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Un doppio pianoforte da suonare con mani e piedi: il pedalpiano

Uno strumento curioso, che si era quasi estinto fino a qualche anno fa, sta ora tornando nelle sale da concerto. Abbiamo seguito il Maestro Roberto Prosseda nell’allestimento del suo pedalpiano al Duomo di Ravello.
A cura di Luca Iavarone
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Sotto la denominazione "pedalpiano", "piano-pédalier" o "Pedalflügel", si cela la storia di uno strumento musicale poco conosciuto, formato da due pianoforti sovrapposti, che affonda le sue radici nell'antico clavicordo e clavicembalo con pedaliera. Pare che Mozart stesso ne possedesse un modello, un fortepiano a pedali costruito per lui da Anton Walter, e che lo usasse nelle improvvisazioni in pubblico. C'è chi ritiene, addirittura, che i bassi da lui segnati nel manoscritto autografo del concerto K 466 si riferissero alla pedaleggiatura del suo doppio strumento.

Sono solo ipotesi, ma certo è che Schumann volle nella sua casa di Dresda un Pedalflügel nel 1845 e, rimasto affascinato dalle potenzialità di questo strumento, gli dedicò alcune pagine magnifiche quali gli "Studi" op.56, gli "Schizzi" op.58, e le "Sei Fughe su B-A-C-H" op.60. Anche altri autori si confrontarono con il pedalpiano successivamente: da Franz Liszt, con la Fantasia e Fuga sul Corale "Ad nos, ad salutarem undam" dal Profeta di Meyerbeer, a Charles Valentin Alkan (1813 – 1888) che compose, tra le altre cose, "Dodici studi per soli piedi su pianoforte con pedaliera", il "Benedictus in Re min", "Undici Grandi Preludi" e una trascrizione dal "Messia di Haendel". Di lì a poco Charles Gounod arrivò a scrivere tre brani per pedalpiano e orchestra: la "Fantasia sull'Inno nazionale Russo", la "Suite Concertante" e la "Danza Rumena".

La recente riscoperta del pedalpiano da parte di alcuni pianisti, che hanno imbastito interi recital con repertorio dedicato, ha spinto anche molti compositori contemporanei a confrontarsi con la scrittura per questo strumento. È il caso, su tutti, di Ennio Morricone che, nel 2011, dedica "Quarto Studio Bis" per pianoforte con pedaliera a Roberto Prosseda, brillante e mai scontato interprete che ci ha permesso di seguirlo in una trasferta con il suo pedalpiano al Festival "Armonia" di Ravello, accordandoci la possibilità di filmare le varie fasi di assemblaggio di questo curioso pianoforte doppio.

Il Doppio Borgato
Il Doppio Borgato

Fino a qualche anno fa lo strumento suonato da Prosseda era stato il Doppio Borgato, costruito da Luigi Borgato, un accoppiamento di due gran coda da concerto, uno dei quali azionato da una pedaliera di 37 tasti. Una soluzione che, però, dava enormi problemi di costo negli spostamenti della tournèe, non essendo affatto agevole trasportare due gran coda in aereoplano. Perciò, spinto anche dalla richiesta oltreoceano dell'esecuzione del concerto di Gounod, il pianista di Latina si è trovato recentemente a pensare a una soluzione allo stesso tempo versatile e di qualità, che gli consenta di spedire ai concerti solo la pedaliera e ricreare un pedalpiano in loco usando due normali pianoforti a coda.

Ad accogliere la sfida l'organaro Claudio Pinchi di Foligno che in meno di un mese ha brevettato il "Pinchi Pedalpiano System", con l'aggiunta di tre registri, il 16, l'8 e il 4 piedi. Grazie a questa nuova funzionalità, dunque, è possibile creare nuove possibilità timbriche suonando con i pedali anche due e tre ottave contemporaneamente. Cambia, ovviamente, in maniera radicale il modo di suonare rispetto ad un organo: si usa meno la metrica quantitativa, si gioca di più con dinamica e articolazione e di meno con la durata delle note.

Prosseda ci ha da sempre abituati a repertori particolari e non scontati e, anche in quest'occasione a Ravello, non ha voluto smentirsi accostando alla "Passacaglia" in Do minore di Bach gli "Schizzi" di Schumann, passando per Morricone, Lupis e Alkan. Resta una questione aperta, ovviamente: se sia o meno "opportuno" suonare Bach sul pedalpiano. Filologico in senso stretto di sicuro non è, ma, se oramai può essere largamente accettata l'esecuzione del "Concerto Italiano" sulle moderne tastiere, non vediamo perché non debba essere tentata anche l'esperienza delle "Trio Sonate" sul pedalpiano. In fondo, cosa vien tolto alla perfezione della musica bachiana? Tuttalpiù, con uno zelo eccessivo, precluderemmo nuove suggestioni alle nostre orecchie del terzo millennio, così diverse, c'è da ammetterlo, da quelle di cinquecento anni fa.

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