254 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito
Guerra in Ucraina

“Arriveremo a Mosca, Belgorod è solo l’inizio”: parla il leader della ribellione russa Ponomarev

L’intervista di Fanpage.it a Ilya Vladimirovich Ponomarev, rappresentante politico della Legione per la libertà della Russia (Frl), una delle due unità combattenti penetrate nei giorni scorsi in territorio russo nell’oblast di Belgorod: “Allo studio nuove incursioni sul territorio della Federazione. Contatti con uomini del Cremlino che potrebbero diventare alleati contro lo zar”. I neo-nazi? “Fratelli in armi”, per ora.
A cura di Riccardo Amati
254 CONDIVISIONI
Immagine
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

L’obiettivo finale è "arrivare a Mosca". Dove sono in corso "contatti con persone anche vicine a Putin che potrebbero in futuro allearsi con la resistenza". Le incursioni all’interno della Federazione "si ripeteranno". E poco importa se alcune formazioni di partigiani pullulano di estremisti di destra: "Al momento siamo solo russi e fratelli in armi, le questioni politiche le risolveremo poi alle urne in una Russia finalmente libera e democratica. E noi liberali batteremo senz’altro l’estrema destra".

L’ufficio è lo stesso ma Ilya Vladimirovich Ponomarev non è in giacca e cravatta come l’ultima volta che ci siamo collegati in video-conferenza. Ha addosso una giubba militare con sul petto una spilla azzurra e bianca, come la bandiera appoggiata al muro alle sue spalle. Sono i colori della Russia libera. È seduto alla scrivania, ha la barba di quattro giorni e l’aria stanca ma soddisfatta. È di buon umore e scherza sull’ora tarda — a Kiev sono le 10:30 di sera — e sulla eccessiva loquacità dei giornalisti.

Ilya Vladimirovich Ponomarev.
Ilya Vladimirovich Ponomarev.

Ponomarev, facoltoso imprenditore nato a Mosca 48 anni fa, è il rappresentante politico della Legione per la libertà della Russia (Frl), una delle due unità combattenti penetrate nei giorni scorsi per oltre quaranta chilometri in territorio russo nell’oblast di Belgorod, creando confusione e rabbia a Mosca.

Fino al 2016 era un deputato della Duma, la Camera della Federazione. Nel 2014 fu l’unico parlamentare a votare contro l’annessione della Crimea. Precedentemente, era stato l’unico a non votare a favore della legge sulla “propaganda gay”, preferendo astenersi. Accusato di appropriazione indebita in un procedimento da lui definito "motivato politicamente", espulso dalla Duma, si è rifugiato in Ucraina e ne ha poi preso la nazionalità.

Per i suoi detrattori, è poco più di un millantatore che vuol rilanciare la sua carriera politica in un ipotetico dopo-Putin. Sono sempre di più, però, gli osservatori che lo ritengono l’ispiratore e il finanziatore della resistenza armata in Russia.

Ilya Vladimirovich, quali erano gli obbiettivi dell’operazione in territorio russo?

"Un obiettivo era politico, oltre che militare: liberare parte del territorio russo, far sventolare i colori bianco e azzurro della Russia libera (Ponomarev indica la bandiera alle spalle). Dimostrare ai russi che la liberazione del Paese è iniziata. E ispirarli, provando che la resistenza contro il regime e le azioni dei partigiani possono essere efficaci al punto di prendere il controllo di alcuni villaggi e di decine di chilometri di territorio. Contiamo così di attrarre nuovi patrioti nella lotta partigiana".

E dal punto di vista strettamente militare, cosa volevate ottenere?

"Una distrazione delle forze armate russe, che sono state effettivamente richiamate dai fronti in Ucraina per intervenire in difesa del proprio territorio nazionale. Abbiamo creato sconcerto e indotto movimenti non preventivati da parte del nemico".

Immagine

Tatticamente questo può essere d’aiuto alla incombente controffensiva di Kiev…

"Sì, questo era tra gli obiettivi tattici prioritari".

Lei ha sempre detto che le azioni dei partigiani anti-Putin in territorio russo sono lanciate in pena indipendenza da Kiev. Non mi pare sostenibile. Impossibile che l’Sbu e l’esercito ucraino non fossero a conoscenza di un’azione così clamorosa.

"L’Sbu si occupa di spionaggio e c’entra davvero poco in tutto questo. Ma è ovvio che le forze armate di Kiev erano informate. E hanno dato luce verde all’operazione. Le truppe che sono entrate nel territorio russo fanne parte della Legione internazionale dell’esercito ucraino. Una cosa però è dare semplicemente un via libera e un’altra è organizzare e mettere in pratica un’azione militare di questo tipo. Dalla logistica alla linea di fuoco, tutto è stato fatto da russi. Nessun soldato di nazionalità ucraina ha messo piede sul suolo della Russia. È stata un’operazione di russi all’interno della Russia, condotta con mezzi corazzati sottratti all’esercito di Putin. Non son stati utilizzati armamenti occidentali, tra l’altro. Ah, no: forse un paio di fuoristrada erano di marca americana. (Ride. Il riferimento è alle foto di un paio di autoblindo statunitensi Humvees danneggiati diffuse dal ministero della Difesa russo, ndr)".

Quindi, avete usato mezzi americani?

"Ma nemmeno per sogno. Quelle foto son state mostrate in televisione per propaganda. La mimetizzazione è sbagliata. Il luogo è diverso. Il debunking è fin troppo facile per chi conosce un minimo la zona e le nostre forze. Noi abbiamo utilizzato solo mezzi abbandonati dall’esercito russo. A parte alcune automobili che non so neanche dire di quale provenienza fossero".

Gli Stati Uniti hanno preso le distanze dalla vostra operazione.

"Washington ha solo precisato di “non averla incoraggiata”. Non significa che la ritenga inutile o che si opponga a questo tipo di azioni".

Conferma che non avete avuto perdite?

"Purtroppo devo annunciare che due dei nostri soldati sono stati uccisi durante l’azione e una decina sono rimasti feriti".

I russi hanno contato 70 cadaveri, fra i vostri.

"Falso. Pura propaganda".

E quanti dei soldati di Putin sono morti?

"Difficile per noi calcolarlo con precisione. Senz’altro alcune decine".

Vittime tra i civili?

"Grazie a Dio nessuna, nonostante i rischi fossero alti. Devo dire che siamo stati fortunati. Mosca ha parlato di un’anziana morta per infarto. Può darsi che sia vero e mi dispiace molto. Ma nessun civile è morto per causa diretta della nostra operazione militare".

Come avete fatto a travolgere le difese russe? Cosa dimostra l’operazione a questo proposito?

"Dimostra che nelle forze armate e nel sistema di sicurezza della Russia regna una profonda disorganizzazione e una grave carenza di mezzi, frutto di anni ed anni di corruzione e di pressappochismo. Cercano di rimediare con la propaganda. Che naturalmente non basta, quando si tratta di combattere".

Ripeterete azioni del genere? State allestendo altre mini-invasioni della Russia?

"Intraprenderemo certamente altre operazioni di questo tipo in territorio russo. Ripeto: il nostro obiettivo è liberare la Russia dalle spire di questo regime. Intanto, continuano con cadenza pressoché quotidiana, da parte di altri gruppi di partigiani, i sabotaggi e gli attacchi a obiettivi militari, come i centri di reclutamento, e alle infrastrutture utilizzate a scopi militari, come i trasporti ferroviari. Ma torneremo anche a liberare territori della Federazione".

Non mi dirà che pensate di arrivare fino a Mosca?

"Alla fine il piano è quello (ride). Ci vorrà del tempo. Ma sì, un giorno noi partigiani saremo a Mosca e Putin non sarà più al Cremlino. Il conto alla rovescia per la fine del suo regime lo ha iniziato egli stesso il 24 febbraio dello scorso anno, invadendo l’Ucraina".

A proposito di Cremlino, i droni che all’inizio di maggio hanno colpito di striscio la cupola del Senato nella cittadella del potere moscovita li avete mandati voi col via libera dell’Ucraina o era tutta una messa in scena da parte dei russi?

"Certo che erano nostri (Ponomarev ride di gusto). È stato un vero attacco, altro che “false flag”. E anche parecchio efficace, come attacco: il regime per paura di altre azioni simili ha dovuto ridimensionare fino ai minimi termini la parata militare del 9 maggio (festa nazionale per la vittoria nella Seconda guerra mondiale: alla parata ha sfilato un solo carro armato “vintage” invece delle abituali decine e decine di mezzi moderni, ndr). A dimostrare che non è stata una commedia organizzata dai servizi russi ci sono anche le registrazioni telefonate tra pezzi grossi vicini al governo inorriditi dall’accaduto (lo ha riportato il 24 maggio il New York Times, ndr)".

Segni di proiettile nei pressi di Belgorod
Segni di proiettile nei pressi di Belgorod

Tornando all’operazione nell’oblast di Belgorod: c’erano quattro battaglioni della Frl, di cui lei — che si definisce liberale progressista — è il rappresentante politico, e un battaglione della Forza dei volontari russi (Rvc), che si dichiara di estrema destra. Il suo leader, Denis “Nakitin” Kapustin è ritenuto un “suprematista bianco” e un neo-nazista. Con degli amici così non è che date ragione alla propaganda del Cremlino che dice di combattere il nazismo?

"Con i volontari della Rvc siamo fratelli in armi, anche se probabilmente la pensiamo in modo molto diverso. Combattiamo un nemico comune, che è il regime di Vladimir Putin, e abbiamo un obbiettivo comune: una Russia libera e democratica. Io sono liberale. La maggior parte dei nostri, nella “Legione” e non solo, sono politicamente dei moderati.

Non so quanti della Rvc siano di estrema destra. Di sicuro, quando la Russia sarà libera e democratica, noi liberali saremo strenui avversari dell’estrema destra. E credo proprio che la batteremo alle elezioni, conoscendo il Paese e anche l’andamento dei cicli della storia. Ma questo è il futuro. Nel presente c’è in corso una guerra e se gli alleati sono leali, combattono con coraggio e non condizionano la lotta a particolari esiti politici, sono — appunto — fratelli in armi. Poi, ce la vedremo. Con gli strumenti della democrazia".

Lei ha contatti anche con un’altra organizzazione della resistenza russa, l’Esercito nazionale repubblicano (Nra). Che ha rivendicato, proprio per suo tramite, l’assassinio di Darya Dugina, figlia del sedicente filosofo putinista Alexander Dugin, e del blogger ultranazionalista russo Vladlen Tatarsky, alias Maxim Fomin. Due attentati dinamitardi: terrorismo, accusa il Cremlino. Con qualche ragione, mi pare. Lei promuove il terrorismo?

"No. Quello che noi stiamo facendo è il contrario del terrorismo. È anti-terrorismo. Perché la Russia è uno Stato terrorista, come hanno riconosciuto più istituzioni internazionali (tra le quali il Parlamento europeo, ndr). E il suo leader è un criminale con sulle spalle un mandato di cattura della Corte penale internazionale.

Un uomo che fa uccidere sistematicamente i suoi oppositori politici. E che ora uccide gli ucraini. Noi stiamo colpendo alcune persone chiave del suo regime. Propagandisti, ideologi, uomini di governo e militari sono nel nostro mirino. È una guerra. Quindi colpiamo il nemico. Rispettando le convenzioni e il diritto internazionale. Senza toccare i civili, puntando solo a obbiettivi legittimi".

Con le bombe però si fa presto a fare vittime civili. La Dugina è morta al posto di suo padre, che era il vero bersaglio.

"È vero che il bersaglio era il padre".

Una figura che sta diventando sempre più ingombrante nella Russia di Putin è Yevgeny Prigozhin, il fondatore e finanziatore del gruppo di mercenari Wagner. I suoi attacchi al ministro della Difesa Shoigu, ai militari e al governo — Putin escluso — potrebbero  farne un vostro futuro alleato?

"No, mi pare davvero improbabile. Prigozhin è un servo di Putin ed è soprattutto un uomo d’affari. Vuol solo fare soldi. Credo che alla fine si distanzierà da questa guerra e da Mosca. Non vuole affondare insieme al regime. Si distanzierà anche fisicamente: lo vedo bene in Africa, dove ha tanti interessi. Poi magari vorrà tornare se cambiano le cose. Ma non potrà mai essere un nostro alleato. È una persona troppo sporca. Non ha nulla a che vedere con la Russia che noi vogliamo".

E se non Prigozhin, chi? Certo lei avrà ancora molti contatti a Mosca. Anche con persone vicine al potere. State coltivando qualche alleanza alla corte di Putin? Qualcuno che potrebbe facilitare un rivolgimento o addirittura operare un golpe?

"Abbiamo contatti. Anche in alto. Ma sono tutte persone che al momento hanno come primo obbiettivo quello di salvare se stesse. Solo quando le cose si metteranno ancora peggio per il regime potrebbero agire, e diventare davvero nostri alleati".

Vuol dire che state parlando di un’azione contro Putin con qualcuno dentro allo stesso Cremlino?

"Potrebbero essere governatori regionali, o persone vicine a Putin. Posso solo dire che i contatti ci sono. E che non è ancora giunto il momento di usarli per agire. Ma quel momento arriverà".

254 CONDIVISIONI
4234 contenuti su questa storia
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views