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Guerra civile in Libia: assalto al Parlamento, in fiamme il palazzo di governo

In Libia si combatte strada per strada, l’esercito e le polizia si sono spaccati e miliziani saccheggiano i palazzi del potere e gli ipermercati. Secondo alcune voci, sarebbe in atto un colpo di stato guidato dal generale Abdelfattah Younis per spoderastare l’attuale regime. Il caos serpeggia in tutte le città della nazione, impossibile controllare quanto accade per Muammar Gheddafi.
A cura di Alessio Viscardi
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In Libia si combatte strada per strada, l'esercito e le polizia si sono spaccati e miliziani saccheggiano i palazzi del potere e gli ipermercati. Secondo alcune voci, sarebbe in atto un colpo di stato guidato dal generale Abdelfattah Younis per spoderastare l'attuale regime. Il caos serpeggia in tutte le città della nazione, impossibile controllare quanto accade per Muammar Gheddafi. Tripoli, la capitale libica, è sotto il totale controllo di forze militare giunte in supporto dei riottosi cittadini, si sono registrati l'assalto al Parlamento (il Congresso generale del Popolo) e al palazzo di governo, che sono stati dati alle fiamme. Imprecisato il bilancio delle vittime, 200 caduti soltanto a Bengasi. Secondo Al Jazeera, gli ospedali sono pieni di feriti e cadaveri. Il regime di Gheddafi potrebbe essere già crollato e si è diffusa la notizia che il colonnello potrebbe essere fuggito in Venezuela, ospitato da Chavez, anche se il governo sudamericano ha negato formalmente.

Internet è bloccato in Libia, ma continuano ad essere caricati su Youtube video terribili dove si documentano gli omicidi sommari compiti per le strade di Tripoli: giovani sparati in testa, razzi sganciati sulla folla dall'aeronautica militare. La Reuters dà anche la notizia che i commissariati di Polizia della capitale sono stati dati alle fiamme dagli insorti. Saif al-Islam Gheddafi, figlio del colonnello, ha dichiarato alla tv di stato che il regime combatterà fino all'ultimo uomo.

Continuano a moltiplicarsi le voci di diserzioni all'interno dell'esercito e delle forze dell'ordine, militari sbandati si sarebbero uniti ai rivoltosi mentre altri avrebbero cominciato a saccheggiare banche e istituzioni governative. Bengasi, a città da cui è partita la rivolta anti-Gheddafi, è caduta totalmente nelle mani dei rivoltosi.

Molti paesi continuano a rimpatriare i connazionali presenti in Libia, si tratta soprattutto dei dipendenti europei di aziende straniere che hanno sedi nel paese. Sono molte le imprese italiane che stanno stilando con la Farnesina un piano per il rimpatrio degli italiani. Il timore è che le violenze possano estendersi anche contro gli occidentali, accusati di aver supportato il regime di Gheddafi. Ieri, un cantiere sudcoreano è stato attaccato da un centinaio di rivoltosi, che hanno ferito anche 18 italiani. Il ministro degli esteri, Franco Frattini, sconsiglia ai connazionali di recarsi in Libia, ma nessun piano è stato ancora approntato per il rientro del personale dell'ambasciata. Intanto, Eni – primo partner commerciale della Libia – fa sapere che la produzione non subirà cambiamenti nel breve periodo.

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