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Elezioni politiche 2018

Elezioni, cosa succede dopo il 4 marzo: a chi dovrebbe andare l’incarico di formare il governo

Dopo il voto del 4 marzo potremmo trovarci di fronte a uno scenario molto incerto, senza alcuna maggioranza di governo. Quali sono le tappe del post-voto e a chi il presidente della Repubblica Sergio Mattarella potrebbe affidare l’incarico di formare un governo?
A cura di Stefano Rizzuti
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Le elezioni politiche del 4 marzo potrebbero far emergere un quadro molto confuso, senza un chiaro vincitore e con la formazione di un governo molto lontana, in assenza di una maggioranza certa in Parlamento. Gli scenari che si aprono a partire dal 5 marzo sono tanti: si va da un ritorno alle urne alla decisione, da parte del presidente della Repubblica Sergio Mattarella, di affidare l’incarico a chi ha più chance di trovare il sostegno in Parlamento. Altra ipotesi è quella di tornare alle urne solamente dopo l’approvazione di una nuova legge elettorale.

Le tappe del post-voto

Dopo le elezioni, tra l’8 e il 9 marzo i deputati e i senatori si registreranno in Parlamento. La prima seduta delle Camere sarà il 23 marzo. Al Senato sarà presieduta dall’esponente più anziano, ovvero l’ex presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Alla Camera dall’ex vicepresidente che nella scorsa legislatura ha ottenuto più voti per essere eletto: in caso di rielezione sarebbe Roberto Giachetti (che però dovrebbe vincere il suo collegio uninominale, non avendo alcun ‘paracadute), altrimenti Luigi Di Maio (secondo vicepresidente più votato nella scorsa legislatura e quasi certo della sua rielezione) o Maurizio Lupi (anche lui non certo della rielezione).

Nella prima seduta si procede alla proclamazione degli eletti e all’elezione dei nuovi presidenti. Al Senato nelle prime tre votazioni serve la maggioranza assoluta per scegliere il nuovo presidente: in caso di mancata elezione ci sarebbe un ballottaggio a due. Alla Camera il sistema è più complesso: nei primi tre scrutini serve la maggioranza dei due terzi, poi si va avanti fino all’elezione con la necessità di trovare una maggioranza assoluta. Il 25 marzo verranno poi comunicate le iscrizioni ai gruppi, mentre il 27 si dovrà eleggere il presidente di ogni singolo gruppo. Tra fine marzo e inizio aprile, a elezioni dei presidenti delle Camere avvenute, il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni darà le sue dimissioni (rimanendo in carica per gli affari correnti), dando così inizio alle consultazioni.

A chi può dare l’incarico Sergio Mattarella

Una volta iniziate le consultazioni, al presidente della Repubblica Sergio Mattarella spetterà il compito di conferire l’incarico a un presidente del Consiglio in pectore, che dovrà trovare una maggioranza che lo sostenga in Parlamento. Secondo quanto fatto trapelare dal Quirinale, Mattarella dovrebbe orientarsi per l’affidamento dell’incarico a chi ha più chance di trovare un accordo, indipendentemente da chi sia il primo partito, come avvenuto nelle ultime elezioni. Ritornando, dunque, a una prassi tipica della prima Repubblica, grazie soprattutto alla nuova legge elettorale che prevede un meccanismo per due terzi proporzionale senza premio di maggioranza. Ma a chi potrebbe affidare l’incarico Mattarella? Ecco le ipotesi in campo.

Prima ipotesi: incarico alla coalizione di centrodestra

Sulla base degli ultimi sondaggi pubblicati (ormai oltre una settimana fa), chi si avvicina di più alla possibilità di una maggioranza in Parlamento è la coalizione di centrodestra. Se Forza Italia, Lega, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia-Udc dovessero raggiungere più della metà dei seggi (impresa possibile grazie ai collegi uninominali nei quali viene eletto il candidato con più voti), il compito per Mattarella sarebbe semplice. Il capo dello Stato potrebbe però decidere di affidare l’incarico al centrodestra anche in caso di mancata maggioranza: se dovessero mancare pochi seggi, la coalizione potrebbe cercare qualche altra alleanza in Parlamento per provare a governare, anche se ad oggi sembra difficile pensare a qualche forza politica (in grado di entrare in Parlamento) intenzionata ad appoggiare Berlusconi, Meloni e Salvini. Inoltre, in caso di vittoria elettorale del centrodestra con Forza Italia primo partito, Mattarella avrebbe un’altra questione da risolvere: capire chi sarà il suo interlocutore, considerando che il partito di Berlusconi non ha ancora ufficializzato il nome del suo candidato premier, nonostante si parli insistentemente del presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani.

Seconda ipotesi: incarico al M5s

Sempre sulla base degli ultimi sondaggi pubblicati, il MoVimento 5 Stelle dovrebbe essere il primo partito e anche il primo gruppo parlamentare. Ma ben lontano dall’avere i numeri per una maggioranza di governo. Mattarella potrebbe però decidere – in caso di mancata maggioranza assoluta per il centrodestra – di conferire l’incarico a Luigi Di Maio che dovrebbe, a quel punto, cercare voti che lo sostengono all’interno del Parlamento. Non a caso, il capo politico del M5s sta già cercando una convergenza con altri partiti, appellandosi ai leader politici su alcuni punti come il dimezzamento degli stipendi dei parlamentari e l’introduzione del vincolo di mandato. Difficile, però, pensare che qualche forza politica possa accettare di sostenere un governo pentastellato, soprattutto senza avere in cambio poltrone, come affermato da Di Maio. Il M5s potrebbe rivolgersi a Lega e FdI o, guardando dall’altra parte, a Liberi e Uguali. Ma sembrano ipotesi poco realizzabili al momento: e ancora meno probabile sembra l’ipotesi di un governo di larghe intese con Forza Italia o Pd.

Terza ipotesi: incarico al centrosinistra a guida Pd

C’è poi un’altra ipotesi, anche se sembra quella meno probabile al momento. Nel caso in cui nessuno raggiunga la maggioranza, il capo dello Stato potrebbe valutare di affidare l’incarico alla coalizione di centrosinistra o al Pd. Mattarella potrebbe ritenere che la coalizione di centrosinistra abbia più chance (soprattutto se dovesse avere – sommando tutti i voti – più seggi del M5s) di trovare un accordo con altre forze politiche, per esempio LeU. Ma potrebbe non bastare e dover cercare un sostegno anche da parte di Forza Italia, puntando su un nome poco divisivo come quello di Gentiloni. Però questa ipotesi viene per ora esclusa sia da Fi che dal Pd. Mattarella potrebbe inoltre affidare l’incarico al Pd (con la sua coalizione) nel caso in cui il gruppo dem in Parlamento sia più nutrito di quello del M5s: ipotesi secondo i sondaggi difficile, ma da non escludere sia per la ripartizione dei voti (favorevole al Pd) nel caso in cui le altre liste della coalizione non raggiungano la soglia di sbarramento, sia perché il M5s potrebbe avere sin da subito delle defezioni nel suo gruppo dopo il caso rimborsopoli e in seguito alle espulsioni annunciate da Di Maio per altri candidati.

Quarta ipotesi: le larghe intese

Tutti i partiti si dicono contrari a un governo di larghe intese. Eppure, stando ai sondaggi di oltre una settimana fa, sembra questa l’unica ipotesi di governo possibile. Il capo dello Stato potrebbe quindi cercare di formare un governo appoggiato da tutte le forze moderate (Fi, Pd, NcI, +Europa, Cp, Insieme, e magari anche LeU) per raggiungere la maggioranza. Una ipotesi che potrebbe farsi largo soprattutto in caso di mesi di trattative senza successo e di incarichi conferiti senza alcun risultato. Un po’ ciò che è successo in Germania dove Angela Merkel, dopo cinque mesi, ha trovato un accordo con Martin Schulz per un nuovo governo di larghe intese tra cristiano-decmoratici e socialdemocratici. E l’argomento che Mattarella potrebbe giocare è quello dello spettro del ritorno al voto: punto che potrebbe non giovare né a Renzi, né a Berlusconi.

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