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“Bambini che trascinano i loro zainetti, desiderano solo pace”: le storie di chi scappa dall’Ucraina

A Fanpage.it Massimiliano Signifredi della Comunità Sant’Egidio racconta l’accoglienza dei profughi ucraini a Medyka, città della Polonia al confine con l’Ucraina.
A cura di Giorgia Venturini
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Tra i volontari che in questi giorni accolgono i profughi ucraini al confine con la Polonia c'è anche Massimiliano Signifredi della Comunità Sant'Egidio. A Medyka arrivano donne, bambini e anziani che fuggono dalle bombe russe. Da un giorno all'altro sono stati costretti a lasciare le loro case in Ucraina e a mettersi in salvo superando il confine. Tanti gli incontri che si fanno lungo quella linea che separa l'Ucraina dalla salvezza.

Cos'è la prima cosa che gli ucraini chiedono una volta aver superato la frontiera?

Noi volontari siamo le prime persone che parlano con i profughi ucraini. Ma siamo anche i primi che parlano con loro del futuro. Chiediamo loro se il loro viaggio è finito in Polonia o se invece vogliono continuare verso altre destinazioni: nel secondo caso cerchiamo di aiutarli. Loro invece non ci fanno tante domande. Sono persone che parlano poco, per i traumi subiti, ma anche perché c'è una barriera linguistica: non tutti parlano polacco e molto poco l'inglese. Si vede però nei loro occhi un grande desiderio di pace. Loro hanno bisogno della pace. Sono persone che erano al lavoro quando è scoppiata la guerra e sono state costrette a fuggire. Sono persone che hanno dovuto aspettare diversi giorni prima di poter superare il confine e mettersi in salvo. Sono persone che soffrono molto la lontananza dai loro padri e dai loro mariti. Quindi il nostro è un lavoro prezioso, di informazione ma anche di offerta di un futuro.

Vasyl e Massimiliano Signifredi della Comunità Sant'Egidio
Vasyl e Massimiliano Signifredi della Comunità Sant'Egidio

Chi ha incontrato sul confine? 

Tante persone, tanti bambini che trascinavano piccoli zainetti. Negli occhi di tutti c'è tanta sofferenza e tanta gratitudine per l’accoglienza. Ho parlato con due persone che mi hanno particolarmente colpito. Un anziano, Vasyl, che ha passato la frontiera con uno sguardo un po' fiero: mi ha detto che da giovane aveva servito l'Armata Rossa e adesso bombardano il mio quartiere. É scappato con un solo borsone, a braccetto della moglie. Poi mi ha detto che andava di fretta perché in Polonia lo aspettava un nipote. Mi ha salutato così: "Arrivederci, italiano". Poco dopo ho incontrato Rafael e la sua famiglia: Rafael è un ragazzo palestinese, nato a Betlemme, e mi ha detto che già da bambino sentiva il rumore delle bombe. Sperava di arrivare in Ucraina, in un posto sicuro. Non riusciva a capire il perché di questa guerra. Sono persone che quando è scoppiata la prima guerra erano al lavoro o stavano al ristorante. Da un giorno con l'altro hanno dovuto lasciare tutto.

Vasyl e Massimiliano Signifredi della Comunità Sant'Egidio
Vasyl e Massimiliano Signifredi della Comunità Sant'Egidio

Dal confine i profughi dove si dirigono?

Parliamo con i profughi e spieghiamo loro le opportunità che possono offrire le varie organizzazioni non governative presenti. Molte persone non sanno cosa fare e dove andare: così vengono trasferite nelle grandi città polacche e da qui possono decidere con più tranquillità se fermarsi o proseguire il viaggio. A Varsavia sono state allestite stanze con letti da campo per 200mila persone. Le persone di Sant'Egidio hanno messo a disposizione alcuni appartamenti e ne hanno affittati altri, a loro spese, per offrire la seconda accoglienza. È un grande lavoro per l’integrazione, in modo che le famiglie possano riprendere a vivere, cominciando dalla scuola, per i bambini, e dal lavoro, per gli adulti.

L'accoglienza dei profughi ucraini alla stazione di Varsavia, in Polonia, da parte dei volontari della Comunità di Sant'Egidio
L'accoglienza dei profughi ucraini alla stazione di Varsavia, in Polonia, da parte dei volontari della Comunità di Sant'Egidio

Tanti si sono resi disponibili ad accogliere chi scappa.

Tanti. Ora mi trovo a Varsavia e c’è una mobilitazione generale, da parte dei cittadini e del governo. C'è un bellissimo clima: tanti aiutano, donano, si fermano. I polacchi avrebbero accolto anche i siriani nel 2015 e gli afgani la scorsa estate, se gliene fosse stata data la possibilità, perché sono un popolo accogliente. In appena due settimane sono già entrati 1.200mila ucraini e la situazione è abbastanza sotto controllo. Ho incontrato diversi giovani europei, soprattutto italiani, che sono venuti ad aiutare. Ma so anche di una gara di solidarietà di diverse città italiane, sia nell’inviare aiuti in Ucraina, sia nel preparare l’accoglienza ai rifugiati in Italia.

Come è organizzata la Comunità di Sant'Egidio in questi luoghi di guerra?

Oltre che in Polonia, Sant'Egidio è presente in Ucraina e negli altri Paesi confinanti. Siamo continuamente aggiornati sulla situazione dai nostri amici che vivono in guerra. C'è chi è ancora a Kiev o a Kharkiv. Ma almeno riusciamo a sentirli spesso: siamo molto in pena per loro. Perciò ho avuto la grande gioia di poterne aiutare alcuni, una volta che hanno attraversato la frontiera coi loro genitori anziani e coi loro figli. In Slovacchia le persone di Sant’Egidio hanno chiesto ferie al lavoro per poter assicurare una presenza costante alla frontiera e offrire la prima accoglienza. Ancora, in Ungheria e in Romania, in diverse città, cerchiamo di organizzare la seconda accoglienza. A tutti chiedo di aiutarci facendo una donazione al link qui http://santegidio.org/ucraina.

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