Italia e Germania, gli unici paesi d’Europa in cui stanno aumentando i ricoveri in terapia intensiva
"La situazione epidemiologica in questo momento ci solleva, ma a preoccupare sono i segnali che arrivano dal resto d'Europa, in particolare da Spagna, Regno Unito, Francia e Germania, che sono in condizioni peggiori della nostra". A dirlo, tre giorni fa, è stato il direttore del Dipartimento Prevenzione del Ministero della Salute Giovanni Rezza spiegando che l'andamento della pandemia in Italia è in miglioramento, soprattutto se si paragona il nostro paese a molti altri del resto d'Europa. In effetti basta osservare la mappa del contagio pubblicata settimanalmente dall'Ecdc per notare che se l'Italia è quasi totalmente di colore giallo – salvo alcune regioni – altre nazioni se la passano molto peggio: è il caso della Spagna, del Portogallo, in parte della Francia e sicuramente della Germania, o almeno dei suoi leander occidentali.
Ma qual è la situazione nei reparti di terapia intensiva? Grazie alla campagna di vaccinazione non si evidenziano ancora particolari criticità in nessun paese europeo, anche se a un'occhiata più attenta si può notare come Italia e Germania abbiano una curva in salita; lo dimostra il monitoraggio quotidiano condotto da Our World in Data. Ad oggi, 13 settembre, i ricoverati con sintomi nel nostro paese sono 4.200, 563 dei quali sono in rianimazione. Di questi, gli ingressi nelle ultime 24 ore sono stati 35, per lo più tra non vaccinati e persone affette da patologie pregresse.
Il dato tedesco è sensibilmente peggiore: il numero di pazienti contagiati dal coronavirus nelle unità di terapia intensiva è salito a oltre 1.500 unità, con un incremento di 49 nelle ultime 24 ore. Di questi, 788 sono stati ventilati in modo invasivo, come annunciato dall'Associazione interdisciplinare tedesca per la terapia intensiva e la medicina d'urgenza (Divi). La quota è quindi del 52 per cento. A partire da domenica pomeriggio, il 25,8 percento dei pazienti Covid nelle rianimazioni tedesche aveva tra i 50 e i 59 anni e il 22,4 percento tra i 60 e i 69 anni. Segue la fascia d'età dai 40 ai 49 anni con una quota del 16,2 per cento, seguita dalla fascia di età dai 70 ai 79 anni con il 15 per cento.