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Guerra in Ucraina

Guerra in Ucraina: Pokrovsk assediata grazie alla nebbia, blackout in tre regioni dopo i raid russi

La guerra in Ucraina entra in una fase critica: l’esercito russo avanza a Pokrovsk approfittando della nebbia, Kiev colpisce raffinerie e terminali russi, mentre attacchi ai siti energetici causano blackout diffusi. Sul piano diplomatico, crescono le divisioni tra Usa, Ue e alleati.
A cura di Biagio Chiariello
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Mentre la guerra in Ucraina entra nella sua fase più cupa, la linea del fronte si muove di nuovo. Mosca avanza nella regione di Donetsk approfittando della nebbia e delle difficoltà meteorologiche, Kiev risponde colpendo le infrastrutture energetiche russe e l’equilibrio diplomatico internazionale mostra segni di incrinatura.

Gli Stati Uniti spingono per riformulare la risoluzione Onu sull’integrità territoriale dell’Ucraina, la Gran Bretagna si sfila dal fondo europeo per la difesa e, sul terreno, la popolazione ucraina affronta blackout diffusi causati dai raid russi.

Pokrovsk sotto assedio: la nebbia come alleata dei russi

Nella regione di Donetsk, Pokrovsk è diventata il simbolo di un nuovo fronte in movimento. Nelle ultime ore le forze russe hanno approfittato delle condizioni meteo avverse, in particolare della fitta nebbia, per penetrare nella città. Secondo quanto riferisce il 7° Corpo d’assalto aviotrasportato ucraino, citato da Tbc Ukraina, ci sarebbero oltre 300 militari russi all’interno dell’abitato.

Le truppe di Mosca, spiegano le forze ucraine, avrebbero utilizzato veicoli leggeri per spingersi in profondità tra i quartieri residenziali, rendendo difficile l’uso dei droni da ricognizione e degli attacchi aerei. “Ciò riduce la nostra capacità di effettuare ricognizioni e di colpire in terreno aperto”, ha ammesso il comando ucraino.
Pokrovsk, crocevia ferroviario e logistico di importanza strategica, rappresenta un obiettivo chiave per Mosca: la sua eventuale caduta aprirebbe un corridoio diretto verso ovest e metterebbe a rischio l’intero assetto difensivo del Donbass.

Attacchi incrociati: i missili ipersonici e la guerra nell’ombra

Mentre i combattimenti a terra si intensificano, il conflitto tecnologico si sposta nei cieli. L’Fsb russo ha dichiarato di aver lanciato missili ipersonici Kinzhal contro un centro di spionaggio elettronico a Brovary, vicino Kiev, e contro una base aerea a Starokonstantinov, nella regione di Khmelnitsky, dove sarebbero dislocati jet F-16.
Mosca sostiene che si tratti di una rappresaglia a quella che definisce una “provocazione orchestrata” dai servizi segreti ucraini e britannici, che avrebbero tentato di impossessarsi di un caccia MiG-31 armato di Kinzhal per farlo dirigere verso una base Nato in Romania e generare un incidente diplomatico.

Secondo la versione russa, gli ucraini avrebbero cercato di reclutare il pilota e il navigatore del jet offrendo loro tre milioni di dollari. Le fonti occidentali non hanno confermato la vicenda, ma l’episodio contribuisce ad alimentare il clima di sospetto e ad accentuare il rischio di un’escalation fuori controllo.

I contrattacchi ucraini: colpiti obiettivi energetici in Russia e Crimea

Sul fronte opposto, l’Ucraina intensifica le operazioni oltreconfine. Lo Stato maggiore di Kiev ha rivendicato attacchi alla raffineria di Saratov, che produce oltre venti tipi di prodotti petroliferi anche per uso militare, e al terminal marittimo di Feodosia, in Crimea.
Entrambi i siti sono ritenuti strategici per l’approvvigionamento di carburante delle forze russe e la loro distruzione — secondo fonti militari ucraine — avrebbe avuto un impatto diretto sulle capacità logistiche dell’esercito di Mosca.

Gli analisti internazionali vedono in questa strategia un tentativo di spostare la guerra nel cuore dell’apparato energetico russo, logorando la macchina bellica di Putin e cercando di invertire il peso psicologico del conflitto.

Blackout diffusi e crisi energetica in Ucraina

La risposta russa non si è fatta attendere. Nelle ultime 48 ore, una massiccia ondata di droni e missili ha colpito le infrastrutture energetiche e di trasporto della regione di Odessa, provocando incendi, danni a impianti di trasformazione e interruzioni diffuse della corrente elettrica.

Secondo Ukrenergo, le regioni di Zaporizhzhia, Dnipropetrovsk e Odessa hanno subito gravi blackout, e la rete funziona ora grazie a generatori di emergenza. “Gli operatori del settore stanno facendo tutto il possibile per ripristinare l’energia, ma si prevedono interruzioni programmate”, ha riferito l’azienda statale.

Si tratta dell’attacco più massiccio dalla primavera e conferma la volontà russa di colpire la popolazione civile e il morale del Paese, riproponendo la strategia del gelo che aveva già contraddistinto l’inverno 2023-2024.

Diplomazia in crisi: gli Stati Uniti rivedono la linea sull’Ucraina

Sul piano politico, la posizione americana registra un inatteso cambio di rotta. Secondo il Kyiv Post, l’amministrazione Trump sta spingendo per eliminare dal testo della risoluzione annuale delle Nazioni Unite la difesa dell’integrità territoriale ucraina e il termine “aggressione”, sostituendoli con la formula più neutra di “guerra in Ucraina”.

Una mossa che, se confermata, segnerebbe una rottura rispetto alla linea di continuità sostenuta fino all’anno scorso da Washington, quando gli Stati Uniti si erano uniti ad altri 77 Paesi nel voto a favore del documento proposto da Kiev.

Nel frattempo, il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha dichiarato che Mosca è “pronta a discutere” le accuse di Donald Trump riguardo presunti test nucleari segreti, ma ha respinto “ogni insinuazione di attività clandestine”.

L’Europa divisa: il “no” del premier Uk Starmer al fondo per la difesa

Anche sul versante europeo emergono crepe. Il governo britannico di Keir Starmer ha respinto la proposta della Commissione Ue di aderire al fondo comune per la difesa Safe (Security Action for Europe Program), che prevedeva un contributo fino a 6,75 miliardi di euro.

La scelta, spiegano fonti diplomatiche, rischia di indebolire la prospettiva di una risposta congiunta al riarmo russo e di minare la coesione strategica europea. Il premier laburista, presente alla COP30 in Brasile, non sarebbe riuscito a incontrare Ursula von der Leyen per negoziare una revisione dell’impegno economico britannico.

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