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Human Rights Watch: “I decapitati in Siria non erano dei religiosi”

L’Ong ha spiegato che da un’attenta analisi delle immagini del video pubblicato si capisce che i due uomini sono stati condannati perché considerati collaboratori del regime e non perché preti.
A cura di Antonio Palma
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Sul video della decapitazione di tre uomini, in un primo momento creduti frati francescani, ha cercato di fare chiarezza Human Rights Watch, l’organizzazione non governativa che si occupa di tutela dei diritti umani. Secondo quanto spiegato  all’Huffington Post da  Peter N. Bouckaert, direttore per le Emergenze dell’Organizzazione, il video risale in realtà al mese di aprile e documenta la decapitazione di due persone nel villaggio di Mashhad Ruhin, a 120 chilometri di distanza da Ghassaniyeh. In questo modo si mettono a tacere tutte le ipotesi arrivate dopo la smentita iniziale, in particolare quella secondo la quale uno dei decapitati era il  prete francese Francois Mourad scomparso sempre nel Paese. In realtà sempre secondo le ricerche fatte dall’Ong gli uomini sarebbero stati decapitati perché accusati di essere “shabiha”, termine che indica in origine una generica forma di teppismo, e collaboratori del regime, quindi senza nessuna relazione con la loro religione.

Human Rights Watch per scoprire qualcosa in più sul video ha prima di tutto condotto un’indagine topografica che ha dimostrato come le immagini coincidano perfettamente con quelle di Mashhad Ruhin, in particolare le colline e alcuni edifici. In secondo luogo hanno guardato attentamente i volti delle vittime e confrontandole con quelle del prete francese si sono accorti che non coincidono, infine l’ong ritiene che il video sia stato girato verso aprile perché le persone presenti nelle immagini indossano giacche e vestiti primaverili, inadatti in questa stagione. Cosa più importante nel video non si fa nessun riferimento alla religione dei tre uomini ed ascoltando la lettura del verdetto si capisce che i due sono stati condannati a morte dal gruppo di ribelli per “traffico di armi, e non per il fatto di essere preti” spiega ancora Peter N. Bouckaert.

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