Francia, Gozi a Fanpage: “Macron non si dimetterà, il centro unito può ancora battere l’estrema destra”

Con Bayrou sfiduciato, in Francia si è aperta una nuova crisi di governo. Sul tavolo del presidente Emmanuel Macron ci sono tre possibilità: dimettersi, sciogliere l'Assemblea nazionale e convocare le elezioni o selezionare un nome in grado di formare un nuovo governo, possibilmente sostenuto da una maggioranza stabile. Le ipotesi di dimissioni sono fuori discussione, assicura a Fanpage.it Sandro Gozi, europarlamentare di Renew Europe. Di fronte alle evidenti difficoltà in cui versano le finanze pubbliche francesi, quello di Bayrou "non è stato un suicidio politico ma un atto di responsabilità", aggiunge. E auspica una nomina "rapida" da parte del capo dell'Eliseo. In Francia "le soluzioni alla Draghi o Monti non funzionano", spiega ancora. "Serve un profilo politico capace di convincere i repubblicani e socialisti".
Onorevole Gozi, cosa succede ora in Francia?
Il Parlamento non ha voluto condividere la diagnosi di Bayrou, ma resta un problema di fondo concreto che riguarda la gestione del debito e delle finanze pubbliche, oltre che la necessità di spingere le forze parlamentari a cooperare tra loro. Perché, qualsiasi nome si possa mettere sul tavolo, se le forze parlamentari non decidono di di cooperare, il problema si ripete. Credo che Macron sarà abbastanza rapido nella designazione del nuovo primo ministro. Questa volta il primo ministro dovrà cominciare un negoziato, partendo da alcune priorità come bilancio e sicurezza e vedere come assicurare un buon lavoro parlamentare, magari con l'entrata in una coalizione di governo di altri partiti, come i socialisti, o almeno con un appoggio esterno (un'astensione per intenderci) che permetta al governo di fare il suo lavoro e di approvare il bilancio.
Alcuni giornali hanno parlato di "suicidio politico" di Bayrou, lei come la pensa? È rimasto sorpreso dalla decisione di richiedere la fiducia sulla legge di bilancio (che era stata parecchio criticata)?
Bayrou non si è suicidato. Ha fatto calare la maschera delle forze parlamentari e ha dimostrato che era lì per portare avanti un una certa idea di risanamento delle finanze pubbliche e di rilancio della produzione. Un'idea che aveva anche una entità, circa 40 miliardi di bilancio, con un calendario che avrebbe dovuto portare la Francia a un deficit sotto il 3% nel 2029. Ancor prima di discutere delle singole misure con tutte le forze politiche, lui voleva vedere se le forze parlamentari fossero pronte ad assumere un atto di responsabilità. Purtroppo abbiamo visto che pensano molto di più alle loro tattiche. Tutte sono con la testa alle presidenziali 2027 e nessuno si vuole assumere le responsabilità che invece dovrebbe essere collettiva. Non lo definirei un suicidio politico, ma piuttosto un'uscita con dignità. Bayrou ha sempre detto che non sarebbe rimasto un minuto in più al governo se non ci fosse stata la possibilità di intraprendere un lavoro serio di riduzione del debito pubblico o meglio, di rallentamento della crescita. La sua proposta non era un drammatico programma di austerità come le sinistre hanno presentato, ma un approccio piuttosto graduale. Come ha detto lui stesso in Parlamento le forze politiche potranno fare sparire e cancellare un un governo, ma non possono certamente cancellare la realtà.
Lei ha parlato di una scelta rapida da parte di Macron per un nuovo premier. Quindi sia le dimissioni che nuove elezioni sono da escludere?
Questa è un'idea fissa di Mélenchon, Le Pen e di tanti in Italia. Emmanuel Macron ha vinto due volte le elezioni che doveva vincere. Ha stravinto le elezioni del 2017 e vinto le elezioni del 2022, è riuscito laddove Hollande e Sarkozy avevano fallito. Da quando si vota il presidente della Repubblica francese per 5 anni, l'unico che è riuscito a farsi rieleggere dei tre è stato Macron ed è stato scelto dai francesi due volte. Le Pen e Melenchon hanno bisogno di accelerare una crisi, perché temono di non poter essere dei candidati possibili – soprattutto Le Pen – per il 2027. Il tema non è affatto indebolire ulteriormente l'istituzione della Presidenza della Repubblica. Semmai si potrebbe pensare di introdurre una parte proporzionale nel sistema elettorale, perché è ovvio che oggi la società francese è molto più frammentata di quello che era 30 anni fa. Nonostante un sistema maggioritario (a doppio turno), che dovrebbe quindi favorire la chiarezza, la società è talmente frammentata che questa frammentazione si riflette in Parlamento. Però essendo le forze legate tra di loro da accordi collegio per collegio, non riescono a trovare la volontà di cooperare insieme e andare oltre gli schemi in Parlamento. Da questo punto di vista una dose di proporzionale potrebbe favorire una certa autonomia delle singole forze parlamentari, che potrebbero essere spinte di più a lavorare insieme.
Resta il fatto che oggi la Francia affronta una fase di instabilità politica e forte difficoltà economica. Secondo lei ci sono delle responsabilità? Che errori ha commesso Macron in questi anni?
Tutti fanno errori. La difficoltà delle finanze pubbliche è dovuta al fatto che il debito pubblico ha avuto tre picchi: la crisi finanziaria del 2008, con interventi di Sarkozy, la crisi del Covid, con interventi di Macron e la crisi energetica post-Ucraina. In queste tre occasioni la Francia è stato il Paese che ha aiutato di più i cittadini, i lavoratori, i disoccupati, le piccole-medie imprese, eccetera. Questo ha innalzato molto il debito pubblico e all'epoca tutte le forze politiche criticavano Macron perché secondo loro non spendeva abbastanza. Dall'altra parte ci sono anche delle storie positive. La Francia negli ultimi 5 anni è il Paese che ha attratto di più investimenti esteri in tutta Europa. Nell'ultimo anno il 19% degli investimenti esteri diretti sono andati in Francia con 20 miliardi ed è il Paese più avanzato sull'innovazione, in particolare l'intelligenza artificiale, in Europa. Macron essenzialmente pensava che con le elezioni avrebbe spinto le forze parlamentari a lavorare insieme, ma è stata una scommessa che non si è rivelata giusta. Spero che faccia una nomina rapida di un nuovo primo ministro, ma che poi gli dia il tempo di convincere le forze parlamentari partendo da punti concreti e avviando un lavoro di negoziato che potrebbe anche prendere qualche settimana in più. Secondo me è necessario perché forse bisogna essere disposti a condividere di più con le forze di opposizione, se le si vuole convincere ad avere un atteggiamento costruttivo.
Nelle ultime ore sono spuntati diversi nomi come quelli del ministro della Difesa, Sebastien Lecornu o del segretario dei Socialisti, Olivier Faure. Lei su chi auspica ricadrà la scelta del nuovo premier?
Io non faccio mai il toto nomi. È una prerogativa esclusiva del presidente. Quello che auspico è che il prossimo primo ministro faccia ritornare il senso di responsabilitàvai socialisti e a quei repubblicani che ieri si sono astenuti e non hanno votato il sostegno al governo Bayrou. Ci vuole un profilo politico. La Francia non è un Paese in cui le soluzioni come Monti o Draghi possono essere realisticamente adottate. Serve un profilo politico che però abbia anche nel suo curriculum qualche importante incarico istituzionale, capace di convincere i repubblicani e socialisti a tenere un atteggiamento di maggiore responsabilità e rispetto degli elettori.
Al di là dell'ineleggibilità di Le Pen alle presidenziali 2027, secondo lei ci sono delle possibilità che l'estrema destra del Rassemblement National salga al governo?
Sì, oggi Rn si dimostra una forza molto competitiva, che fa leva su un messaggio che può sembrare di buon senso per l'opinione pubblica generale. Direi che è aiutato anche dall'atteggiamento estremista di La France Insoumise di Melenchon, che con le sue provocazioni e con le sue incitazioni alla rivolta fa apparire il Rassemblement national addirittura credibile. Cosa che non è. C'è un gioco di specchi tra Le Pen e Melenchon che rendono il Rn competitivo. Io credo però che se il blocco centrale e le forze pro-europee al centro dello schieramento si accordano per una candidatura comune si può ancora battere Le Pen.
Ultima domanda. Che effetto può avere la crisi francese sulla tenuta degli equilibri dell'Ue?
Per l'Europa da una parte è una cattiva notizia e dall'altra parte una rassicurazione. Quando un grande Paese fondatore, membro del G7, unico membro dell'Unione Europea al Consiglio di sicurezza dell'Onu, unico membro dell'Ue con l'arma nucleare e con un esercito importante è in difficoltà istituzionale e parlamentare è certamente una pessima notizia. D'altra parte, la rassicurazione è che proprio quel sistema di cui abbiamo parlato garantisce una piena autonomia al Presidente della Repubblica francese quando si tratta di politica estera, difesa, sicurezza e scelte fondamentali in Europa. Macron ha le prerogative e gli strumenti per continuare a svolgere quel ruolo di spinta e di leadership, soprattutto in materia di difesa, sicurezza e Ucraina (penso alla coalizione dei volenterosi) che ha svolto benissimo finora.