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La poesia da Gaza non salverà la Palestina, ma testimonia in diretta la distruzione di un popolo

“Il loro grido è la mia voce” (Fazi editore) è una raccolta di poesie di poeti di Gaza, versi che parlano della guerra in corso, testimoniando in diretta la distruzione di un popolo.
A cura di Francesco Raiola
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"Per scrivere una poesia non politica, devo ascoltare gli uccelli, e per sentire gli uccelli bisogna far tacere gli aerei da caccia" scrive Marwan Makhoul ispirandosi a Mahmud Darwish, uno dei poeti più famosi al mondo, voce dei palestinesi. Makhoul è uno dei poeti e delle poetesse che Antonio Bocchinfuso, Mario Soldaini e Leonardo Tosti hanno selezionato per la raccolta di poesie da Gaza "Il loro grido è la mia voce" (Fazi editore), una raccolta di testi scritti dopo l'attentato del 7 ottobre da parte di Hamas che ha ucciso oltre mille israeliani, e la risposta del Governo israeliano che ha raso al suolo Gaza uccidendo decine di migliaia di palestinesi in due anni, e distruggendo ospedali, scuole e case.

"La poesia è sempre stata una delle manifestazioni più importanti della cultura araba, sia alta che popolare – scrive Ilan Pappé, professore di Storia all'Istituto di studi arabi e islamici nella prefazione al libro che parla di genocidio -. In Palestina si è continuato a produrre poesia.nei peggiori momenti storici (…). Scrivere poesia durante un genocidio dimostra ancora una volta il ruolo centrale che la poesia svolge nella resistenza e nella resilienza palestinese". Versi – tradotti da Enrico Terrinoni – che descrivono in che modo le parole e la forma poetica siano necessarie a un popolo che da un secolo è costretto a essere esiliato nella propria terra.

Questa raccolta si caratterizza anche per versi che si chiedono cosa possa fare veramente la poesia: "In tempo di guerra non contare sui poeti / perché sono lenti come una tartaruga / che cerca invano di tenere il passo con un massacro / che corre come una lepre" scrive Makhoul in New Gaza, mentre in Versi senza casa scrive: "Potremmo non cambiare il mondo con ciò che scriviamo / ma potremmo graffiare la sua vergogna". Le poesie da Gaza sono poesie che parlano di fine, che fotografano in versi la distruzione di un popolo: in questi versi ci sono razzi e funerali e la morte permea tutto. 

"Il suono che sentiamo è il suono della morte che ci ha / superato per scegliere altri / siamo ancora vivi e sentiamo il suono della morte di altri che conosciamo (…) Chi sente il suono del razzo sopravvive" scrive Heba Abu Nada, poetessa che, purtroppo, è stata uccisa a Khan Yunis da un bombardamento israeliano. "Gioisci, o Gaza /non siamo più uccisi mentre il mondo dorme. / Il mondo è ben sveglio: balla e canta" scrive Yahya Ashour e sempre Makhoul si domanda: "Cos'è questa ossessione? / Parlo di morte in tutte le poesie, / anche se non arriva davvero /se non nell'ultima".

I poeti sono un'espressione di libertà e di denuncia e anche per questo "meritano", secondo alcuni leader israeliani, di essere perseguitati e uccisi, nella confusione di morti che riempiono i bollettini da Gaza e dalla Cisgiordania. Come Rafaar Alareer, autore di "If I must die" poesia che, dopo la morte avvenuta a seguito di un raid mirato dell'esercito israeliano, è stata tradotta in tutto il mondo. Sono proprio questi versi di Alareer che hanno portato i curatori a creare questa raccolta di poesie. La riportiamo per intero, nella tradizione di Enrico Terrinoni:

Se devo morire,
tu devi vivere
per raccontare la mia storia,
per vendere le mie cose,
per comprare un pezzo di stoffa
e qualche filo,
per farne un aquilone
(fallo bianco, con una lunga coda)
così che un bambino, da qualche parte a Gaza,
fissando il cielo negli occhi,
aspettando suo padre che è partito tra le fiamme –
senza dire addio a nessuno
neanche alla sua carne
neanche a se stesso –
veda l’aquilone, il mio aquilone che hai fatto tu, volare alto
e pensi, per un momento, che lassù ci sia un angelo
che riporta l'amore.
Se devo morire,
che porti speranza
che sia una storia

Questi sono tutti i poeti i cui versi sono stati scelti per questo libro: Hend Joudah, Ni’ma Hassan, Yousef Elqedra, Ali Abukhattab, Dareen Tatour, Marwan Makhoul, Yahya Ashour, Heba Abu Nada (uccisa nell’ottobre 2023), Haidar al-Ghazali e Refaat Alareer (ucciso nel dicembre 2023)

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