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Incontro Xi-Blinken, ecco come cambierà il rapporto tra Usa e Cina

Rinviato in seguito all’ufo cinese, l’incontro tra Xi Jinping e Antony Blinken è stato descritto come un successo da entrambe le parti, preparando il terreno per l’incontro Xi-Biden. Rimane però ingombrante la questione di Taiwan e Blinken annuncia a Pechino la nuova strategia per evitare il decoupling. Come cambierà il rapporto Usa-Cina con il “derisking” e quali problematiche comporta?
A cura di Gian Luca Atzori
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Se quattro mesi fa, la cosiddetta saga dei “palloni spia” non avesse fatto saltare ogni incontro diplomatico, oggi non saremmo qui a parlarne. Invece quell’avvenimento rende l’incontro tra tra Xi Jinping e Antony Blinken maggiormente importante e denota la fragilità che caratterizza i rapporti tra le due principali potenze mondiali. Blinken è il primo Segretario di Stato Usa a incontrare il Presidente cinese dal 2018 e l’ultima volta che Biden e Xi si sono visti è stato a Bali nel Novembre 2022. Il presidente americano rischia di essere il primo a non recarsi in Cina dalla normalizzazione dei rapporti, nonostante sia tra i pochi ad aver incontrato personalmente Deng Xiaoping nel 1979. Questa instabilità era palpabile anche perché la presenza di Xi Jinping non era certa ed è stata infatti confermata all’ultimo minuto. L’incontro è perciò stato interpretato come estremamente positivo da entrambe le parti, "sincero e costruttivo” agli occhi degli americani, “un progresso nel dialogo” per le parole cinesi.

Coreografie del potere

Il Segretario Usa è stato accolto nella Grande Sala del Popolo, nella parte occidentale di Piazza Tienanmen, da una “coreografia” diplomatica che ha trasmesso segnali incoraggianti alla delegazione. “In ogni incontro, sottolineo che l'impegno diretto e la comunicazione sostenuta ad alti livelli siano il modo migliore per gestire responsabilmente le nostre differenze e garantire che la concorrenza non si trasformi in conflitto", ha affermato Blinken.

Per Xi Jinping “La Cina rispetta gli interessi degli Stati Uniti e non intende sfidarli né sostituirli. Allo stesso modo, anche gli Stati Uniti devono rispettare la Cina e non danneggiare i propri legittimi diritti e interessi.” Washington e Pechino riconoscono entrambi il bisogno di stabilizzare le relazioni per risolvere i problemi tra le nazioni, a partire dal migliorare la comunicazione, riconoscendo i passi avanti degli ultimi mesi e delle ultime ore nel riprendere il dialogo nonostante le tensioni.

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Sfide reciproche e comuni

Nella pratica l’incontro -di appena 35 minuti- ha posto le basi per la risoluzione di problemi concreti e quotidiani come quelli relativi ai visti, ai voli commerciali e alle tariffe doganali, inaspritisi con la guerra commerciale e tecnologica di Trump e in seguito al peggioramento dei rapporti nello Stretto di Taiwan.

Il Dipartimento di Stato ha sottolineato come Blinken abbia apertamente parlato di “pratiche economiche ingiuste e scorrette”, così come di violazioni dei diritti umani in Xinjiang, Tibet e Hong Kong, o di “pace e stabilità attraverso lo Stretto di Taiwan”. “Le due parti hanno discusso una serie di questioni di sicurezza globale e regionale," ha dichiarato Matthew Miller, portavoce del Dipartimento di Stato, "tra cui la guerra di aggressione della Russia contro l'Ucraina, le azioni provocatorie della Corea del Nord (per cui Pechino sarebbe l’unico in grado di contenere la minaccia nucleare), e le preoccupazioni degli Stati Uniti per le attività di intelligence cinesi a Cuba".

Entrambe le parti hanno infine sottolineato che dovrebbero lavorare insieme per affrontare sfide internazionali condivise, come la stabilità economica globale, il cambiamento climatico, la sicurezza alimentare, la salute pubblica e la lotta al narcotraffico.

Wang Yi e Qin Gang

Dal canto suo Xi Jinping, in un tono che è parso conciliante, ha auspicato il ritorno a “sane e stabili” relazioni confidando nel fatto che le due potenze possano “superare tutte le difficoltà e trovare il modo di andare d’accordo”.

Di certo sono stati meno concilianti i toni utilizzati dal capo della diplomazia cinese Wang Yi. Non solo, nel suo viaggio di due giorni infatti, Blinken ha avuto la possibilità di spendere diverse ore, più di sette per la cronaca, anche in compagnia del Ministro degli esteri Qin Gang. Wang ha apertamente chiesto che le sanzioni contro la Cina vengano rimosse e che gli Usa la smettano di interferire nello sviluppo tecnologico e negli affari interni cinesi. Secondo la CCTV, Wang ha dichiarato che il rapporto tra i due paesi si trova in una fase critica e che è il momento di scegliere “tra dialogo e scontro, cooperazione o conflitto”. Qin ha chiamato maggiormente al dialogo ma allo stesso tempo anche lui ha sottolineato come Taiwan sia “l’interesse centrale della Cina” e rappresenti il “rischio maggiore” per i due paesi.

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“Gli Usa non vogliono l’indipendenza di Taiwan”

Al netto di tutte le implicazioni geopolitiche, l’importanza strategica di Taipei è facilmente riscontrabile in una passaggio dello stesso Segretario: "Ogni giorno il 50% del traffico di container commerciali attraversa lo Stretto. Il 70% dei semiconduttori è prodotto a Taiwan. Se questa crisi si propagasse, avrebbe conseguenze drammatiche per tutti i paesi del mondo". Tuttavia, un passaggio maggiormente sottolineato dai cinesi e meno dagli americani, riguarda la dichiarazione di Blinken per cui “gli Usa non vogliono l’indipendenza di Taiwan” anche se “non vogliono cambiamenti nello status quo”. L’isola di Formosa era la linea rossa ribadita da Xi anche a Bali direttamente a Biden, eppure la tensione nello stretto non sembra essersi allentata da allora.

Nonostante tutto, come anche sottolineato da Moritz Rudolf, ricercatore per il Paul Tsai China Center della Yale Law School, il tono di scontro da una parte “mostra un grande livello di sfiducia tra i paesi”, ma dall’altra, visto lo stato attuale delle relazioni sino-americane, il solo fatto che la visita abbia avuto luogo è un fatto positivo.

Prospettive, opposizioni ed elezioni

Per Blinken il viaggio ha raggiunto tutti gli obiettivi ma non è abbastanza, per questo ci si aspetta presto dei futuri viaggi, non solo allo scopo di ridurre “il rischio di percezioni e calcoli errati”, ma anche per preparare il campo ad un incontro tra Biden e Xi, preferibilmente per il prossimo autunno. Secondo le autorità vedremo presto delle visite in Cina anche da parte di Janet Yellen, Segretario al tesoro; Gina Raimondo, Segretario al commercio; John Kerry, Inviato presidenziale speciale sulle questioni climatiche. Allo stesso modo, Il ministro Qin dovrebbe recarsi a Washington in risposta all’invito di Blinken.

Tuttavia, all’interno dello stesso parlamento americano l’azione del Segretario non è del tutto condivisa e il tema “Cina” diverrà sempre più caldo in vista delle presidenziali del 2024. Nonostante lo stato drastico dei rapporti, i repubblicani descrivono l’azione dell’amministrazione Biden come troppo morbida nei confronti di Pechino, e una dimostrazione è rappresentata da questo stesso viaggio.

Che il tema sia sensibile all’interno dell’opinione pubblica, si evince anche sui social cinesi dove -su weibo- è montata la polemica perché dei giornalisti americani hanno pubblicato delle foto dei cieli di Pechino coperti di smog, mentre le foto dei media cinesi mostravano un cielo azzurro. Un chiaro segno della “manipolazione occidentale” per alcuni utenti cinesi.

Anche Pechino sta provando a ricucire i rapporti con l’Occidente, tramite la nuova iniziativa di sicurezza globale, e tramite i diversi viaggi in Europa. In questi giorni infatti il premier cinese, Li Qiang, è in viaggio tra Germania e Francia.

Dal Decoupling al Derisking

C’è infine un passaggio di Blinken che è fondamentale per comprendere come si stia evolvendo il rapporto tra Cina e Usa in seguito a questi avvenimenti: “è disastroso per noi separare e interrompere tutti gli scambi e gli investimenti con la Cina. Siamo per la riduzione del rischio (derisking) e la diversificazione”. Una definizione quest'ultima già utilizzata da Jake Sullivan, National Security Adviser, e prima ancora dalla Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen.

Al fine di evitare il rischio di “decoupling” ovvero di disaccoppiamento delle filiere e delle produzioni nelle due economie -il quale avrebbe esiti catastrofici sull’economia globale- si preferisce un approccio di “derisking” -ovvero di riduzione del rischio- con meno investimenti totali diffusi ma più consistenti e indirizzati strategicamente.

La strategia del derisking mira a limitare l’influenza della Cina in settori globali strategici -come i semiconduttori e i minerali che ne sono alla fonte- diversificando gli investimenti per ridurre i costi di una potenziale rottura dei rapporti con Pechino. In questo modo anche qualora le filiere non mutino sul piano globale, i privati si adegueranno per prevenire la loro possibile eruzione. L’esempio più grande sono sempre i semiconduttori: se più privati investissero nella loro produzione domestica si potrebbe allentare la pressione su Taipei più facilmente.

Dal Derisking al Decoupling

Tuttavia, questa strategia presenta un rischio maggiore alquanto paradossale, ovvero una rapida corsa al decoupling che tra qualche tempo non sarà più un'opzione inevitabile e quindi, a differenza di questo caso, non sarà capace di rinvigorire i rapporti anche nei momenti più critici.

La percezione del decoupling è nata con Trump ma è stata esasperata dal Covid e ad oggi è ancora fortemente presente tra gli operatori del settore. Secondo una ricerca della compagnia WTW, più del 40% dei rispondenti è convinto che il disaccoppiamento non farà altro che accrescersi. In Cina sono sempre di più i boicottaggi contro i brand occidentali, i quali secondo il National China Centre svedese, si sono triplicati negli ultimi dieci anni. Non a caso, nell’ottica del derisking, i privati, sia occidentali e sia orientali, si adattano per “localizzare” o “cinesizzare” maggiormente il proprio brand, o delocalizzare la propria produzione nei paesi limitrofi al fine di evitare le ritorsioni commerciali dello scontro Usa-Cina.

Sul piano economico la situazione è piuttosto chiara anche se non così palese. Nonostante il calo degli investimenti diretti in entrambe le direzioni, gli scambi in beni tra i paesi hanno raggiunto il record di 690 miliardi di dollari, risultato vantato dallo stesso Blinken durante la visita. In crescita anche gli scambi tra Bruxelles e Pechino. Tuttavia, guardando più attentamente, notiamo come il valore prodotto nel 2022 sia “drogato” dall’inflazione. Infatti, l’export americano in Cina è stato il 23% inferiore alle previsioni, mentre negli ultimi 5 anni l’import dal resto del mondo è cresciuto del 38%, dalla Cina solo del 7%.

Per questo, sempre più compagnie stanno predisponendo veri e propri case-scenario in cui il derisking si trasformi in decoupling. L’esperienza ucraina e le tensioni su Taiwan sono abbastanza per rendere il rischio concreto, ma non sono le sole preoccupazioni tra la situazione del Mar Cinese Meridionale, le elezioni americane del 2024 e le risposte al conflitto russo. Rimane forse solo una certezza in questo dialogo tra giganti: il ruolo dell’Europa è e sarà determinante.

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