Il doppio gioco di Trump sui file di Epstein: firma la legge, ma chiede nuove indagini per ritardare la diffusione

Donald Trump ha firmato la legge che impone la pubblicazione dei documenti del caso Epstein, il finanziere accusato di aver sfruttato sessualmente decine di minorenni e morto in carcere nel 2019. Un gesto presentato come un passo verso la trasparenza, ma che in realtà arriva al termine di settimane di tensioni interne al Partito Repubblicano e che potrebbe rivelarsi molto meno risolutivo di quanto sembri.
Una retromarcia obbligata
Per mesi Trump aveva tentato di frenare o minimizzare l'importanza del caso Epstein, preoccupato dalle ricadute politiche e simboliche che la pubblicazione dei documenti potrebbe avere su di lui; le sue posizioni sono state altalenanti, spesso contraddittorie: un miscuglio di minimizzazione, diversivi e accuse ai Democratici. Ma nelle ultime settimane, la pressione interna è diventata estremamente ingestibile. Una parte consistente dei deputati Repubblicani, in alcuni momenti la maggioranza, era infatti pronta a votare insieme ai Democratici per rendere pubblici i documenti; tre deputate del GOP avevano persino raccolto le firme necessarie per imporre un voto alla Camera, scavalcando di fatto il presidente.
A quel punto Trump si è trovato davanti a un vicolo cieco: continuare a opporsi avrebbe significato ammettere un fallimento politico clamoroso. La firma della legge è stata quindi una scelta obbligata, un tentativo di rimettere mano alla narrazione evitando una sconfitta formale.
Cosa dice la legge
Il provvedimento dà alla procuratrice generale Pam Bondi 30 giorni per pubblicare i documenti, in formato digitale e consultabile da tutti. Ma allo stesso tempo concede due valvole di sicurezza:
- la possibilità di oscurare dati personali non rilevanti;
- la possibilità di rinviare la pubblicazione dei documenti che interferiscono con indagini o procedimenti attivi.
È in questa seconda clausola che si giocherebbe ora la vera battaglia.
La mossa che può rallentare tutto
Contestualmente alla firma, Trump ha chiesto nuove indagini sui presunti legami tra Epstein e alcuni esponenti Democratici. Un'iniziativa che non ha alcun riscontro concreto, ma che avrebbe però un effetto immediato: potrebbe infatti consentire al dipartimento di giustificare ulteriori rinvii nella pubblicazione, invocando l'esistenza di indagini pendenti.
In altre parole, Trump ha ceduto su un piano, firmando la legge, ma ha aperto un varco per riprendere il controllo del processo sfruttando proprio le eccezioni previste dal testo; la trasparenza, almeno nel breve periodo, resta quindi un obiettivo incerto.
Un caso che continua a danneggiare Trump
Negli Stati Uniti la vicenda Epstein è diventata un prisma politico attraverso cui leggere equilibri, retroscena e rapporti di potere: ogni dettaglio, anche il più marginale, diventa notizia. L'ultima serie di documenti, tra cui lettere in cui Epstein sosteneva che Trump "sapesse delle ragazze", non ha rivelato nulla di davvero nuovo, ma ha alimentato profondamente il dibattito pubblico e ovviamente anche quello mediatico.
Il fatto che la maggior parte di queste informazioni provenga da una commissione parlamentare guidata proprio dai Repubblicani rende la situazione ancora più paradossale: nel tentativo di evitare un voto rischioso, il partito ha finito per moltiplicare i materiali di discussione, creando ulteriore pressione sul presidente degli Stati Uniti.
Una trasparenza parziale e un equilibrio instabile
Cosa succede ora? La firma della legge non chiude certamente il caso, al contrario, lo rilancia su un terreno ancora più complesso e cioè quello dei rapporti di forza interni al Partito Repubblicano. È uno dei pochissimi episodi in cui Trump si è trovato costretto a seguire, e non a guidare, il suo partito.
Ora il vero tema diventa un altro: se i documenti vedranno davvero la luce nei tempi previsti o se, dietro la copertura di nuove indagini, l'amministrazione rallenterà il rilascio mentre Trump tenterà di riconquistare il controllo della narrazione. Una cosa però è chiara: la trasparenza, negli Stati Uniti di oggi, è sicuramente un campo di battaglia politica.