Rkomi: “Con decrescendo ho superato violenze e abbandoni. La canzone di Sanremo? Peccato non sia stata ascoltata”

La carriera di Rkomi è un continuo processo di riscrittura di sé e dei luoghi comuni legati alla sua carriera. Lo è stato con Insuperabile dopo l'incredibile successo di Taxi Driver, lo è stato con lo stesso Taxi Driver dopo il trittico Dasein Sollen, Io in terra e Dove gli occhi non arrivano. Dopo la seconda partecipazione negli scorsi mesi al Festival di Sanremo 2025 con Il ritmo delle cose, che ha provocato non poche polemiche, soprattutto dopo alcune critiche sule modalità di canto, ha pubblicato L'Ultima infedeltà: la ricostruzione di un incidente domestico accaduto a sua madre, dopo l'addio a un anno di suo padre, ma anche una rivendicazione rispetto al 2016, all'amicizia e all'amore. Un racconto che negli anni ha tenuto segreto e che adesso trova la luce perché "sono anche consapevole che la mia vita è stata molto più bella di quel particolare momento e questo ti permette di buttare fuori tutto". Poi il ritrovo con alcuni degli artisti/amici con cui ha vissuto inizialmente la propria carriera: da Ernia a Ghali, passando per Izi, ma anche Lazza, Bresh e Nayt. Decrescendo è il nuovo album, uscito lo scorso 22 maggio, e "non è ancora il mio masterpiece". Qui l'intervista a Rkomi.
Partiamo dalla foto in copertina: se fosse stata scattata ora l’espressione sarebbe la stessa? Come sei arrivato a decrescendo.?
Mi sento onesto, come spesso mi sento di aver fatto quello che volevo fare, perché lo volevo fare. Non per qualche strategia, quindi provo grande tranquillità.
Può essere descritto come un album in cui ti liberi da qualche macigno, non solo personale, ma anche legato al tuo rapporto con l’industria musicale?
Mi libera assolutamente da alcuni macigni, ma perché questo è il compito della musica. Aggiungo che in qualche modo l'ho fatto anche con Taxi Driver, perché si differenziava dai miei progetti passati, forse anche da quello che stava circolando in quel momento lì. Mi permetto di dire che ha anche aperto le porte a quel mondo urban che poi è stato seguito da tanti artisti successivamente, anche con la partecipazione a Sanremo. Credo di essere stato il primo, tolto Rocco Hunt, anche con stili diversi, a buttarmi in quel ginepraio. Decrescendo. vuole essere la cosa più diversa possibile dai progetti passati.
Anche se trova punti di contatto, basta pensare a Orfani che sembra appartenere a un Rkomi del passato, quello di Dasein Sollen.
Sicuramente Orfani, ma anche l'intro che sembra uscire da Io in terra. Invece, legato a Taxi Driver vedo brani come Veleno o senza di te. Rispetto a quell'album ho cercato di evitare il più possibile le chitarre.
In che modo ti ha influenzato l'ultima esperienza sanremese e la maleducazione, in alcune occasioni, avuta nei tuoi confronti?
Lì per lì non me n'ero nemmeno accorto e vedendolo da lontano – ormai è passato qualche mese – non sono nemmeno sicuro sia maleducazione. In quel momento pensavo fosse ironico, poi dopo qualche settimana mi ha un po' appesantito, pensando anche un po' male dei modi che sono stati utilizzati. Adesso penso faccia parte del gioco: mi dispiace solamente per la canzone, perché non è stata minimamente ascoltata.
Secondo te perché?
Un po' me la immaginavo, anche per la classifica. Avrei fatto un'altra cosa se avessi voluto far parte della top 10, sia a livello di suoni che di testo. Il brano aveva un ritmo molto serrato, non entra nei canoni della canzone italiana. Però volevo fare una cosa giusta, per me importante.
C'è un passaggio in Vorrei: "Non so più come si sta là sotto, ora che è mia la vista della città, quante volte ci siam persi".
È una risposta anche alle domande del pubblico che mi vuole rap, più vicino ai primi progetti. È inutile che io finga di vivere le stesse cose, di essere allo stesso punto, vuole essere una critica anche a questo. Trovo pochi artisti a cui vengono chieste delle cose, dei testi, in maniera così opprimente come nel mio caso. E ogni tanto mi parte lo sfogo. Alcune volte mi sento come nella limousine del film Cosmopolis, mentre fuori ci sono rivoluzioni, però tu passeggi indisturbato: non mi voglio sentire così.
Ti ha pesato questo tipo di analisi del pubblico, dei fan?
No, più che altro ho accettato la cosa. È difficile mantenere una conversazione sui social e non sempre hai l'opportunità di parlare con le persone per davvero. Mi capita raramente in giro di ricevere commenti del genere, ma quando accade cerco di far entrare la persona nel mio pensiero.
Ti pesa di meno essere frainteso, musicalmente, rispetto al passato?
Mi interessa molto essere capito e quindi la cosa è molto diversa da persona in persona, perché mi obbliga a volermi spiegare meglio, quindi a crescere.
Quando hai scelto il titolo dell'album e perché Decrescendo.?
Credo proprio che l'espressione sia arrivata prima, anche prima de Il ritmo delle cose, nonostante poi abbia deciso di inserirlo, te lo porti in testa anche inconsciamente. Credo di essere arrivato all'espressione Decrescendo dopo l'intro e Così piccoli, brani molto importanti che mi riportavano indietro, oltre a un altro che uscirà in futuro e che è stato il primo che ho scritto.
Perché questo brano non è stato inserito?
Devo finire di ultimarlo, vorrei fare tutto ciò che è giusto fare per lui.
E cosa ha stimolato in te?
Mi ha portato a una profonda auto-analisi, anche dell'apatia, dei momenti no, dei blocchi, ma anche dei momenti di riconoscenza di vita. Da lì è nato un po' tutto. Inizialmente con odio, il progetto era destinato alla critica sociale, ma una volta che mi sono ritrovato ad avere di fronte le mie criticità, ho deciso di parlare di me stesso.
E si arriva diretti all'Ultima infedeltà, canzone autobiografica in cui parli del compagno violento di tua madre, dell'abbandono di tuo padre quando avevi un anno e di amicizie rotte.
Io sono sorpreso che un brano del genere non sia arrivato prima, anche se in fondo credo che arrivi soprattutto se sei in buoni rapporti con te stesso e con le persone che hai attorno, e se hai una brava psicologa. Credo di aver superato da molto quegli avvenimenti e per questo ne son riuscito a parlare: sono anche consapevole che la mia vita è stata molto più bella di quel particolare momento e questo ti permette di buttare fuori tutto.
Credi ci sia una correlazione tra la rabbia di quei momenti e tutto ciò che è avvenuto successivamente nella tua carriera musicale?
La stanchezza più della rabbia. La stanchezza di certe dinamiche, di certi aspetti del mondo lavorativo, di regolette, di eventi è stata completamente spazzata via. Grazie ad alcune istruzioni tratte dai film ho spazzato via il politicamente corretto. Ho preferito quello che voglio fare rispetto a quello che dovrei fare, il che non significa fare solamente ciò che mi piace, ma ho raggiunto un altro equilibrio.
Cosa ha significato per te riavere in un disco coloro con cui hai cominciato: da Ernia a Tedua, passando per Izi?
Sicuramente la grande voglia di tornare a stare insieme, condividendo la passione più grande che abbiamo. È stato importante anche per aggiornare le conversazioni anche perché abbiamo vite completamente diverse. Ci siamo detti spesso che volevamo anche dei brani da portare nei nostri concerti in futuro, per rappresentare al meglio anche il nostro rapporto odierno.
Credi che decrescendo. rappresenti anche un forte slancio narrativo che non si è avuto, con la stessa intensità, nei progetti precedenti?
Credo che gli ultimi dischi arrivino dopo altrettanti in cui mi sforzavo di vedere il buio e gli abissi: dopo Dasein Sollen e Io in terra avevo bisogno di spensieratezza, volevo alleggerire chi mi ascoltavo e me stesso.
Tu sei molto legato al tuo quartiere, che è Calvairate, molto vicino al Corvetto. Negli ultimi mesi si è molto parlato di questo quartiere in relazione al caso di Ramy Elgalm e in generale come periferia insicura. Credi che si pensi più a ghettizzare questi ragazzi più che a immaginare a qualcosa di diverso per loro? Soprattutto anche dopo aver aperto una palestra sociale proprio in quelle zone.
Non è tanto sbagliato dire che non arrivano grandi aiuti o grandi spazi: Milano è una città molto all'avanguardia ma non viene fatto il lavoro che si potrebbe fare. Non so qual è la soluzione, non me ne intendo, sicuramente si sta dando importanza ad altro. E la palestra sociale non è solo un luogo, una famiglia che diventa vita. Lì dentro si può aggregare chiunque condivide davvero questa passione con rispetto verso l'altro, con civiltà.
Pratichi ancora Muay Thai e come ti aiuta?
Assolutamente, mi mette in pace con me stesso. Non solo ti aiuta nell'atto fisico dello sfogo, ma è anche pensiero libero ed è un combattimento elegante: ti permette di danzare con i problemi.
decrescendo. è il disco della maturazione?
Avrò bisogno di un po' di tempo per dirti questa cosa: sicuramente mi sono scoperto molto, ma non credo sarà il mio masterpiece, come non lo è stato Io in terra. E questo mi dà tanta forza.