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Clausole di salvaguardia, a volte ritornano: 20 miliardi da trovare nel 2020, 27 miliardi nel 2021

Il governo giallorosso avrà anche trovato i 23 miliardi di euro per disinnescare le clausole di salvaguardia dell’Iva per il prossimo anno, ma per il 2021 dovrà sterilizzare 20.124 miliardi di clausole tra Iva e accise che diventeranno circa 27 miliardi nel 2022. Il governo giallorosso ha solo messo in pausa la questione: questo non significa che quello dopo i cittadini non vedranno aumentate le tasse.
A cura di Annalisa Girardi
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Il governo giallorosso avrà anche trovato i 23 miliardi di euro per disinnescare le clausole di salvaguardia dell'Iva per quest'anno, ma per il 2021 dovrà sterilizzare 20.124 miliardi di clausole tra Iva e accise che diventeranno circa 27 miliardi nel 2022. Lo si legge nella relazione tecnica della manovra, aggiornata con le modifiche sulle accise introdotte in commissione al Senato.

In origine la manovra riduceva le clausole ereditate dai precedenti governi di circa 10 miliardi nel 2021 (si pativa da 28,753) e di circa 3 miliardi nel 2022. Nel 2021 andranno bloccati quindi aumenti dell'Iva per 18.903 miliardi e delle accise per 1.221 miliardi. Le stime per i prossimi anni in materia di Iva e accise sono della Ragioneria Generale dello Stato, che le ha inserite nella relazione tecnica del maxiemendamento alla manovra.

Che cosa sono le clausole di salvaguardia

Le clausole di salvaguardia non sono altro che delle norme che prevedono la variazione automatica di alcune tasse tenendo conto delle differenze che si possono presentare dal momento dell'entrata in vigore della legge che le contiene. Queste vengono introdotte con lo scopo di tutelare il conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica e garantire maggiori entrate nelle casse dello Stato, necessarie per tenere in ordine i conti. E per rispettare le direttive di Bruxelles per quanto riguarda i parametri del deficit.

Si iniziò a parlare di clausole di salvaguardia dell'Iva con il governo di Silvio Berlusconi negli anni della crisi economica: nel 2012, per poter approvare le misure contenute nella manovra l'esecutivo strinse un patto con l'Unione europea che lo impegnava a reperire circa 20 miliardi di euro entro una certa data, altrimenti avrebbe dovuto tagliare la spesa pubblica e aumentare allo stesso tempo le aliquote per Iva e accise. Vista l'aggravarsi della crisi il governo, presto l'esecutivo Berlusconi fu sostituito dal governo tecnico di Mario Monti. Che aumentò di fatto le aliquote Iva con il decreto Salva Italia.

Da quel momento i governi che si susseguono tentano uno dopo l'altro di disinnescare le clausole. Questo perché si tratta di decreti che aumentano la pressione fiscale, rispondendo all'esigenza di maggiori entrate per le casse statali. Le sterilizzazioni, come quella varata quest'anno dal governo, servono quindi per posticiparne gli effetti. Ma pare che una cancellazione totale sia semplicemente impossibile: il problema, sospeso per il prossimo anno, si ripresenterà infatti nel 2021. E poi nell'anno dopo, in modo ancora più serio.

Il problema è solo rinviato

I governi non fanno quindi altro che passarsi la patata bollente senza poter, di fatto, annullare il problema. E l'esecutivo di Giuseppe Conte non fa esclusione. Se nella manovra del 2019 si iscrivevano a bilancio clausole che prevedevano un aumento dell'Iva in mancanza di 23 miliardi per il 2020, l'incremento delle aliquote non è comunque una questione sorpassata.

Il problema, come abbiamo visto, si riproporrà infatti tra il 2021 e il 2022, quando dovranno essere sterilizzati prima 20 e poi 27 miliardi di aumenti dell'Iva. Il governo giallorosso ha solo messo in pausa la questione, trovando i 23 miliardi corrispondenti all'1,3% del Pil italiano. Le aliquote Iva non verranno aumentate per il prossimo anno, ma questo non significa che quello dopo i cittadini non vedranno aumentate le tasse.

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