Freedom Flotilla sequestrata in Israele, il padre di Tony Lapiccirella: “Mio figlio rifiuta il rimpatrio volontario”

“Oggi ci ha chiamati l’unità di crisi, sappiamo che Tony non ha firmato il foglio per il rimpatrio volontario ma non abbiamo grandi notizie, ci tranquillizzano solo dicendo che è una questione di tempi, che non avendo firmato dovrebbe essere liberato entro 72 ore” dichiara a Fanpage.it Matteo Lapiccirella, padre di Tony Lapiccirella, uno dei due italiani, insieme ad Antonio Mazzeo, a bordo della Handala – la nave umanitaria della Freedom Flotilla Coalition, intercettata in acque internazionali e sequestrata insieme al suo equipaggio nella notte di ieri. I 21 attivisti a bordo della nave stavano portando aiuti umanitari alla popolazione di Gaza dove, a causa del blocco imposto da Israele, è in corso la più grave carestia del nostro tempo.
“Non sappiamo con certezza se lo processeranno”, continua il padre, “ma rifiutando il rimpatrio volontario li dovranno espellere per legge e quindi impiantare una specie di processo”. Secondo quanto riferito dal ministro degli esteri Antonio Tajani, invece, Antonio Mazzeo avrebbe accettato il rimpatrio volontario e a breve dovrebbe rientrare in Italia.
“Il documento del rimpatrio volontario è sempre in ebraico, quindi nessuno sa davvero cosa ci sia scritto”, ci spiega una delle avvocate del team legale della Freedom Flotilla Coalition che sta seguendo il nostro connazionale, “ma ciò che significa è che si accetta l'espulsione immediata. Quindi, in genere, la maggior parte dei membri degli equipaggi di Freedom Flotilla decidono di non firmare il documento. Dopo di che aspettano da uno a tre giorni per essere visti da un magistrato che ordinerà comunque la loro espulsione in base alla teoria che sono entrati illegalmente nel Paese, per quanto assurdo possa sembrare”.
Di fatto gli attivisti fermati ieri notte non hanno commesso nessun reato: navigavano in acque internazionali quando sono stati intercettati da Israele, ma la giurisdizione israeliana non si estende alle acque internazionali, al di là della cd. zona contigua (24 miglia dalla costa). Solo in questo ambito spaziale gli israeliani possono effettuare controlli, che comunque non possono tradursi in attacchi armati contro persone indifese e non possono comportare sequestri di persona o atti lesivi della libertà e della dignità umana. Inoltre la Corte Internazionale di Giustizia (CIG) aveva già stabilito, in via provvisoria, che nessuno può ostacolare aiuti umanitari verso Gaza, considerando il rischio concreto di genocidio. Trattandosi di una missione umanitaria, il blocco della Handala non solo viola la sentenza della CIG ma dimostra che Israele sta volontariamente affamando a morte la popolazione di Gaza, il che costituisce una prova all’accusa di genocidio.
Ma nonostante ciò il nostro connazionale rischia di essere detenuto in Israele. “So che non lo terranno libero, lo metteranno in una prigione lì vicina. Ma non c’è niente di certo se non che senza firmare quel foglio Tony sarà trattenuto altri 3 giorni, il che ci preoccupa molto”, continua il padre che dal momento dell’intercettazione in mare non ha mai più sentito il figlio. “Non so manco dove si trovi adesso, so solo che da stamattina hanno iniziato a farli scendere ad uno ad uno dalla nave ma non so dove siano stati trasferiti. So anche che Tony aveva dichiarato che avrebbe fatto uno sciopero della fame in solidarietà con la popolazione di Gaza. Questo è tutto quello che so. La Farnesina mi ha rassicurato che mio figlio sta bene, pare che il ministro degli esteri Tajani abbia interpellato il suo omologo israeliano che gli ha assicurato che lo tratteranno bene, ma io finchè non lo vedo a casa non sono tranquillo. Israele mi fa paura, il fatto che mio figlio sia detenuto lì per me è già un gran problema”.