Il giornalista Claudio Locatelli ferito a Kherson: “Non vogliono che raccontiamo la verità”
Il giornalista italiano indipendente Claudio Locatelli è rimasto ferito mentre lavorava a Kherson nella giornata di ieri, lunedì 19 dicembre. L'attacco è stato documentato un un video postato nella sua pagina Facebook "Claudio Locatelli – Il giornalista combattente". Secondo il reporter, si sarebbe trattato di un vero e proprio attacco deliberato all'auto della troupe. "Un'auto – ha dichiarato a Fanpage.it – estremamente identificabile. Non c'è alcun dubbio che si tratti di una macchina della stampa, è debitamente segnalata".
Locatelli e la sua troupe stavano percorrendo in auto il sottoponte nei pressi del villaggio di Antonivka, situato proprio nei pressi del fiume. "Una strada ad alta visibilità – ha continuato il giornalista-. Le strade che vanno verso il fiume sono estremamente visibili dalla sponda russa, quindi la macchina era perfettamente identificabile. Poco dopo aver girato per raggiungere il cimitero di Antonivska e non appena ci siamo fermati, hanno iniziato a sparare. Ci è andata bene, perché se avessi aperto la portiera della vettura sarei senza una gamba o peggio. Per esperienza posso dire che ce la siamo cavata".
"Siamo già finiti in situazioni nelle quali abbiamo rischiato la vita, ma erano tutte situazioni di guerra. Non abbiamo mai avuto la sensazione che ci fosse la volontà di attaccare la stampa, anche se nei giorni scorsi c'erano stati alcuni episodi che ci avevano fatto credere che ci stessero targhettizzando, Abbiamo pensato si trattasse di una coincidenza, ma questa volta ci sono troppe prove che ci portano ad avvalorare la tesi dell'attacco intenzionale".
Non era mai capitato prima?
No, non ci era mai successo, questo bisogna dirlo per amor di precisione. Non avevamo neppure mai avuto il sentore che potesse esserci la volontà di attaccare deliberatamente la stampa. Ieri eravamo sul posto per analizzarne la geografia e le posizioni, stiamo facendo un'analisi strutturale dell'aria. Ci hanno colpiti in maniera deliberata, perché quando siamo scappati e abbiamo cercato di nasconderci in una zona cementificata, le forze armate hanno continuato a sparare e l'artiglieria ucraina ha iniziato a rispondere al fuoco. Se fossimo usciti dall'auto, ci avrebbero ucciso.
Perché hanno deciso di attaccarvi per la prima volta?
Nel caso specifico di Kherson credo che lo scopo sia allontanare un occhio dai cittadini che vivono lungo il fiume. Le famiglie che vivono lì spesso sono miste: ci sono ucraini e russi. Abbiamo per esempio parlato con una ragazza russa che ci ha detto di esser stata insultata più volte dalle forze armate di Mosca quando hanno occupato l'area. L'intento è sicuramente quello di non lasciarci raccontare, anche se non sappiamo esattamente cosa. Sicuramente non vogliono che si dica che a Kherson non è tutto rose e fiori come loro dichiarano. Per precisione bisogna dire che non è neppure l'opposto, abbiamo parlato con persone che ha detto di esser state abbastanza tranquille alla presenza dei russi. Da qui a dire che si tratta del paradiso come la Russia vuole far credere, ovviamente ne passa.
Come state adesso?
Io sono rimasto leggermente ferito, ho perso sangue ma per fortuna me la sono cavata. Se avessi aperto la portiera o fossimo usciti dall'auto sarebbe andata molto peggio. Sparare sulla stampa non ha scuse, noi continueremo a verificare e riportare questo conflitto come sempre.