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Alyona Polyn, la “strega di Putin” condannata a 2 anni di carcere: lanciava incantesimi contro nemici del Cremlino

Chi è liona Polyn, al secolo Elena Sulikova, conosciuta anche come la “strega di Putin”, per aver lanciato – a suo dire – incantesimi contro i nemici del Cremlino, e che è stata condannata in Russia a due anni di carcere per “incitamento all’odio”.
A cura di Ida Artiaco
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È stata condannata a due anni di carcere per "incitamento all'odio" ed "estremismo" Aliona Polyn, al secolo Elena Sulikova, conosciuta anche come la "strega di Putin", per aver lanciato – a suo dire – incantesimi contro i nemici del Cremlino e per rafforzare la leadership del presidente. Ma nonostante i suoi riti magici a favore dello zar, non è riuscita a salvarsi dai guai giudiziari. Così un tribunale di Mosca si è pronunciato a favore della sua condanna, che è stata emessa nei giorni scorsi.

A far cadere in disgrazia la donna, 45 anni, secondo le motivazioni della procura moscovita, è stato un libro intitolato "Il mio nome è Polyn", presentato a suo tempo come un'opera che "cerca coloro che hanno chiesto al Cielo la felicità, coloro che hanno desiderato possedere la Forza". Il volume, che secondo i giudici del tribunale di Ivanteyevka è stato scritto tra il 2020 e il 2023, sarebbe stato "finalizzato a incitare all'odio", a "umiliare la dignità" del clero ortodosso e a "minacciare e incitare alla violenza contro queste persone": conclusioni a cui la corte è arrivata dopo una "approfondita analisi forense di carattere psicologico, linguistico e religioso". Avrebbe in altre parole incitato alla violenza contro praticanti di "religioni tradizionali".

Del libro erano state stampate 200 copie, messe in vendita su una piattaforma online. Alyona Polyn, diventata famosa dopo la parteipazione come concorrente al reality show "Bitva Ekstrasensov", la versione russa di America's Psychic Challenge, è stata arrestata per questo caso a giugno 2024.

In quel momento, gli agenti hanno sequestrato diversi oggetti in suo possesso, tra cui pipistrelli mummificati, pugnali rituali, teschi e un altare. In sede di giudizio, la donna ha "pienamente riconosciuto la propria responsabilità rispetto ai reati contestati".

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