Guerra in Ucraina, Putin schiera i missili Oreshnik in Bielorussia: “Impossibili da intercettare”

La guerra tra Russia e Ucraina si avvia verso la fine del 2025 con un nuovo e pesante segnale di escalation. Mosca ha annunciato l’entrata in “servizio attivo” dei missili Oreshnik in Bielorussia, una mossa dal forte valore strategico e simbolico nei confronti dell’Europa. Alleata storica del Cremlino, Minsk condivide infatti i propri confini non solo con la Russia, ma anche con tre Paesi della Nato – Polonia, Lituania e Lettonia – rendendo il fronte orientale dell’Unione europea più esposto e riducendo sensibilmente i tempi di reazione in caso di crisi.
L’ufficializzazione è arrivata direttamente dal Cremlino, accompagnata dalla diffusione di un video dei ministeri della Difesa russo e bielorusso. Le immagini mostrano i sistemi missilistici Oreshnik trasportati su mezzi pesanti all’interno di aree boschive, poi mimetizzati con reti protettive. Non viene indicata l’esatta collocazione delle basi, ma il ministero della Difesa di Minsk ha confermato che “la divisione missilistica Oreshnik ha iniziato a svolgere compiti di combattimento in aree designate del Paese”.
Di questi missili si discute da mesi, ma è solo ora che diventano pienamente operativi. L’Oreshnik è un missile balistico ipersonico di nuova generazione, con capacità nucleare e convenzionale, dotato di una gittata stimata intorno ai 5.500 chilometri. Un raggio d’azione che consentirebbe, almeno teoricamente, di colpire qualsiasi punto del continente europeo e, se lanciato dal territorio russo, anche obiettivi sulla costa occidentale degli Stati Uniti. Vladimir Putin li ha definiti “impossibili da intercettare”, rivendicando una velocità di circa 3,6 chilometri al secondo e una configurazione in grado di trasportare fino a sei testate indipendenti, ciascuna equipaggiata con sottomunizioni multiple. Secondo diversi analisti militari, queste caratteristiche renderebbero estremamente complessa l’intercettazione da parte dei sistemi antimissile attualmente in dotazione alla Nato.
Un primo segnale concreto delle capacità dell’Oreshnik era arrivato già il 21 novembre 2024, quando un missile di questo tipo fu lanciato contro la città ucraina di Dnipro. Sebbene l’ordigno si fosse rivelato meno distruttivo di quanto inizialmente temuto, l’episodio confermò la pericolosità dell’arma. In quell’occasione Putin parlò apertamente ai vertici militari russi, lanciando un messaggio diretto alla Nato: la Russia dispone di questi missili, può usarli, e la prossima volta le testate potrebbero essere atomiche.
Secondo gli esperti del Pentagono, l’Oreshnik deriverebbe dal progetto del missile balistico intercontinentale RS-26 Rubezh, che Mosca aveva ufficialmente dichiarato cancellato nel 2018. In realtà, il programma non sarebbe mai stato realmente abbandonato, ma rielaborato. Il nuovo vettore avrebbe una portata inferiore rispetto ai circa 6.000 chilometri del Rubezh, ma sufficiente a coprire l’intero continente europeo. Il missile testato nel 2024 sarebbe stato lanciato dalla base di Kapustin Yar, a circa 900 chilometri da Dnipro. Gli stessi ucraini hanno ammesso di non disporre di sistemi in grado di intercettare questo tipo di arma.
Il tutto avviene mentre il conflitto continua a intensificarsi concretamente sul terreno. Nelle ultime ore, attacchi con droni attribuiti all’Ucraina hanno colpito diverse aree della regione di Mosca, causando blackout e disagi a centinaia di migliaia di persone secondo stime divergenti. Il ministero della Difesa russo ha parlato di decine di velivoli intercettati tra la capitale e altre regioni occidentali del Paese.
Parallelamente, Kiev ha denunciato nuovi raid russi su Odessa. Droni hanno colpito infrastrutture residenziali, logistiche ed energetiche, provocando il ferimento di quattro persone, tra cui tre bambini. Gli attacchi sono arrivati in una fase delicata, segnata da dichiarazioni di possibili progressi nei colloqui diplomatici tra Kiev, Washington e gli alleati europei.
In questo clima già teso, Mosca ha anche accusato l’Ucraina di un presunto attacco con droni a una residenza del presidente Vladimir Putin nella regione di Novgorod. Kiev ha respinto l’accusa, sottolineando l’assenza di prove e parlando di una narrazione costruita ad arte. Un episodio che, al di là della sua veridicità, ha contribuito a irrigidire ulteriormente le posizioni e a giustificare nuove mosse di forza.