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Elezioni USA 2020

Brittany Kaiser, la “talpa” di Cambridge Analytica: “Queste elezioni Usa peggio di quelle del 2016”

Nel 2016 aiutò a far eleggere Donald Trump. Nel 2018, fu la talpa che fece esplodere lo scandalo di Cambridge Analytica. Oggi, nel 2020, è a capo di una fondazione che si batte per la privacy e la protezione dei dati personali online: “Oggi ci sono centinaia di agenzie di propaganda in tutto il mondo che hanno provato a condizionare le elezioni presidenziali americane. I cinesi stavano con Biden, i russi con Trump. La disinformazione e l’uso senza regole dei dati sono ovunque”.
A cura di Fabrizio Rostelli
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“Queste elezioni presidenziali americane sono state peggiori di quelle del 2016. Allora, c'era una sola Cambridge Analytica. Oggi ce ne sono centinaia”. Brittany Kaiser è l’informatrice che nel 2018 fece esplodere lo scandalo Cambridge Analytica, l’azienda per cui ricopriva il ruolo di direttrice del business development.  Cambridge Analytica aveva infatti raccolto i dati personali di oltre 87 milioni di account Facebook senza il loro consenso e li aveva usati per scopi di propaganda politica, interferendo nelle elezioni presidenziali USA del 2016 e nel referendum sulla Brexit. Kaiser è inoltre la protagonista del documentario Netflix “The great hack” e autrice del libro “Targeted – La dittatura dei dati”, in cui spiega come le aziende utilizzino illegalmente i dati personali per influenzare le scelte delle persone. L’abbiamo incontrata poco dopo la vittoria di Joe Biden, mentre il presidente uscente Donald Trump, con cui lei lavorò nel 2016, non ha ancora accettato la sconfitta.

Qual è il dato più significativo di queste ultime elezioni?
Uno degli aspetti più rilevanti è stata la quantità di disinformazione. Molte persone non erano ben informate e hanno basato le proprie scelte su notizie false o rumors. Ero molto preoccupata. Quindi, anche se abbiamo riscontrato un grosso problema nel 2016, penso che troppo poco sia stato fatto e troppo tardi, specialmente nell’ambito dei social media. Credo che molti elettori non fossero ben informati prima di poter prendere la loro decisione.

Rispetto alle elezioni del 2016, c'è stata una manipolazione dell'opinione pubblica?
In realtà credo che queste elezioni siano state peggiori perché durante la pandemia di coronavirus siamo stati presi di mira più che mai. Stiamo trascorrendo esponenzialmente più tempo sui nostri dispositivi e sui social media. Passiamo più tempo davanti a degli schermi dove possiamo vedere pubblicità politica mirata e questo rende l'intero elettorato molto più vulnerabile di quanto non fosse nel 2016. Al tempo stesso, la confusione su come votare durante una pandemia ha reso molto difficile per le persone ricevere le informazioni corrette in tempo. Anche chi ha sempre votato è molto probabile che non abbia mai richiesto di votare per corrispondenza. È stata una novità per molti elettori dover richiedere la scheda a casa e imparare a compilarla correttamente e a restituirla in tempo. Ci sono centinaia di migliaia o milioni di schede che non vengono conteggiate perché non sono state compilate correttamente o non sono state consegnate in tempo.

Credi ci siano state delle interferenze straniere durante la campagna elettorale?
Molti soldi sono stati spesi da Cina, Iran, Russia e da gruppi di altri paesi specificamente a sostegno di un candidato o dell'altro, a seconda di come quel paese avrebbe beneficiato della politica estera di quel candidato. Quindi ci sono stati interventi stranieri sia a favore che contro Trump e anche a favore e contro Biden. È difficile dire se un candidato ne abbia beneficiato più dell'altro. Ma quello che sappiamo con certezza è che la popolazione americana perde in ogni caso quando accadono cose del genere perché riceve informazioni che non sono vere, provenienti da fonti false. Penso inoltre che l’interferenza in queste elezioni, in termini di soppressione degli elettori, sia stata maggiore delle precedenti, in particolare perché tutti sono rimasti casa e per la prima volta hanno votato per corrispondenza. Il fatto che il presidente Donald Trump abbia incaricato il capo del servizio postale degli Stati Uniti di smantellare rapidamente il servizio postale, di ritirare le cassette postali fisiche e di cancellare alcuni luoghi in cui le persone erano abituate a consegnare la posta, ha reso molto più difficile consegnare le proprie schede, soprattutto per le persone nelle zone rurali.

Hai parlato delle interferenze di Cina e Russia, puoi fare qualche esempio?
Molte delle informazioni che stanno arrivando da quei paesi provengono da siti web di notizie false. Quindi i loro siti web sono creati per sembrare dei veri giornali o delle riviste online ma quelle notizie non sono assolutamente vere, non si basano su alcun fatto. Per quanto ne so, chiunque controlli le fonti scopre che dietro ci sono i soldi delle pubblicità. Milioni di persone hanno visto pubblicità politica, meme, gif o immagini creati da quelle che alcuni rapporti chiamano società per servizi di propaganda. Queste società sono ovunque nel mondo e hanno messo insieme informazioni con lo scopo di influenzare gli elettori in un modo o nell'altro. Ad esempio la Russia ha tratto vantaggio dal fatto che Trump fosse presidente e così i soldi che arrivano dalla Russia in generale sono a sostegno di Trump. Mentre alla Cina non è andata bene la presidenza Trump, quindi sta diffondendo informazioni contro Trump nella speranza di avere migliori relazioni commerciali con Biden presidente. Quindi è un panorama molto complesso e per gli elettori è difficile capire qual è la verità e come prendere una buona decisione.

Ci sono altre società che hanno svolto lo stesso lavoro che ha svolto Cambridge Analytica nel 2016?
Sì, assolutamente. Purtroppo invece di una Cambridge Analytica ora ce ne sono centinaia. Molte aziende hanno visto che il tipo di lavoro svolto da Cambridge nel 2016 ha avuto molto successo e quindi hanno iniziato a utilizzare strategie basate sui dati, a fare più test psicografici e ad utilizzare maggiormente strategie di propaganda per influenzare le elezioni. L'anno scorso è stato pubblicato un rapporto dall'Università di Oxford che nominava molte di queste aziende e mostrava i diversi paesi da cui generalmente provengono e le ha definite agenzie per servizi di propaganda. Alcune di queste società utilizzano tecnologie più avanzate rispetto a Cambridge Analytica. Ad esempio, sono specializzate nella creazione di grandi quantità di account falsi e nell'utilizzo di troll e bot farm attraverso account sui social media che non richiedono la tua identità, come Facebook e Twitter. Non è necessario dimostrare di essere una persona reale per creare un account. Cambridge non era coinvolta in questo tipo di operazioni. Penso che questo lavoro nell’influenzare e persuadere le persone sia ora più pericoloso di quanto non lo fosse in passato.

I democratici hanno imparato la lezione del 2016?
Penso decisamente che abbiano appreso la lezione. Credo che nel 2016 il Partito Democratico non abbia investito abbastanza nella scienza dei dati. Non hanno investito abbastanza sul terreno di gioco e in alcuni stati. E questo è il tipo di lavoro che devi svolgere per garantirti una vittoria. Ad esempio, Hillary Clinton ha perso la Pennsylvania l'ultima volta perché non è andata lì, perché si aspettava di vincere. Quindi durante la campagna elettorale non stava spendendo soldi lì e non ci trascorreva del tempo. E se non fai nessuna campagna elettorale in uno stato non dovresti aspettarti di ottenere i voti di quelle persone. Quindi penso che sia stato sicuramente un campanello d'allarme per il Partito Democratico e per molti candidati per preparare una strategia più efficace nel 2020.

Nel 2016 Trump e Facebook fecero un accordo sulle pubblicità. Ora sembra che i social media stiano cambiando posizione, Twitter ad esempio sta cancellando i suoi tweet. Le piattaforme social decidono cosa e chi censurare, cosa pensi di questo? Non c’è il rischio che possano dirigere l’informazione in un senso o in un altro?
Penso assolutamente che sia un grosso rischio. Le aziende di social media devono prendere una decisione ferma su chi è responsabile per il contenuto che proviene dalle loro piattaforme. Se sono responsabili del contenuto e sono in grado di censurare il contenuto come un editore, allora devono essere regolamentati come un editore. Quindi dovranno fare più fact checking, come un giornale. Dovrebbero bloccare le notizie false, la disinformazione, la calunnia, la diffamazione e fermare l'incitamento alla violenza e all'odio. Ma se decidono di non voler essere regolamentati come un editore e i loro utenti diventano responsabili del contenuto, e quindi legalmente responsabili se pubblicano contenuti illegali, allora devono verificare l'identità delle persone che si registrano sulle loro piattaforme. Perché non puoi ritenere responsabile un utente se si tratta di un account falso o di uno pseudonimo e non hai idea di chi sia la persona che ha pubblicato quel contenuto pericoloso. Quindi penso che sia necessario prendere una decisione e che il loro modello di business debba dirigersi in un senso o nell'altro ma si sta ancora investendo troppo poco in questa direzione.

Ci sono delle proposte di legge in questo senso?
Sì, esistono proposte di legge in tutto il mondo e sono diverse in ogni paese. Molti paesi stanno cercando di legiferare e regolamentare Facebook, cercando di fare nuove leggi sul tipo di algoritmi che possono essere utilizzati. Si sta cercando di vietare l’amplificazione algoritmica, ad esempio, in cui i commenti negativi che includono odio o violenza sono spinti in cima al feed delle notizie. In questo momento, a livello federale, negli Stati Uniti non è stato ancora approvato nulla perché questi argomenti sono stati usati come temi politicamente divisivi al Congresso e i nostri legislatori non sono stati in grado di decidere da che parte andare. In merito alla regolamentazione, le agenzie governative stanno iniziando a capire cosa sia la protezione dei consumatori. Facebook e molte altre grandi aziende tecnologiche non vengono più viste solo come monopoli che bloccano la concorrenza, cominciano ad essere viste come contrarie agli standard di protezione dei consumatori. Ciò vuol dire che inducono i consumatori a rinunciare a più dati. Ci sono alcune proposte sul tavolo come quella della senatrice Elizabeth Warren sull'atto di responsabilità dei dirigenti aziendali: i dirigenti che consentono l'abuso dei dati per negligenza dovranno risponderne penalmente e non civilmente con una semplice multa.

Parliamo della tua organizzazione, Own Your Data: di cosa si occupa?
L'anno scorso ho co-fondato la Own Your Data Foundation per insegnare una cosa chiamata alfabetizzazione digitale. Ciò significa che puoi condurre una vita digitale, sicura e protetta ma produttiva e di successo. Negli ultimi 10 anni sono stati sviluppati degli indicatori che ti dicono quanto sia completa o meno la tua conoscenza digitale e poi ti forniscono un curriculum. Originariamente ti viene dato un test per poi migliorare il tuo punteggio. Quanto sai dei tuoi diritti sui dati, o di quali dovrebbero essere i tuoi diritti? Quanto ne sai dei protocolli di sicurezza informatica? Sei un esperto di media? Puoi individuare notizie false e disinformazione? Puoi proteggerti da tentativi di hacking e phishing? Puoi proteggerti dal cyber bullismo? Sai come usare l'intelligenza emotiva online quando interagisci con altre persone, soprattutto sui social media? Inoltre, ciò che è veramente importante è come proteggersi dall'essere dipendenti dai propri dispositivi. Quindi come proteggere la propria salute mentale e fisica quando si utilizzano dispositivi digitali tutto il giorno, soprattutto ora. Penso che quando ci siamo imbarcati in tutto questo abbiamo realizzato che ci sarebbero voluti forse dai tre ai cinque anni perché questo diventasse uno degli argomenti più importanti al mondo. Poi la pandemia di coronavirus ha fatto in modo che tutti conducessero una vita completamente digitale, per la prima volta in assoluto, e la maggior parte delle persone non aveva idea di come affrontarla o di come proteggersi. E così ora abbiamo una popolazione globale che è molto vulnerabile e la maggior parte delle persone non è sufficientemente istruita. Quindi in un certo senso sono davvero felice che abbiamo iniziato questo lavoro prima della pandemia, perché ora siamo pronti per supportare le persone. In realtà tra un paio di settimane partiranno delle lezioni virtuali, ad un costo molto basso, in modo che tutti possano seguirle. Darò lezioni gratuitamente a coloro che non possono permettersi di effettuare una donazione perché pensiamo che tutti dovrebbero avere accesso a queste informazioni.

Ritieni quindi che ci sia un maggiore controllo sociale a causa della pandemia?
Sì, assolutamente. Il fatto che ognuno viva in casa e sia sempre connesso aumenta il rischio. Tra l’altro la maggior parte dei paesi nel mondo non ha ancora approvato le prime leggi sulla protezione dei dati o sulla privacy. Non hanno ancora regolamentato le società di social media. Siamo solo all'inizio di questa battaglia. Penso che ora l'alfabetizzazione digitale e la capacità di proteggersi online sia una delle cose più importanti che potremmo fare per l'istruzione.

Parliamo di privacy: cosa pensi delle app per il tracciamento utilizzate per contrastare il virus? Dovrebbero essere pubbliche?
Molti paesi asiatici che sono stati in grado di avere accesso immediato ai dati dell’intera popolazione sono stati in grado di controllare il coronavirus e riaprire molto più velocemente. È accaduto in Corea, Taiwan e Giappone. Poiché questi paesi sono tecnologicamente molto avanzati e la popolazione non ha alcun diritto sui dati, il governo ha immediatamente potuto intraprendere il tracciamento dei contatti e quindi è stato in grado di ridurre la quantità di casi e la quantità di decessi. Questo è ottimo ovviamente perché vogliamo essere in grado di proteggere la vita umana. Ma poiché è del tutto non regolamentato, penso che sia un grosso problema. La possibilità di acconsentire al tracciamento dei contatti è molto importante. Ho scritto il primo Contact tracing data protection act per gli Stati Uniti, era per lo stato di New York. All’interno c’è ad esempio un concetto chiamato “limitazione dello scopo”, ovvero che se raccogli dati per scopi di salute pubblica, non puoi prendere quei dati e condividerli con le forze dell'ordine per identificare manifestanti pacifici. Abbiamo inserito anche clausole per assicurarci che le persone non possano essere discriminate se si sono ammalate di coronavirus o se sono state vicino a qualcuno malato. Quindi ci deve essere un meccanismo consensuale e penso che le persone dovrebbero acconsentire non appena lo avremo regolamentato. Al momento non ho visto molti paesi approvare leggi che regolano l'uso dei dati di tracciamento dei contatti, quindi non penso che siano strumenti sicuri da usare. Non ho nemmeno aggiornato il mio telefono tutto l'anno perché so che se aggiornassi automaticamente il mio iPhone attiverei il tracciamento dei contatti. Non voglio che i miei dati vengano presi a mia insaputa solo perché la legge non mi protegge da Google e Apple che ne fanno quello che vogliono. Credo davvero che il tracciamento potrebbe salvare molte vite e per questo dobbiamo regolamentarlo.

Qual è la tua opinione sull’ultimo lavoro di Shoshana Zuboff “Il capitalismo della sorveglianza”?
Il suo libro è assolutamente geniale perché spiega esattamente l'intera economia dell'industria dei dati. Sia lei che io abbiamo appena sostenuto la proposta 24, che era l'aggiornamento del California Consumer Protection Act. La proposta 24 è appena stata approvata in queste elezioni, è una legge che ti dà più privacy e diritti di protezione dei dati nello stato della California. La definizione di “capitalismo della sorveglianza” è la migliore per definire ciò che è diventata l'industria dei dati, ovvero: più informazioni puoi prendere dalle persone, più le sorvegli, più soldi puoi ricavarne. L'intero sistema è diventato incredibilmente “cleptocratico”; stanno rubando informazioni alle persone senza il loro consenso e loro non hanno idea di cosa stia succedendo. Non sono adeguatamente informati. Nel suo libro ha descritto questo sistema di consumo, come vengono monetizzati i dati, quanto sono potenti e complessi quei sistemi e di conseguenza quanto sono difficili da superare, se vogliamo davvero proteggere la nostra privacy.

I big data, se utilizzati correttamente, potrebbero migliorare la vita di tutti?
Comprendo l'importanza dei dati. Penso che la scienza dei dati, l'intelligenza artificiale e la robotica rappresentino il futuro delle città intelligenti e dell'Internet delle cose. Se sviluppassimo queste tecnologie in modo etico, potrebbero rendere le nostre vite migliori e risolvere molti dei più grandi problemi del mondo. Saremmo anche più protetti, potremmo bloccare la prossima sparatoria di massa o il prossimo attacco terroristico. Potremmo curare più rapidamente il cancro, il diabete e altre malattie. Ci sono così tante cose che possiamo fare quando abbiamo accesso a più dati. Questo è un settore multimiliardario incredibilmente complesso. I nostri dati stanno alimentando così tante industrie diverse in tutto il mondo, sia del settore pubblico che privato e tutti usano questi dati non solo per costruire la propria strategia, ma anche per le loro comunicazioni e pubblicità esterne. Non c'è modo di fermare questa macchina. Non metteremo fine all'industria più preziosa del mondo che nel 2017 ha superato il petrolio e il gas. Non è così che andrà, quello che invece dobbiamo fare è proteggere i diritti delle persone. Dovremmo chiamarla protezione dei dati e non privacy, perché protezione significa che anche se vuoi condividere i tuoi dati hai delle regole e delle tecnologie che ti permettono di farlo in modo sicuro, anche in forma anonima. Vorrei incoraggiare le persone a condividere più dati ma solo quando saprò che abbiamo i diritti su quei dati e che possiamo essere consapevoli in merito a dove stanno andando e per cosa vengono utilizzati. E se vengono monetizzati potremmo ottenere un dividendo. Se ci sono determinati tipi di dati che vuoi mantenere privati, allora sei totalmente autorizzato a farlo ma l'obiettivo non è la privacy totale.

Un’ultima domanda su Julian Assange. Cosa ne sarà di lui?
C'è una differenza tra ciò che spero e ciò a cui sto assistendo. Considero Julian Assange un informatore ma si tratta di un caso speciale poiché Julian ha assistito molti altri informatori aiutandoli a pubblicare le loro informazioni. Penso che le persone come lui stiano cercando di proteggere il nostro futuro rendendo pubblici dei crimini. Queste persone dovrebbero essere sempre protette e non dovrebbero mai essere perseguitate. L'unico motivo per cui queste persone sono perseguitate è perché ci sono alcuni individui e governi che non vogliono che la gente sappia quali crimini hanno commesso. Non c'è assolutamente alcun motivo per ritenere un informatore responsabile di crimini di altre persone. Quindi penso che sia assolutamente importante incoraggiare gli informatori, dimostrandogli che sono protetti. Spero davvero che il presidente Biden conceda la grazia a Edward Snowden e a Chelsea Manning e che possa far cadere le accuse contro Julian Assange.

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