi inscritti nella legislazione internazionale". La dichiarazione dell'Onu è arrivata nel giorno in cui le autorità israeliane hanno demolito le abitazioni dei palestinesi coinvolti nell'attentato all'interno della sinagoga. Una pratica molto controversa perché, secondo molti osservatori, non fa che gettare benzina sul fuoco della rabbia dei palestinesi. Contemporaneamente, infatti, nei territori occupati in Cisgiordania decine di coloni hanno organizzato manifestazioni violente attaccando in più di un caso i palestinesi: un ragazzo di 16 anni, ad esempio, è rimasto gravemente ferito da un colpo di fucile.
E' iniziata la Terza Intifada?
A tenere banco tra gli osservatori internazionali è il rischio che ora gli scontri aumentino di livello e da parte palestinese esploda la "terza Intifada". In un'intervista rilasciata al Manifesto Hamada Jaber del Palestinian Center for Policy and Survey Research di Ramallah, ha spiegato: "Rimango dell’idea che questi occasionali attacchi palestinesi siano stati messi in atto da individui non fanno organicamente parte di organizzazioni politiche. La stessa rivendicazione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (dell’attacco di due giorni fa alla sinagoga, ndr) per me non significa che la leadership di questa formazione sia effettivamente dietro quell’attentato. Ripeto, si tratta perlopiù di reazioni a ciò che subiscono i palestinesi e ai rischi che corre la Spianata delle Moschee. L’attacco alla sinagoga è giunto poche ore dopo il ritrovamento del conducente di autobus palestinese (Yusef al Rummani, trovato impiccato nel suo automezzo. Per la famiglia è stato ucciso da estremisti israeliani, per Israele si sarebbe suicidato, ndr). Allo stesso tempo non è detto che la situazione non possa evolversi in qualcosa di più ampio". Insomma, non è da escludere una rivolta organizzata dei palestinesi, anche se molto inevitabilmente dipenderà dal ruolo delle autorità israeliane, da quello dell'Anp e dalle violenze che metteranno in campo i coloni in Cisgiordania.
"Palestinesi oppressi" scritto su una tesi all'Università di Torino. Professoressa protesta e se ne va
In questo quadro si inserisce un curioso episodio avvenuto a Torino. La professoressa Daniela Santus, docente di Geografia nel dipartimento di Lingue dell'Università, ha scritto sulla sua pagina facebook: "Oggi, per la prima volta in 25 anni di carriera, mi sono rifiutata di presiedere alla laurea di due studentesse che hanno presentato un lavoro sulle “città palestinesi”. Ho espresso la mia riprovazione alla commissione che intendeva laurearle e, dopo che il Direttore ha proposto di sostituirmi, me ne sono andata". La docente – ebrea – è stata duramente contestata anche in passato per aver invitato nell'ateneo il viceambasciatore israeliano, Elazar Cohen. La professoressa, leggendo la tesi scritta da Enrica Mazzei e Atif Kaoutar, ha affermato: "Ho letto velocemente, e ho scoperto che gli ebrei sono “sionisti”, che sono in Palestina per sfruttare la manodopera araba, che l’Olp non ha compiuto attentati e che la Striscia di Gaza non è mai stata privata degli insediamenti ebraici". Le ha replicato Enrica Mazzei: "Il popolo palestinese è oppresso, gli sono negati i diritti umani. Forse abbiamo usato definizioni troppo severe, ma non giustifichiamo il terrorismo e non avevamo paura della discussione".