Come siamo arrivati alla crisi in Ucraina: un anno di tensioni tra Mosca, Kiev e l’Occidente

Continuano gli attacchi delle forze russe in Ucraina. I primi spostamenti di truppe e armi, però, erano iniziati oltre un anno fa: tra marzo e aprile 2021 l'esercito russo aveva iniziato a trasferire uomini e materiali in Crimea, iniziando a preoccupare anche Kiev che aveva subito chiesto un vertice dell'Osce, l'Organizzazione europea per la sicurezza e lo sviluppo. La delegazione russa, però, non si era mai presentata alle riunioni. E aveva continuano a schierare i suoi militari in posizioni strategiche. Lo scorso settembre il New York Times stimava che ci fossero circa 80 mila soldati russi lungo il confine con l'Ucraina: diversi funzionari militari, a quel punto, avevano avvertito sul rischio di un attacco.
A novembre il presidente ucraino Volodymyr Zelensky denunciava come ci fossero 100 mila soldati russi al confine. Da parte sua, il ministero della Difesa di Mosca puntava il dito contro le navi da guerra statunitensi nel Mar Nero. Lo stesso Vladimir Putin aveva poi affermato che una presenza sempre più forte della Nato in Ucraina iniziava a rappresentare un problema di "linea rossa" per Mosca.
A ricostruire tutti gli eventi che si sono succeduti è un dossier pubblicato ieri sul sito della Camera dei deputati. Si ricorda come già il 1° dicembre 2021 il segretario di Stato americano Antony Blinken avesse detto di avere le prove che la Russia stesse pianificando un'invasione dell'Ucraina. Accuse che erano state subito rispedite al mittente dalla Russia che aveva puntato il dito contro l'Ucraina, affermando che Kiev avesse violato gli accordi di Minsk schierando la metà della propria capacità militare nel Donbass contro i separatisti filo-russi e smentendo qualsiasi ipotesi di invasione. In quell'occasione il Cremlino aveva anche avvertito la Nato di non fornire armi all'Ucraina.
A dicembre Joe Biden e Vladimir Putin si erano incontrati in video conferenza e avevano parlato delle tensioni in Ucraina. In quell'occasione Putin aveva chiesto garanzie alla Nato, con la promessa di non espandersi ulteriormente verso Est. E poi, nel suo discorso di fine anno, aveva detto che ora toccasse alla Nato dare una risposta: aveva anche sottolineato come proprio l'Italia avrebbe potuto avere un ruolo di intermediario in questi colloqui. In un colloquio successivo tra Biden e Putin, gli Usa avevano intimato di nuovo alla Russia di ridurre la presenza militare lungo i confini, intimando ulteriori sanzioni al Paese.
"Se non seguirà una risposta costruttiva entro un tempo ragionevole e l’Occidente proseguirà il suo corso aggressivo, la Russia sarà costretta a prendere tutte le misure necessarie per garantire un equilibrio strategico ed eliminare le minacce inaccettabili alla nostra sicurezza", avevano sottolineato dal ministero degli Esteri russo. Frasi molto simili a quelle che abbiamo sentito nei giorni scorsi, prima della repentina escalation con l'annuncio delle operazioni militari sul terreno.
E così arriviamo all'anno nuovo, il 2022. Il 10 gennaio si sono svolti a Ginevra i primi colloqui bilaterali sulla crisi in Ucraina, nel tentativo di abbassare le tensioni. Due giorni dopo sono seguiti i vertici Nato-Russia a Bruxelles: in questa occasione gli Usa hanno dato una prima risposta alla richiesta della Russia di impedire l'ingresso dell'Ucraina nell'Alleanza, affermando il principio dell'autodeterminazione di ogni Paese sulle proprie partnership. Il 21 gennaio Sergej Lavrov e Antony Blinken si sono incontrati nuovamente a Ginevra e gli Usa hanno messo in chiaro quale sarebbe stata la risposta occidentale a un'incursione di terra in Ucraina.
A gennaio sono anche iniziate a emergere le prime differenze in Europa per quanto riguarda la portata delle sanzioni alla Russia, con i diversi interessi nazionali non sempre sulla stessa linea. Quelli di Italia e Germania, ad esempio, si sono subito rivelati particolarmente attenti alla possibilità di scatenare una crisi energetica. In questo contesto di prime spaccature sul fronte occidentale la Russia ha incassato il sostegno cinese. Il 31 gennaio, durante il vertice del Consiglio di sicurezza dell'Onu, l'Occidente ha accusato nuovamente la Russia per le sue politiche aggressive. Mosca ha risposto affermando che Usa e Ue fossero colpiti da isterismo, replicando che fossero loro stessi ad aumentare le tensioni.
Così si arriva ai botta e risposta concitati di febbraio, quando abbiamo visto numerosi leader europei sedersi al lungo tavolo bianco con Putin per fare il punto della situazione. Tuttavia, qualsiasi colloquio e negoziato diplomatico in atto è stato di colpo brutalmente sospeso dal riconoscimento della Russia dell'indipendenza delle repubbliche separatiste nel Donbass prima, e dall'invasione vera e propria da parte delle forze militari poi.