1 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Opinioni

Etichettare i prodotti provenienti da territori occupati non è antisemitismo

L’etichettatura dei prodotti provenienti dai territori occupati prevista dalle normative Ue, secondo il leader del governo israeliano Netanyahu, è espressione di antisemitismo. Lo seguono in Italia in tanti che fanno un appello ad acquistare “prodotti di Israele”, aggiungendo confusione a confusione. E andando contro la pace.
A cura di Sabina Ambrogi
1 CONDIVISIONI
Immagine

L'Unione Europea ha approvato mercoledì la norma sulla tracciabilità – tramite un'etichetta – dei prodotti provenienti dalle colonie israeliane nei territori occupati da Israele. Esattamente come avviene per tutti gli stati importatori e certo non solo per Israele. Questo passaggio burocratico previsto dalla normative Ue ha però scatenato l'ira del leader di governo Netanyahu, che ha evocato nazismo, isolamento, esclusione da parte dell'Europa di Israele, in realtà in casa propria rafforzando posizioni estreme, in antitesi al processo di pace.  Infatti, in casa, ha subito rafforzato misure estreme, rafforzato divieti. Il seguito non ha tardato in Italia. E un po' ovunque. Diversi quotidiani, alcuni che si contraddistinguono per essere portavoce del leader di destra israeliano stanno raccogliendo firme per invitare a comprare prodotti israeliani (cosa da fare a prescindere), ma evocando una campagna antisemita che non sussiste per poterne fare un deplorevole strumento di marketing. Recita il  proclama firmato da diversi politici, giornalisti, e intellettuali:

Per la prima volta in settant’anni, l’Europa marchia i prodotti del popolo ebraico. La Commissione di Bruxelles ha intrapreso il primo passo verso il boicottaggio delle merci israeliane prodotte al di là della Linea Verde del 1967. Ci sono duecento contese territoriali nel mondo, dalla Crimea invasa dalla Russia al Tibet sotto dominio cinese fino a Cipro. Ma soltanto Israele subisce questo folle trattamento che mira ad aumentarne l’isolamento nell’opinione pubblica internazionale.

Praticamente una traduzione letterale degli argomenti usati da Netanyahu. Tra i primi firmatari dell'appello proprio Fiamma Nirenstein che il premier israeliano ha designato come ambasciatrice di Israele in Italia per il 2016. Una posizione che la stessa comunità ebraica romana avrebbe, secondo le ricostruzioni del quotidiano israeliano liberal Haaretz, fortemente sconsigliato, per le posizioni estreme della giornalista di destra, molto impopolari nei social, per la questione del doppio passaporto (italiano e israeliano) oltre che per la evidente inopportunità giacché il figlio lavora nei servizi segreti italiani.

Resta comunque il fatto che l'amalgama tra Israele, Netanyahu, ebrei evocando l'antisemitismo e un marchio come la stelletta di Davide assolutamente inesistente sono strumentali e contrari a ogni processo di pace. In cosa consisterebbe questa etichetta? Si tratterebbe di contrassegnare le esportazioni provenienti dalle colonie situate nei territori occupati, cioè le zone geograficamente annesse da Israele dopo la guerra del 1967 ossia le alture del Golan, la striscia di Gaza, la Cisgiordania e Gerusalemme Est.

La misura Ue concerne essenzialmente i prodotti agricoli: frutta, legumi, vino, miele, olio d'oliva, uova, datteri, volatili, vino. La maggior parte delle esportazioni industriali delle colonie consiste in componenti in parti distinte e poi integrate nei prodotti finiti, il che rende la loro tracciabilità difficile. Nella stessa categoria rientrano i cosmetici del Mar Morto.

Come saranno etichettati i prodotti è presto detto. La menzione del paese di origine dovrà tenere conto di come sono nominati i territori. Il che non è un dettaglio visto che nominare un territorio significa riconoscerlo o meno e definire con una ufficialità una situazione in corso. Così , l'indicazione “colonia israeliana” dovrà essere indicata tra parentesi. Ad esempio: “Prodotto in Cisgiordania (colonia israeliana)”. Se il prodotto proviene dalla Palestina ma non da una colonia, la citazione dovrebbe essere “prodotto in Cisgiordania (prodotto palestinese). La formulazione è poi lasciata agli Stati membri che sono incaricati di applicare e di far rispettare la legislazione europea sulla protezione dei consumatori.

Quello espresso dall'Ue sarebbe un tecnicismo burocratico, a cui sono soggetti tutti i paesi, se non fosse che la questione ha preso una valenza diplomatica e si è andata anche a intersecare con un “appel à boycotter” ( “appello a boicottare”)  prodotti di provenienza di Israele, promosso da un gruppo di intellettuali francesi che si è variamente amplificato e diffuso nel tempo. Questo appello invitava a non acquistare prodotti di provenienza da Israele in ragione delle numerosissime violazioni ai diritti umani di cui si è macchiato non già lo stato di Israele, non già gli ebrei, ma i governi. Tuttavia in Francia questo appello è stato considerato illegale da due sentenze della Corte di Cassazione e severamente punito. Il che ha fatto della Francia una delle poche democrazie in cui si punisce un appello al boicottaggio fatto da un movimento associativo o cittadino per criticare la politica di uno stato terzo.

Lo stesso quotidiano liberal israeliano, Haaretz, ha sottolineato che quanto proviene dall'Ue è da considerarsi un “avviso” fatto

da amici che stanno cercando di tendere la mano a un paese che sta affondando nel pantano dell'occupazione si sta allontanando sempre di più dai valori occidentali e dalla democrazia. L'impatto sull'economia israeliana della nuova politica di etichettatura dell'Unione europea sarà trascurabile. L'importanza della decisione europea è nel suo messaggio diplomatico: i territori occupati non sono parte di Israele e il mondo illuminato è fortemente contrario agli insediamenti.

1 CONDIVISIONI
Immagine
Autrice televisiva, saggista, traduttrice. In Italia, oltre a Fanpage.it, collabora con Espresso.it. e Micromega.it. In Francia, per il portale francese Rue89.com e TV5 Monde. Esperta di media, comunicazione politica e rappresentazione di genere all'interno dei media, è stata consigliera di comunicazione di Emma Bonino quando era ministra delle politiche comunitarie. In particolare, per Red Tv ha ideato, scritto e condotto “Women in Red” 13 puntate sulle donne nei media. Per Donzelli editore ha pubblicato il saggio “Mamma” e per Rizzoli ha curato le voci della canzone napoletana per Il Grande Dizionario della canzone italiana. E' una delle autrici del programma tv "Splendor suoni e visioni" su Iris- Mediaset.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views