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Conflitto Israelo-Palestinese

Chi è Abu Mazen, il vecchio leader palestinese che potrebbe avere un ruolo nella pace con Israele

L’ormai 88enne Presidente della Palestina e capo dell’Autorità Nazionale Palestinese, scacciato da Gaza da Hamas, è tornato alla ribalta, presentandosi come l’uomo che potrebbe giocare un ruolo nella pacificazione nel conflitto israelo-palestinese.
A cura di Antonio Palma
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Uno dei protagonisti degli accordi di pace tra israeliani e palestinesi di Oslo, era destinato a diventare il nuovo leader incontrastato di un nascente stato palestinese quando salì al potere diventando Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese nel 2005. Da allora per Mahmoud Abbas, più comunemente conosciuto come Abu Mazen, è iniziata però una parabola discendente che lo ha portato prima a perdere il controllo della Striscia di Gaza a favore di Hamas e poi a essere relegato quasi a una sorta di figura di secondo ordine nelle gerarchie e nella politica internazionale palestinese, nonostante sia ufficialmente il Presidente della Palestina.

L’ormai 88enne, alla luce della sanguinosa guerra tra Israele e Hamas, oggi però è tornato alla ribalta, presentandosi come l’uomo che potrebbe giocare un ruolo nella pacificazione e nel riportare benessere al suo popolo. Sarà lui infatti uno dei rappresentanti palestinesi alla Conferenza di pace organizzata dall'Egitto dove è giunto dopo aver lasciato Ramallah in Cisgiordania.

E lì infatti che vive da quando l'istituzione palestinese da lui guidata è stata praticamente soppiantata dal fronte armato di Hamas a Gaza, grazie a una politica di intransigenza verso Israele e a una guerra civile intestina che ha cacciato il movimento Fatah dalla Striscia nel primo decennio degli anni duemila.

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Chi è Abu Mazen

Mahmoud Abbas, conosciuto come Abu Mazen, è un politico palestinese, presidente dell'Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP), dell'Autorità Nazionale Palestinese (ANP) e dello Stato di Palestina. Nato nel 1935 e Safed, allora Palestina e ora in Israele, Abu Mazen è stato uno dei primi membri del movimento Fatah, l'organizzazione politica e paramilitare palestinese creata negli anni ’50 da Yasser Arafat che poi era arrivata a guadare l'Organizzazione per la Liberazione della Palestina Olp. Laureato in giurisprudenza presso l'Università di Damasco e con un dottorato all'Istituto di Studi Orientali di Mosca, è stato da sempre considerato parte dell’ala diplomatica e meno oltranzista del movimento.

Non a caso alla fine degli anni '70 venne incaricato di guidare il dipartimento internazionale dell'OLP e in questo ruolo fu determinante nel creare contatti con i gruppi pacifisti israeliani e le potenze occidentali. Un’opera andata avanti per anni e fondamentale per arrivare ai decisivi accordi di Oslo del 1993 nei quali Israele cedette parte di funzioni di governo all’Autorità Palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza.

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La nomina a capo dell'Olp e la presidenza dell'ANP

Membro della delegazione palestinese anche ai colloqui di pace di Camp David nel luglio 2000 e critico sulla seconda Intifada, la sua figura scalzò a livello internazionale Arafat tanto da diventare primo ministro palestinese, incarico che però lasciò pochi mesi dopo, per l’opposizione dello stesso Arafat.

Dopo la morte di quest’ultimo, nel novembre 2004, Abbas fu nominato capo dell'OLP e l’anno dopo vinse facilmente le elezioni come presidente dell'Autorità Palestinese. Le sue politiche, però, si sono via via scontrate con gruppi estremisti interni come Hamas e Jihad islamica che hanno raccolto sempre più consenso, cavalcando il malcontento dei palestinesi. Dopo il fallito tentativo di un governo di unità Fatah-Hamas, lo scontro tra i due gruppi è sfociato nel sangue con una guerra civile. Hamas nel 2007 ha preso il controllo esclusivo della Striscia di Gaza relegando Abu Mazen in Cisgiordania.

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Da allora Abu Mazen è rimasto così presidente della Palestina andando ben oltre lo scadere del mandato, previsto nel 2009. In Cisgiordania infatti Abu Mazen ha governato con autoritarismo, tra accuse di corruzione e concussione, rinviando sempre nuove elezioni, legiferando a colpi di decreti presidenziali e reprimendo ogni voce critica interna.

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