video suggerito
video suggerito
Cambiamenti climatici

“In Francia l’incendio del secolo, ma l’Europa investe sul riarmo”: l’accusa del climatologo Luca Mercalli

Oltre 16mila ettari di terreno sono andati in fumo nel sud della Francia in quello che è stato definito “l’incendio del secolo” e che gli esperti collegano direttamente al cambiamento climatico. Luca Mercalli: “I roghi, alimentati da vento e siccità, minacciano tutti i Paesi europei. Eppure l’UE preferisce investire in armi”.
Intervista a Luca Mercalli
Climatologo
A cura di Davide Falcioni
19 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

È stato definito l’"incendio del secolo": oltre 16.000 ettari andati in fumo nel dipartimento francese dell’Aude, in quello che è stato il rogo più esteso degli ultimi cinquant’anni in Francia. Una distesa di foreste e territori agricoli ridotta in cenere in pochi giorni, alimentata da condizioni climatiche estreme: mesi di siccità, temperature elevate e raffiche di vento che hanno raggiunto i 100 chilometri orari. L’incendio si è propagato a una velocità eccezionale, fino a 5,5 chilometri l’ora, rendendo impossibili le operazioni di contenimento. È un episodio che non può più essere letto come un’eccezione. Gli incendi estremi stanno diventando la norma.

Dietro questi eventi non c’è solo la mano dell’uomo o l’errore del singolo: c’è un contesto ambientale che sta cambiando, e che rende le nostre foreste sempre più vulnerabili. Il cambiamento climatico non accende il fuoco, ma crea le condizioni perfette perché divampi e si trasformi in catastrofe. Con estati sempre più lunghe, calde e secche, i periodi di massima infiammabilità si estendono, e basta una scintilla per scatenare l’inferno.

Video thumbnail

Il rogo dell’Aude arriva in un momento particolare: luglio 2025, certifica il servizio europeo Copernicus, è stato il terzo mese di luglio più caldo mai registrato, interrompendo una serie impressionante di tredici mesi consecutivi di temperature globali da record. Ma non è una buona notizia: secondo gli esperti, si tratta solo di una pausa temporanea in un trend di lungo periodo che continua ad accelerare, con effetti sempre più tangibili sul nostro territorio.

E così, mentre l’emergenza climatica si manifesta in modo sempre più violento, l’Europa sembra aver cambiato rotta. La lotta al cambiamento climatico è scivolata in fondo all’agenda politica, sostituita da un nuovo e massiccio piano di riarmo che prevede investimenti miliardari in armamenti e difesa. Una scelta che solleva domande profonde: come è possibile ignorare una crisi che minaccia la sicurezza stessa del nostro futuro? Per affrontare questi temi abbiamo interpellato Luca Mercalli. Il climatologo ci ha aiuta a interpretare gli incendi dell’estate 2025 alla luce del riscaldamento globale, ma riflette anche sulla grande contraddizione europea: trovare in pochi mesi centinaia di miliardi per le armi, mentre da trent’anni ci si ripete che "non ci sono soldi" per salvare il clima.

Immagine

Professor Mercalli, in Italia se ne parla poco ma da giorni in Francia è divampato un incendio devastante, nel dipartimento dell’Aude, che ha bruciato oltre 16mila ettari di terreno, 12.500 dei quali sono andati del tutto distrutti. Secondo gli esperti si tratta del più esteso rogo degli ultimi 50 anni in Francia. Cosa possiamo dire su quanto accaduto?

È vero, se ne parla poco, eppure è un evento gravissimo. Come sempre, un incendio può avere molte cause iniziali: colpose, dolose, una sigaretta, un barbecue… ma la vera domanda è: in quali condizioni si trovava il bosco? Perché un bosco umido non prende fuoco facilmente. Ma se hai mesi di siccità, temperature di 40 gradi e vento forte a 100 chilometri orari, allora il bosco diventa come benzina: basta una scintilla e diventa un inferno. È quello che è successo nell’Aude.

Quali altri fattori hanno influito?

Il vento, direi. In Francia, durante questo incendio, si è arrivati a una velocità di propagazione di 5,5 chilometri all’ora, una delle più rapide mai registrate. Quando c’è vento forte, un fronte di fuoco si muove velocemente, e diventa quasi impossibile da fermare. Anche con i Canadair: se il vento supera i 100 chilometri orari, non possono volare, è troppo pericoloso.

Immagine

Secondo Agnès Pannier-Runacher, il Ministro per la Transizione Ecologica francese, questo rogo è conseguenza del cambiamento climatico e della siccità nella regione.

Il cambiamento climatico non accende l’accendino, ma prepara la legna. Cinquant’anni fa, un bosco mediterraneo era in condizioni di infiammabilità per, diciamo, 15 giorni all’anno. Oggi, quelle condizioni durano anche tre mesi. Quindi aumenta enormemente la probabilità che un evento fortuito – doloso o accidentale – inneschi un incendio. In più, il caldo, la siccità e il vento fanno il resto: un piccolo fuoco diventa incontrollabile. È una questione di contesto climatico.

Che condizioni meteo ha avuto la Francia nelle settimane precedenti all’incendio dell’Aude?

Giugno è stato il più caldo della storia in Francia, come in Italia e nel resto del Mediterraneo. Poi è arrivato luglio, un po’ più fresco, ma il danno era fatto: i boschi erano già secchi. E se ci aggiungiamo il vento forte, ecco che hai tutti gli ingredienti per un incendio devastante.

Immagine

In Italia rischiamo qualcosa di simile nei prossimi giorni, con le temperature in aumento?

Sì, il rischio è concreto. Anche da noi, nel centro-sud e sulle isole, abbiamo avuto un giugno caldissimo – il secondo più caldo mai registrato – e in luglio in Sicilia si sono toccati i 46 gradi. Il bosco mediterraneo è naturalmente vulnerabile agli incendi, e in condizioni come queste, basta poco perché la situazione diventi pericolosa. Con l’ondata di calore prevista nei prossimi giorni, il rischio incendi è molto alto anche da noi. Ma in Italia come in Europa le priorità della politica sono ormai altre…

Quali?

Penso al piano di riarmo europeo. È una delle contraddizioni più gravi del nostro tempo. In pochi anni, il Green Deal è stato prima rallentato, poi praticamente messo da parte. Perché? Perché l’ambiente non paga politicamente: è un tema difficile, a lungo termine, che richiede sacrifici oggi per benefici domani. Al contrario, le armi sembrano più "popolari", creano maggiore consenso.

Il piano costerà 800 miliardi di euro. Eppure ci ripetiamo da trent’anni che la transizione ecologica è troppo costosa…

Esatto. Ci hanno detto per decenni che "non ci sono i soldi" per fare la transizione ecologica. Poi, in pochi mesi, troviamo 800 miliardi per produrre armi. È un paradosso inaccettabile. Per mettere pannelli solari "non ci sono risorse", neanche per acquistare canadair e potenziare i sistemi di protezione dagli incendi, ma per fabbricare carri armati sì. Questo doppio standard è sconcertante. E quello che mi colpisce di più è il silenzio popolare: ci sono più proteste contro una pala eolica che contro una fabbrica di missili.

Quindi stiamo perdendo di vista la prima vera priorità, quella legata al clima?

Stiamo dimenticando che la crisi climatica è la minaccia più grave del nostro tempo. Se continuiamo a trattarla come un problema secondario, pagheremo un prezzo altissimo. Gli incendi in Francia, in Sicilia, in California non sono casi isolati: sono sintomi di un mondo che si sta surriscaldando, e che stiamo scegliendo di non proteggere.

19 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views