USA, Pentagono ammette: “Non abbiamo contenuto Isis e ora siamo in guerra”

Il califfo Abu Abr Al Baghdadi, leader dello Stato Islamico, si sarebbe rifugiato a Sirte, in Libia, proveniente dalla Turchia dove era stato trasportato per curare le gravi ferite riportate in un bombardamento aereo iracheno nell'ottobre scorso. La notizia è stata data dall'agenzia iraniana Fars, citando fonti libiche anonime. Anche per questo va presa con molta prudenza, come fa il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che appunto non conferma: "Non so se sia in Libia ma sappiamo che l'Isis è a Sirte. Per Al Baghdadi è importante dimostrare che l'espansione del Califfato prosegue".
"Al Baghdadi è in Libia ferito gravemente"
La notizia del ferimento di Al Baghdadi era stata data lo scorso aprile dal quotidiano britannico Guardian, che citava tre fonti vicine al Califfato che confermavano la voce secondo cui al-Baghdadi non fosse in più in grade di guidare l’Isis proprio a causa delle gravi ferite. Il raid sarebbe avvenuto il 18 marzo a al-Baaj, 130 chilometri da Mosul, ma il Pentagono non ha mai confermato la notizia. Ad ottobre l’agenzia di stampa iraniana, Irna, aveva poi pubblica un’immagine del convoglio dell’Isis sul quale viaggiava il Califfo, bombardato nel blitz dell’alleanza tra Iraq, Iran, Siria e Russia. Anche questa circostanza non è mai stata confermata.
USA: "Siamo in guerra contro l'Isis"
Nel frattempo il capo del Pentagono, Ash Carter, davanti alla commissione Difesa del Congresso, parlando della strategia degli Stati Uniti contro lo Stato Islamico, ha ammesso: “La realtà è che siamo in guerra” contro lo Stato Islamico. “Sono d’accordo con il generale Dunford che non abbiamo contenuto l’Isis”, ha detto Carter, che ha spiegato di aver “personalmente contattato” 40 Paesi per concordare un maggiore contributo nella lotta ai jihadisti. In ogni caso gli Stati Uniti “sono pronti all’invio di elicotteri Apache e consiglieri militari in Iraq” per aiutare le forze locali. Il segretario alla Difesa ha però sottolineato poi che dispiegare "significative" forze di terra Usa in Siria e in Iraq è una cattiva idea perché "americanizzerebbe" il conflitto.