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Guerra in Ucraina

ISPI: “Kiev e Usa temono una Russia debole nelle mani della Cina: per questo non vogliono umiliarla”

L’intervista di Fanpage.it a Claudio Bertolotti, analista strategico e coordinatore della ricerca per il CeMiSS (Centro Militare di Studi Strategici), e docente e ricercatore associato ISPI: “La guerra in Ucraina è in una fase di stallo, dopo essersi trasformata in una guerra di logoramento. Kiev non vuole umiliare la Russia: ecco perché”.
Intervista a Claudio Bertolotti
coordinatore della ricerca per il CeMiSS (Centro Militare di Studi Strategici) e docente e ricercatore associato ISPI.
A cura di Ida Artiaco
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"A un anno dall'invasione russa dell'Ucraina siamo arrivati ad una situazione di stallo sostanziale dopo che si è passati da una guerra di movimento ad una di logoramento. Kiev resiste grazie agli aiuti finanziari e di equipaggiamento degli alleati occidentali ma non intende umiliare Mosca con una vittoria schiacciante. Perché? C'entra anche la Cina".

Così Claudio Bertolotti, analista strategico e coordinatore della ricerca per il CeMiSS (Centro Militare di Studi Strategici), e docente e ricercatore associato ISPI (Istituto di Studi Politici Internazionali), ha commentato a Fanpage.it la situazione della guerra in Ucraina nel giorno in cui ricorre il primo anniversario dell'invasione russa del Paese.

Dott. Bertolotti, che bilancio si può fare di quanto successo in Ucraina?

"Di fatto possiamo dire di essere arrivati ad una situazione di stallo sostanziale, dove a fronte delle ambizioni militari iniziali della Russia, che puntava verosimilmente a una caduta del governo ucraino e ad una facile occupazione del Paese, in realtà ci si è dovuti ridimensionare puntando su obiettivi strategici minimi, cioè limitati a quelle aree del Donbass che ora vedono di fatto schierata da una parte la forza di aggressione russa e dall'altra le forze di difesa ucraine".

Cosa si può dire dal punto di vista strettamente militare? 

"A un anno di distanza, in termini di capacità operativa rapportata alla volontà politica, la Russia continua a mantenere. Nel senso che Mosca non avrebbe perso una capacità operativa significativa nel corso dell'anno pur a fronte delle altissime perdite che ha registrato. E questo ha consentito di tenere le aree su cui ha concentrato il suo maggiore sforzo, cioè Donbass e Crimea.

Di fatto noi abbiamo al momento una guerra di movimento che si è trasformata abbastanza repentinamente in una guerra di logoramento, con le due parti che si stanno consumando a vicenda.

La Russia parte avvantaggiata da un arsenale superiore e da un bacino di reclutamento che si rinnova progressivamente con numeri più elevati rispetti a quelli degli avversari. Sul fronte opposto abbiamo l'Ucraina che ha saputo resistere in maniera sorprendete e ha di fatto imposto una battuta d'arresto e una ridefinizione delle ambizioni russe che hanno portato allo stato delle cose attuale.

Dobbiamo però prendere atto che l'Ucraina ha resistito grazie alla tenacia dei suoi soldati e una forte presa di posizione politica di presidente e governo che ha potuto concretizzarsi con il supporto in termini di finanziamenti ed equipaggiamenti provenienti dall'estero, che di fatto determinano la sopravvivenza dell'Ucraina stessa.

Ciò vuol dire che se cessassero gli aiuti, l'Ucraina non sarebbe in grado di reggersi sulle proprie gambe, quindi per proseguire la resistenza è necessario un sostegno esterno. Quello che va detto, ed è significativo da un punto di vista operativo, è che gli aiuti sono stati dati in maniera non massiccia ma progressiva per consentire a Kiev di imporre una battuta d'arresto all'avversario, di imporre una condizione di guerra d'attrito e un indebolimento prolungato nel tempo a una Russia che non si vuole per scelta politica umiliare con una sconfitta cocente perché una Russia debole è ancora più instabile e imprevedibile e difficilmente potrebbe essere ricondotta sui binari delle relazioni internazionali che tutto sommato, nonostante la guerra, reggono.

Il rischio è quello di consegnare alla Cina un alleato russo debole che vedrebbe determinare le scelte di politica estera in maniera sempre più coerente rispetto alla visione cinese del mondo. Non c'è volontà di umiliare Mosca, quanto un tentativo progressivo di aumentarne la pressione politica pur mantenendo lo status quo sul fronte militare".

Si è parlato ultimamente di una nuova offensiva di primavera: è possibile avvenga nelle prossime settimane?

"Non credo che Putin annuncerà una offensiva in un determinato settore del fronte. È già stata preannunciata nei fatti con la mobilitazione parziale prima e poi con il rischieramento delle unità sul terreno concentrato nell'area di Bakhmut che è diventata strategicamente rilevante per la Russia dal punto di vista della propaganda. Una vittoria russa qui di fatto limiterebbe di molto la capacità di manovra ucraina.

È verosimile che una nuova offensiva si concentri in quest'area perché di fatto consegnerebbe a Putin un successo propagandisticamente rilevante da presentare all'opinione pubblica russa, in particolare ai falchi che premono per una spinta più decisiva sul fronte militare e che potrebbe essere presentato durante la campagna elettorale per le presidenziali del 2024″.

All'inizio dell'invasione abbiamo assistito ad una serie di incontri negoziali tra le due parti, che poi si sono esauriti. Cosa potrebbe agevolare la ripresa di questo processo?

"Bisogna dire prima di tutto che qualunque negoziato che in questo momento si dovesse formalizzare porrebbe la Russia in una posizione di vantaggio, perché i negoziati partono sempre dalla situazione corrente cioè dai territori occupati al momento ed è impensabile che la Russia possa accettare di fare molti passi indietro dal punto di vista territoriale.

Per cui un negoziato ora vorrebbe dire riconoscere l'azione di forza della Russia e consegnare a Mosca carta bianca come le fu consegnata nel 2014. Questo aprirebbe a scenario ulteriore che potremmo definire terza guerra russo-ucraina dopo quella del 2014 e del 2022: potrebbe aprire nel corso degli anni ad una ulteriore pretesa territoriale sul governo di Kiev".

Quali paesi potrebbero giocare in questo un ruolo decisivo?

"Cina e Turchia potrebbero essere elementi trainanti di un eventuale accordo negoziale ma ricordiamoci che la Cina in particolare è molto vicina alla Russia, il che potrebbe non essere visto di buon occhio da Kiev e soprattuto dagli Usa. La Turchia, che con la Russia condivide una serie di dossier importanti dalla Libia alla Siria, è in buoni rapporti anche con l'Ucraina soprattutto sulle relazioni commerciali.

Ma è ovvio che in un gioco del do ut des il vantaggio nei confronti della Turchia c'è l'ha la Russia proprio in virtù dei dossier condivisi. Per cui sono attori sui quali porre la giusta attenzione e che giocheranno un ruolo primario nel dialogo negoziale ma la partita potrebbe essere comunque più favorevole a Mosca che non all'Occidente".

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