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Guerra in Ucraina

I giovani russi sono la vera opposizione contro Vladimir Putin: “I veri patrioti siamo noi”

Anna, Dima e gli attivisti della “generazione Putin”: “I patrioti siamo noi”. Viaggio tra le paure e le speranze dei giovani russi che si oppongono al regime. “Il Cremlino non si illuda: noi restiamo qui”.
A cura di Redazione
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Anna Loyko, giornalista e attivista d'opposizione russa, 22 anni

Questo articolo non è firmato a tutela del nostro inviato a Mosca, dopo l'approvazione di leggi contro la libertà di stampa in Russia

MOSCA. “Tu respiri la mia aria solo perché io te la faccio respirare”, disse ad Anna il poliziotto dopo averle allentato la presa alla gola. “E cammini su questa terra solo perché io te lo faccio fare, chiaro?”. Succedeva due anni fa a Penza, città oltre 600 chilometri a sudest di Mosca. La ventenne Anna Loyko, insieme ad altri tre attivisti tra i quali Olga Misyk – la ragazzina famosa per aver letto la costituzione russa agli agenti antisommossa -, era arrivata dalla capitale per manifestare solidarietà nei confronti dei membri del gruppo anti-fascista Sep (Rete), appena condannati dal tribunale locale a 18 anni di reclusione per terrorismo in un processo che per spettacolarità e livello di ingiustizia – dicono gli oppositori del regime – sarebbe piaciuto ad Andrey Vyshinsky, il grande accusatore delle purghe staliniane. Quelle vissuta nelle ore dell’arresto a Penza è una delle esperienze più traumatiche, nella sua breve storia di attivista anti-Putin. Ma Anna ne ha tante da raccontare. Per esempio, racconta di quel poliziotto che la segue dappertutto, la prende di mira e la terrorizza a ogni dimostrazione, e sembra avercela proprio con lei. Solo con lei. Anna non si è quindi né stupita né spaventata più di tanto quando, nel giorno dell’adunata putinista allo stadio Luzhniki, qualcuno le ha imbrattato la porta di casa con slogan “patriottici” e “Z” d’ordinanza. “Qualche idea su chi possa esser stato ce l’ho“, dice. Forse proprio un poliziotto. Quel poliziotto?

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“Non ci serve un imperatore”

Tra l’altro, la porta non è solo sua. Anna infatti, vive in una kommunalka: un appartamento diviso tra più famiglie, con cucina e bagno in comune. Durante l’Unione Sovietica era la norma. Oggi è una situazione in cui si trova chi ha pochi soldi. “Chi ha vissuto in una kommunalka “non avrà mai più niente di cui stupirsi”, scrisse Mikhail Bulgakov, e non per sentito dire. Nella Russia di Vladimir Putin il 12% della popolazione è in povertà: significa 17,5 milioni di persone. “Sarà che son sempre stata povera, ma fin da quando ero piccola mi feriva vedere la grande diseguaglianza che c’è nel Paese tra chi ha e chi non ha”, dice Anna. “È il motivo principale per cui ho iniziato a partecipare alle proteste contro questo regime”. Regime che definisce “omicida”, oltre che plutocratico. Non che speri di cambiare granché,  con le sue proteste. Navalny? Sì, c’è molto rispetto. Un leader moralmente ineccepibile. “Ma è un nazionalista”, sostiene Anna. “E noi ragazzi non abbiamo proprio bisogno di uno zar”. Nemmeno se si chiamasse Navalny. Più che altro, però, Anna teme che dopo Putin, comunque vada neanche lui è eterno, arrivi qualche suo sodale a far di tutto per evitare che la Russia diventi normale. Teme il putinismo oltre Putin. Non è una visione ottimista. “Ma qualche cosa protestando l’abbiamo pure ottenuta”, dice. Si riferisce alla liberazione del giornalista investigativo Ivan Golunov, arrestato tre anni fa con accuse considerate false da una gran parte dell’opinione pubblica e rilasciato dopo le dimostrazioni di piazza in suo favore.

Traditori veri

“Oggi, dopo l’attacco all’Ucraina, protestare è più necessario che mai. Se fossimo scesi in piazza in tanti e più spesso anni fa, forse non ci troveremmo in questa situazione”. “La nostra generazione – aggiunge – ha il dovere di combattere per il suo futuro, e per il futuro di tutti”. Andarsene dalla Russia? Anna non ci pensa proprio: “Capisco chi lo fa, ma questo è il mio Paese e voglio provare a migliorarlo. Anche solo scrivendo onestamente la verità”. Anna è da un po’ di tempo una giornalista di Sota.vision, piccola testata indipendente che vive soprattutto sui social e si specializza nel documentare le persecuzioni politiche. Sono sempre i primi ad avere le immagini degli arresti. Anna attualmente sta lavorando a un’inchiesta sul comportamento della polizia e dei servIzi di sicurezza nei confronti dei minorenni che partecipano alle dimostrazioni. Paura? “Sì, essere all’opposizione e anche solo fare i giornalisti è sempre più pericoloso, in Russia”. E come ci si sente ad essere etichettati come “traditori”? Putin ha ufficializzato che chi non sta dalla sua parte nell’ultima avventura bellica tradisce la patria: “Il mio scopo – risponde Anna – è fare quel che posso perché nel mio Paese si viva meglio. Non mi pare proprio che chi ci governa faccia lo stesso. Allora chi sono i traditori”?

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Tempi bui

“Non tradire la tua patria, Dima”: questa la scritta, contornata dalle solite “Z” ormai simbolo del regime, che si è trovato sulla porte di casa Dmitry Ivanov, 22 anni, attivista anti-Putin e studente di scienze informatiche all’università statale Lomonosov di Mosca – una delle migliori del Paese. “No, non mi sento proprio un traditore. Sono un patriota. Come lo sono tante persone che conosco e che la pensano come me. Traditori sono quelli che hanno iniziato questa guerra“. Camminiamo con Dmitry per la via Arbat piena di sole. I negozi di souvenir vendono magliette con l’onnipresente “Z”. Unici turisti, un gruppo di cinesi. Da un terrazzo, un dj improvvisato inonda la strada di musica house. Dima, così lo chiamano gli amici e non solo loro, ci racconta come nel 2017, non ancora maggiorenne, abbia iniziato a partecipare alle manifestazioni indette da Alexey Navalny contro la corruzione ai vertici del regime. Più volte arrestato e detenuto, in un caso ha trascorso 40 giorni nel carcere di Sacharovo, normalmente destinato agli immigrati clandestini: la polizia aveva preso troppi manifestanti e non c’era posto nelle altre prigioni moscovite. Dima riuscì a “imboscare” un telefonino:  le sue foto delle condizioni igieniche proibitive nella cella sovraffollata con i muri ricoperti dalla shuba (pelliccia), l’intonaco putrido e irto di punte tipico delle galere russe, fecero il giro del mondo. “Cosa mi aspetto da questo Paese? Certo le cose stanno andando di male in peggio”, dice. “Ma credo che siano solo i momenti più bui prima del sorgere del sole: forse sto mentendo a me stesso, ma secondo me la Russia presto cambierà. Serviranno anni, forse. Ma non molti anni”.

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Dimitri Ivanov, attivista d'opposizione, 22 anni

I ragazzi cresceranno

Ci fermiamo a prendere un caffè in uno Shokoladnitsa, catena di locali attiva fin dai tempi sovietici. Sul tavolo,  al contrario di di quanto avveniva solo un paio di settimane fa, non c’è lo zucchero. Te lo porta la cameriera, se proprio lo chiedi. Mica scontato trovare lo zucchero, oggi a Mosca. Dima è nato dopo la fine dell’Urss, ma sua madre gli racconta spesso di quando gli scaffali erano vuoti e le piazze piene per le adunate del regime. Gli chiediamo cosa pensa del nuovo totalitarismo delle “Z”: “La manifestazione dello stadio Luzhniki non è una novità“, risponde. “Ne fu fatta una simile nel 2014. La differenza è che allora Putin poteva davvero cantar vittoria: aveva preso la Crimea senza colpo ferire. Oggi in Ucraina non c’è alcuna vittoria”. A parte una buona dose di fanatici, gli altri – sostiene Dima – erano presenti perché obbligati dal capufficio, se dipendenti statali, o perché prezzolati: “Agli studenti di alcune università hanno dato 1.400 rubli, circa dodici euro”, spiega. Lo sa bene, perché li hanno offerti anche a lui. Nonostante le sbandierate manifestazioni di supporto allo zar, Dima sente odore di fine regime, in Russia. E come Anna, ad andarsene non ci pensa nemmeno. Secondo alcune stime, sono un milione i russi che hanno lasciato o stanno per lasciare il Paese. Si tratta soprattutto di quarantenni con professioni liberali, generalmente  avversi al regime. “Che se ne vadano: tutti traditori filo-occidentali di cui è sano ripulirsi”, è l’ultimo slogan del Cremlino. Gli oppositori più giovani, però, non se ne vanno per niente. Con buona pace dei propagandisti di corte. Non se ne vanno se non altro perché non hanno risparmi sufficienti per rifarsi una vita altrove. E poi, sperano di vedere presto una Russia migliore. Il 30% di chi ha tra i 18 e i 25 anni non gradisce Putin secondo un sondaggio fatto alla fine del febbraio scorso dall’istituto statistico indipendente Levada. Non sarà una gran percentuale. Ma tra questi ragazzi ce ne sono come Anna e Dima. Il tempo è dalla loro parte. A Mosca non è ancora primavera. I ragazzi cresceranno.

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