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Erdoğan, il boomerang di Gezi Park

La violenta repressione della protesta ecologista che s’oppone alla riconversione del romantico giardino diventa per il premier islamico uno scottante caso politico.
A cura di Enrico Campofreda
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Intenzionato a celebrare i fasti di un’Istanbul globalizzata, così come il terzo ponte sul Bosforo dell’italiana Astaldi e il canale parallelo che dovrebbe collegare Mar di Marmara e Mar Nero, il progetto di riconversione del Gezi park nel cuore cittadino può diventare un pesantissimo boomerang sulla testa di Erdoğan. La linea dura con cui il suo governo ha scelto di sgomberare la protesta di centinaia di ecologisti e giovani è ormai un caso politico. I manifestanti volevano impedire alla ditta appaltatrice il taglio delle piante e lo sbancamento dell’area, gli agenti antisommossa gli hanno riservato manganellate, lacrimogeni, gas urticanti, getti d’acqua a pressione e da ieri anche pallottole di gomma e taluni testimoni dicono di piombo. Stamattina notizie ufficiose sul web parlavano di uno o più morti. Sicuramente ci sono centinaia di feriti, alcuni rispondono a nomi noti come il deputato del partito della Democrazia e della Pace Sırrı Süreyya Önder. La protesta che s’è accresciuta proprio a seguito dell’uso indiscriminato della repressione contro elementi inizialmente pacifici vede ora attivi i militanti dei partiti d’opposizione al governo islamico, per ora prevalentemente repubblicani, e sono comparsi bottiglie molotv e incendi.

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Il luogo conteso è un angolo antico che si trova in una zona centralissima, naturale belvedere sul Bosforo. A fianco c’è piazza Taksim e l’Istiklal Caddesi che degrada attraverso la torre di Galata sull’omonimo ponte. Luoghi magici, descritti dal nobel della letteratura Pamuk in quel monumento in prosa che prende il nome della città stessa. Luoghi che hanno subìto trasformazioni già prima del nuovo piano urbanistico di cui si fa vanto il partito della Giustizia e dello Sviluppo. Ma l’accelerazione che la Turchia dal volto islamico moderato ha intrapreso da tempo, mostrando con orgoglio un Pil a due cifre, ha i contorni implacabili del business che coinvolge imprenditori, ceti medi e anche manodopera operaia. E’ il cemento interclassista che da un decennio fa la forza del partito di governo a un passo dalla maggioranza assoluta (49,7% alle ultime elezioni). All’enorme impulso economico e a un aumento del livello di vita, sintetizzati nel termine sviluppo ricordato nel nome del partito di potere, i critici puntualizzano che non segue un vero progresso basato anche su libertà di pensiero e azione. Gli eccessi repressivi di questi giorni nelle centralissime vie di Istanbul e nei limitrofi quartieri di Tarlabasi, Besiktas dimostrano una gestione politica e amministrativa tutt’altro che unanimi e pacificate.

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