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Il caso banca popolare di Bari

Popolare di Bari, perché i vertici spingevano i dipendenti a vendere assicurazioni agli sportelli

Dietro le pressioni dell’amministratore delegato De Bustis ai direttori di filiale a vendere polizze assicurative si nasconde il legame tra la banca barese e il colosso assicurativo inglese Aviva. Che in cambio del collocamento dei suoi prodotti, avrebbe comprato azioni della banca. Con i soldi dei correntisti.
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Unit linked, index linked, polizze con gestione separata, polizze temporanee caso morte, polizze infortuni, polizze pensionistiche: una giungla. Molte persone mi chiedono delucidazioni su questi prodotti assicurativi che scoprono, come un pacco di Natale sotto l’albero, di avere tra i loro investimenti. Per oltre un ventennio in banca se n’è venduta parecchia, di questa merce, tanto che oggi nei portafogli degli italiani la probabilità che sia presente (o sia stato presente) un prodotto del genere è quasi pari al 100%.

È vero che quello di proteggersi contro i rischi è uno dei bisogni più antichi dell’uomo, ma è altrettanto vero che spesso i risparmiatori italiani non sanno neppure perché hanno sottoscritto una polizza assicurativa. Perché, lo ripetiamo da tempo, in banca non si acquistano prodotti. Nessuno o quasi entra in banca con l’idea precisa di comprare qualcosa. In banca, purtroppo, i prodotti si vendono solo perché c’è qualcuno che ti pressa per acquistarli.

Ecco perché mi sono meravigliato riascoltando De Bustis che, eufemisticamente, “sollecita” i suoi manager  a “chiudere in fretta il budget” e si sofferma sulla mancanza di focalizzazione commerciale dei direttori filiali, definiti peggio dei “pellegrini” – spero nella accezione di estranei al contesto – perché “avete fatto solo un po’ di bancassurance (cioè, avete venduto pochi prodotti di bancassicurazione, polizze assicurative, ndr).”

Mi sono detto: ci deve essere un altro motivo per cui si spinge ancora sui prodotti di bancassicurazione visto che gli italiani si ritrovano, inconsapevolmente, assicurati anche contro il rischio di morte del loro cane. E soprattutto mi sono chiesto come si incastra questa anacronistica pressione commerciale con i blandi controlli della “vigilanza” che, come più volte ripetuto dall’amministratore delegato e dal presidente della banca, “ci sta a fianco?”

Tutto molto chiaro se ci si sofferma su quanto riportato nelle relazioni degli ispettori di Bankitalia: Banca Popolare di Bari aveva  stipulato un accordo commerciale con il gruppo assicurativo inglese Aviva che prevedeva che la banca collocasse (ancora) prodotti assicurativi della multinazionale britannica e quest’ultima acquistasse azioni della banca sul mercato secondario, cioè quelle poste in vendita (e mai vendute) dai circa 11.000 soci, molti dei quali non sapevano neppure di possedere tali titoli.

Un controvalore di circa 280 milioni di euro, quasi  un quarto del capitale della banca. Forse Bankitalia riteneva che tale accordo potesse favorire la capitalizzazione della banca e chiudeva un occhio sulle magagne del management?

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