Conflitto Israele-Palestina e in Medio Oriente

Cisgiordania, colono israeliano uccide attivista del movimento non violento: gli spari e le urla in un video

Yinon Levy, già colpito da sanzioni internazionali, poi ritirate da Trump, ha ucciso l’attivista non violento palestinese Awda Hataleen. L’omicidio ripreso in video. L’attivista aveva partecipato al documentario premio oscar “No other land”. Mediterranea Saving Humans: “Italia e Ue sanzionino Israele”
A cura di Antonio Musella
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A sinistra Awda Hataleen, attivista non violento palestinese. A destra Yinon Levy, colono israeliano che gli ha sparato
A sinistra Awda Hataleen, attivista non violento palestinese. A destra Yinon Levy, colono israeliano che gli ha sparato
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Awda Hataleen, 31 anni, era uno dei leader del movimento non violento della Masafer Yatta, la regione nel sud della Cisgiordania, dove i palestinesi sono costantemente sotto l'attacco dei coloni israeliani. È stato ucciso ieri a colpi di pistola da un colono israeliano, Yinon Levy, che in passato era stato già colpito da sanzioni internazionali emesse da Usa, Francia, Canada e Regno Unito, per aggressioni nei confronti di civili palestinesi. L'amministrazione Trump a gennaio scorso aveva ritirato le sanzioni contro Levy, il quale ha continuato ad avere un ruolo da leader violento dei coloni nella regione della Masafer Yatta. Ieri l'omicidio di Awda Hataleen, che era disarmato e che insieme ad altri abitanti del villaggio stava protestando contro la distruzione degli impianti idrici ed elettrici del villaggio di Um al Khair dove viveva. Levy ha impugnato una pistola ed ha iniziato a minacciare i palestinesi, sparando poi all'impazzata contro la folla. Hataleen è morto in ambulanza mentre veniva trasportato all'ospedale di Yatta.

Awda Hataleen, 31 anni, attivista del movimento non violento palestinese
Awda Hataleen, 31 anni, attivista del movimento non violento palestinese

L'omicidio al culmine di un'azione violenta dei coloni

Il villaggio di Um al Khair sorge su una piccola collinetta a pochi passi da una delle bypass road, le strade percorribili solo dagli israeliani con auto immatricolate in Israele, uno dei tanti esempi del regime di apartheid presente nei territori palestinesi occupati. Attaccata al villaggio sorge la colonia di El Carmel, un grandissimo insediamento di coloni, illegale secondo le sentenze della giustizia internazionale, che ha assunto negli anni la proporzione di oltre il triplo del villaggio palestinese che sorgeva lì da decenni. La colonia di Carmel ed il villaggio di Um al Khair condividono la stessa via di accesso, una sola via, ai cui lati sorge il villaggio palestinese, mentre alla sua estremità, c'è il grande cancello giallo di ingresso alla colonia. Qui le violenze sono all'ordine del giorno.

Secondo il rapporto sulle violenze contro la popolazione civile palestinese di Mediterranea Saving Humans, il villaggio di Um al Khair è tra i 4 più colpiti dell'intera regione per numero di violenze e violazioni dei diritti umani. In particolare, il villaggio di Awda Hataleen era sottoposto costantemente a demolizioni arbitrarie di case ed edifici da parte delle autorità israeliane. Non solo demolizioni delle abitazioni, ma anche addirittura demolizioni delle tende sotto cui i palestinesi rimasti senza casa si rifugiano, come Fanpage.it ha potuto documentare la scorsa estate.

Awda era il punto di riferimento del movimento non violento Youth of Sumud ad Um al Khair, era lui a coordinare la presenza degli attivisti internazionali, anche quelli israeliani, nell'attività di interposizione non violenta a difesa della popolazione del villaggio, aveva partecipato anche al documentario premio Oscar 2025 "No other land" di Basel Adra e Yuval Abraham. Quando nella giornata di ieri, i coloni hanno invaso il villaggio, Awda insieme ad altri attivisti internazionali e palestinesi si era subito avvicinato per capire cosa stesse accadendo. I coloni avevano manomesso l'impianto idrico e quello elettrico del villaggio, una azione violenta che si ripete spesso ad Um al Khair. Yinon Levy si è parato davanti al gruppo che si era radunato, come dimostrano anche le immagini girate sul posto dagli attivisti internazionali.

I video mostrano Levy già con una pistola in pugno, mentre sullo sfondo una ruspa sta scavando a terra, probabilmente per distruggere gli allacci ai servizi del villaggio. Il colono urla contro i palestinesi, mostra la pistola, e poi inizia a sparare. Si muove e avanza con l'arma puntata. Ad essere colpito alla pancia è proprio Awda che si accascia a terra. Morirà in ambulanza mentre lo stavano trasportando all'ospedale palestinese di Yatta. Dopo gli spari, l'esercito è intervenuto semplicemente per allontanare i palestinesi, facendo scudo a Levy che è così potuto rientrare nella colonia di Carmel. Di conto, l'IDF, ha arrestato 2 attivisti internazionali, tra cui un italiano, e 7 palestinesi abitanti del villaggio.

Il colono israeliano Yinon Levy in un frame del video che lo ritrae mentre spara a Awda Hataleen
Il colono israeliano Yinon Levy in un frame del video che lo ritrae mentre spara a Awda Hataleen

Mediterranea: "L'Italia imponga sanzioni contro questi crimini"

Mediterranea Saving Humans è attiva dall'inizio dell'anno nella regione della Masafer Yatta, con un osservatorio internazionale sui crimini commessi contro la popolazione civile palestinese. Gli attivisti dell'associazione italiana sono giunti ad Um al Khair subito dopo l'omicidio di Adwa Hataleen. Proprio pochi giorni fa al Senato è stato presentato il rapporto semestrale dove il villaggio di Um al Khair era in cima alle statistiche per azioni violente subite.

"L’assassinio di Awda per mano di un colono israeliano armato e tuttora a piede libero è il risultato diretto del clima di totale impunità in cui agiscono le forze di occupazione in Palestina” spiega Elisa Caneve coordinatrice dei progetti di Mediterranea Saving Humans in Palestina. “Il villaggio di Awda, Umm al Khair, come i tanti villaggi in cui siamo presenti nella regione, vivono una pulizia etnica quotidiana e sistemica che si perpetra non solo attraverso gli atti dei coloni violenti, ma anche attraverso sgomberi, demolizioni e arresti arbitrari. Dal nostro primo rapporto semestrale sulle violenze contro la popolazione civile in Masafer Yatta, abbiamo registrato 836 violazioni dei diritti umani in appena 129 giorni. Il villaggio di Um al Khair è tra i villaggi più colpiti dalle violenze dei coloni e dell'esercito israeliano, come hanno potuto certificare i nostri attivisti presenti sul campo dall'inizio dell'anno. Awda era il punto di riferimento per la sua comunità, era un instancabile attivista e coordinava la presenza di noi attiviste e attivisti internazionali che pratichiamo a fianco alla comunità palestinese il Sumud, la resistenza non violenta, attuata da Awda rimanendo sulla propria terra, coltivandola e amandola nonostante le difficoltà e minacce quotidiane".

Poche settimane fa la Knesset ha approvato un ordine del giorno proposto dal governo Netanyahu in cui lo stato d'Israele si impegna all'annessione totale della Cisgiordania. Un segnale di come le attenzioni belliche di Israele si stiano rivolgendo verso l'altra parte dei territori palestinesi, oltre Gaza. Quello che è successo ad Um al Khair, con l'omicidio di un attivista non violento molto noto, non può essere scollegato dal quadro politico complessivo che si vive in Israele, dove le posizioni del governo e della maggioranza di estrema destra non fanno altro che legittimare azioni omicide.

"L’assassino di Awda era già stato sanzionato dagli USA, sanzione poi revocata dal governo Trump. Ieri le forze di occupazione chiamate sul posto hanno arrestato due attivisti internazionali presenti sulla scena e cinque abitanti del villaggio, la volontà è impedire a noi di avere un occhio di monitoraggio e testimonianza di quanto accade e, in ogni caso, alcun provvedimento contro nessuno dei coloni violenti che avevano attaccato il villaggio è stato preso. Chiediamo che il governo italiano e l'Unione Europea impongano sanzioni allo Stato d'Israele per questi continui crimini che restano impuniti. Yinon Levy è solo lultimo degli impuniti in ordine cronologico, dal nostro rapporto emergono responsabilità precise sui crimini commessi, che stiamo mettendo a disposizione della giustizia internazionale e delle autorità italiane” conclude Caneve.

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