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Il Premio Nobel per la pace 2019 ad Abiy Ahmed Ali: niente da fare per Greta Thunberg

Il premier etiope Abiy Ahmed Ali ha vinto il premio Nobel per la Pace 2019. A bocca asciutta Greta Thunberg, la 16enne attivista contro i cambiamenti climatici e capofila del movimento dei Fridays for Future. L’annuncio è appena arrivato da Oslo, dove è riunito il Comitato del prestigioso riconoscimento.
A cura di Ida Artiaco
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Niente da fare per Greta Thunberg: l'attivista svedese di 16 anni non ha vinto il Premio Nobel per la Pace 2019. Sarebbe potuta diventare la più giovane vincitrice nella storia del prestigioso riconoscimento, nonostante i bookmaker di tutto il mondo la dessero come super favorita alla vigilia, e invece il premio è andato a Abiy Ahmed Ali. L'annuncio è arrivato come da calendario alle 11:00 di oggi, venerdì 11 ottobre, dal Comitato per il Nobel riunito a Oslo e trasmesso in diretta streaming. La capofila del movimento dei Fridays for Future, che ha coinvolto in tutto il mondo milioni di giovani, non è riuscita a superare la concorrenza del vincitore e degli altri 301 candidati, tra cui Angela Merkel e il leader indigeno brasiliano Raoni Metuktire.

Perché Greta Thunberg non ha vinto il Nobel per la Pace 2019

Classe 2003, Greta Thunberg sarebbe potuta essere la più giovane vincitrice nella storia del premio Nobel per la Pace, record che resta ancora saldamente nelle mani di Malala Yousafzai: la pakistana aveva 17 anni quando lo vinse nel 2014. L'attivista per il clima di origine svedese ha ricevuto la notizia della vittoria di Abiy Ahmed Ali, mentre si trovava in Nord Dakota, Stati Uniti. Dopo il suo intervento all’assemblea delle Nazioni Unite di New York lo scorso 23 settembre, ha continuato il suo lungo viaggio accompagnata dal papà e da un cineoperatore, facendo tappa a Montreal, Toronto, Chicago e Iowa City. L’obiettivo finale è Santiago del Cile, 10 mila chilometri più a sud, dove la ragazza è attesa alla Conferenza sul cambiamento climatico che aprirà all’inizio di dicembre.

La sua "sconfitta" ha fatto molto scalpore, ma la decisione di premiare Abiy Ahmed Ali ha un importante valore simbolico. Classe 1976 è il Primo ministro dell'Etiopia dal 2 aprile 2018. È di etnia oromo, il gruppo etnico maggioritario del Paese, ma anche il più marginalizzato. Ha promosso la riappacificazione con l'Eritrea, tentando di portare a termine il conflitto armato iniziato nel 1998 e rinunciando alle rivendicazioni territoriali nella zona di Badme e sostenendo l'applicazione dell’accordo di pace promosso dalle Nazioni Unite nel 2000, che prevede la cessione di alcuni territori all'Eritrea. Nei suoi primi cento giorni di governo ha liberato migliaia di prigionieri politici, dichiarato la fine dello stato di emergenza, denunciato l’uso della tortura da parte dei servizi di sicurezza dello stato e licenziato funzionari carcerari implicati in violazioni dei diritti umani seguendo un rapporto di Human Rights Watch.

Abiy: "È un premio per l'Africa"

"È un premio per l'Africa", è stato il commento del vincitore del Premio Nobel per la Pace 2019, il premier etiope Abiy Ahmed Ali che si è anche detto "onorato" ed "entusiasta" per il prestigioso riconoscimento, arrivato un po' a sorpresa, almeno stando alle scommesse dei bookmaker internazionali alla vigilia della decisione del Comitato di Oslo.

Gli altri candidati al Nobel per la Pace 2019

Insieme a Greta Thunberg, il Comitato per il Nobel ha dovuto valutare ben 301 candidati, per un totale di 223 persone e 78 organizzazioni, anche se i nomi dei nominati e dei supporter non possono essere rivelati, secondo le regole, per 50 anni. Secondo i bookmaker internazionali, oltre all'attivista svedese, tra i papabili vincitori c'erano il leader indigeno brasiliano Raoni Metuktire, protagonista della lotta alla salvaguardia dell'Amazzonia, e la premier della Nuova Zelanda Jacinda Ardern che ha saputo tenere unito e idealmente abbracciare il suo Paese dopo il micidiale attentato di Christchurch del 15 marzo 2019, in cui hanno perso la vita 50 musulmani in preghiera. Tra le organizzazioni, è stato segnalato Reporters Without Borders, che lottano per la libertà di stampa, e il Consiglio dei diritti umani delle Nazioni Unite. Tra i possibili candidati, anche la cancelliera tedesca Angela Merkel, Papa Francesco e il fondatore di WikiLeaks, Julian Assange.

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