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Arabia Saudita, 10 giudici rischiano la pena di morte: “Condanne troppo morbide agli attivisti”

I giudici sono stati tutti accusati di alto tradimento. Tra loro c’è anche il magistrato che ha permesso all’attivista 33enne Loujain Al Hathloul di tornare libera dopo aver trascorso oltre 1000 giorni in prigione, durante i quali ha subito torture e violenze.
A cura di Biagio Chiariello
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Abdullah bin Khaled al-Luhaidan
Abdullah bin Khaled al-Luhaidan

Dieci giudici dell'Arabia Saudita rischiano la pena di morte dopo essere stati giudicati "troppo morbidi con gli attivisti per i diritti delle donne". L'accusa che si trovano a dover affrontare è alto tradimento – punibile con la vita nel Paese arabo – dopo aver firmato delle confessioni in cui ammettevano di essere stati troppo ‘indulgenti' nei casi riguardanti la sicurezza dello Stato.

In particolare uno dei giudici, Abdullah bin Khaled al-Luhaidan, avrebbe permesso alla nota attivista per i diritti delle donne, Loujain al-Hathloul di tornare libera in maniera troppo semplice. La 33enne, che che si batte per l'affermazione dei diritti delle donne nel suo Paese e in un'occasione ha condiviso il palco di One World con Meghan Markle, è tornata in libertà il 10 febbraio dopo oltre 1000 giorni di carcere.

Arrestata nel maggio 2018, il 28 dicembre 2020 Loujain al-Hathloul era stata condannata a cinque anni e otto mesi per spionaggio in favore di una potenza straniera e cospirazione contro il regno saudita, solo per aver svolto campagne per i diritti delle donne come quelle per l’abolizione del divieto di guida e del sistema del “guardiano” maschile. Lo sconto di pena concesso da Abdullah bin Khaled al-Luhaidan e la sottrazione dei due anni e mezzo già trascorsi in prigione hanno portato alla scarcerazione.

Secondo quanto afferma la famiglia, l'attivista durante l'isolamento è stata torturata, violentata, sottoposta all’elettroshock e al waterboarding.

Loujain al-Hathloul
Loujain al-Hathloul

Un rapporto di Democracy for the Arab World Now (DAWN), che si batte per le riforme in Medio Oriente, afferma che il principe ereditario Mohammed bin Salman sta sostituendo questi giudici con "lealisti intransigenti" che stanno esaminando una serie di processi di attivisti politici e personalità note su Twitter e hanno già iniziato ad aumentare drasticamente le condanne a due donne saudite per il loro uso dei social media.

Lo scorso agosto, la condanna della studentessa di dottorato dell'Università di Leeds, Salma al-Shehad, è stata portata da 8 a 34 anni per aver aiutato i dissidenti che cercavano di "turbare l'ordine pubblico" ritwittando i loro post e pubblicando "false voci". La 34enne il cui account Twitter ha 2700 follower, è stata arrestata mentre era in vacanza in Arabia Saudita nel 2021.

Nel frattempo Nourah al-Qahtani, madre di cinque figli, ha visto aumentare la sua pena da 13 a 45 anni per aver utilizzato Twitter per "sfidare" i leader del Paese.

Dei giudici accusati di alto tradimento, sei provengono dal Tribunale Penale Specializzato, utilizzato per perseguire i casi di "terrorismo", e quattro dall'Alta Corte, la Corte Suprema del Paese.

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