48 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Il lancio dello Sputnik, 62 anni fa. Ieri i Russi, oggi i Cinesi: lo spazio è sempre più “rosso”

Il 4 ottobre 1957 i Russi lanciarono lo Sputnik e mandarono in panico gli Stati Uniti col primo satellite artificiale dell’umanità. Una sonora batosta che la propaganda Comunista inflisse alla retorica Yankee in piena guerra fredda. Oggi, dopo oltre Sessant’anni, la battaglia nei cieli contro i Comunisti si ripropone con un nuovo avversario: la Cina.
A cura di Andrea Melis
48 CONDIVISIONI
fonte: Getty Images
fonte: Getty Images
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su

Per celebrare la Settimana mondiale dello Spazio non si può che partire da qui: lo Sputnik, ovvero in russo il "compagno di viaggio", una pallina in alluminio di appena 58 centimetri di diametro, con quattro esili antenne da due metri e mezzo e a bordo due radio trasmittenti che emettevano dei semplici "bip, bip" a due diverse frequente, un pacco batterie di zinco e argento che morì appena dopo 21 giorni, ma che bastò a mandare in visibilio mezzo mondo, e in grande panico l'america: l'uomo per la prima volta nella storia aveva occupato il cielo. Ed erano stati i Russi a riuscirci, dando un'accelerazione pazzesca ai contorni di quella Guerra Fredda che si era profilata tra le due superpotenze all'indomani della Seconda guerra mondiale.

Il lancio dello Sputnik: 4 ottobre 1957

Partito alle ore 19 e 28 minuti dal cosmodromo russo di Bajkonur, in Kazakistan, lo Sputnik viaggiava a novecento chilometri di altitudine sopra le nostre teste, e come unico strumento scientifico aveva a bordo un termometro. Ma a impressionare il mondo fu anche la sua rapidità: con un'orbita che viaggiava a ventinovemila chilometri orari, in poche ore dal lancio trionfalmente annunciato da Radio Mosca, lo Sputnik attraversò le coste mediorientali del mediterraneo, sorvolò Gerusalemme per poi proseguire sopra l'Africa e il deserto del Sahara, saltò in pochi minuti l'oceano Atlantico e l'Antartide per risalire il Messico e andare a finire appena cinquanta minuti dopo, proprio sopra le teste basite degli scienziati americani che se lo videro transitare allegramente nel cielo del loro centro spaziale di Huston.

I Russi si apprestavano mediaticamente e militarmente a infliggere il più grande smacco della storia americana: le folle impazzirono e si riversarono in strada per cercare di vedere il satellite con binocoli e telescopi, e tutti i radioamatori del mondo potevano facilmente intercettare quel "bip, bip" che arrivava dallo spazio, rendendo concreto ciò che fino ad allora poteva solo essere sognato: l'uomo aveva creato la sua prima luna artificiale. E a farlo era stato un comunista di nome Sergej Pavlovič Korolëv, ingegnere progettista di razzi, allievo niente meno che di Tupolev, colui che inventò oltre cento tipi di aerei a reazione moderni. Sebbene, in perfetto clima da Guerra Fredda, il vero nome di Korolëv fu svelato solo dopo la sua morte, mentre per tutta la vita il capo del programma spaziale Russo rimase un'entità fantomatica e venne chiamato semplicemente "Signor Capo Progettista".

Per capire il panico con cui l'accelerazione della conquista dello spazio da parte dei Russi colse il governo Statunitense,  basta immaginare l'impatto non solo scientifico (il tracciamento da Terra dello Sputnik fornì agli scienziati preziose informazioni: fu possibile dedurre la densità dell'atmosfera superiore dalla sua resistenza sull'orbita, mentre l'analisi della propagazione dei suoi segnali radio ha fornito dati sulla ionosfera) ma soprattutto quello sull'opinione pubblica. I giornali di tutto il mondo diedero un risalto devastante per la reputazione a stelle e strisce. Titoli come "la baby-Luna dell'umanità è Russa", o gli speciali Radio e Tv che si susseguirono per i tre mesi durante i quali lo Sputnik orbitò ben 1440 volte intorno alla terra, per poi andare a disintegrarsi nell'atmosfera al suo rientro il 4 gennaio 1958. Immaginiamo la NBC che interruppe le trasmissioni per annunciare il momento più importante nella storia dell'Umanità: l'uomo aveva conquistato lo Spazio. Le prime foto dello Sputnik scattate dagli Americani cominciarono a circolare imprimendosi per sempre nell'immaginario dell'umanità, nella cultura, nelle arti, nel design.

il New York Times dovette riconoscere ai Russi di aver lanciato nello spazio il simbolo della liberazione degli esseri umani dalle forze che li tenevano prigionieri nel pianeta Terra. il New Repubblic paragonò il 4 ottobre 1957 al giorno in cui Cristoforo Colombo scoprì l'America.  E anche lo scrittore di fantascienza più famoso di sempre, Arthur C. Clarke, sancì che il lancio dello Sputnik rappresentava uno dei momenti scientifici più importanti nella storia dell'umanità. Ma non solo.

L'elenco di intellettuali, artisti e poeti che cantarono quell'evento è lunghissimo, e si propagò fino alle latitudini italiane, che nella guerra fredda era impelagata col suo andamento ondivago tra comunisti e democristiani: il poeta Quasimodo scrisse sull'Unità dei versi dedicati "Alla nuova luna", ne scrissero Rodari nelle sue "Favole al telefono", e lo cantarono Giorgio Gaber, la Panini lanciò un album di figurine, e i designer dell'americana Harow crearono una poltrona che riprendeva la forma del satellite e delle sue antenne. Ultimo è stato Murakami nel 2001 a intitolare un suo celebre romanzo "La ragazza dello Sputnik".

Ma veniamo alla domanda finale, la vera sorpresa di questa storia. Come reagirono gli Americani? Dichiararono guerra? Fecero azioni di minaccia, militari, bellicose?
No. Con un atto di umiltà forse senza precedenti non poterono che prendere atto della loro inferiorità tecnologica e scientifica e diedero avvio a uno dei programmi di investimenti sulla cultura, sulla scuola e sulla ricerca senza precedenti.

Mentre in una devastante e rapida successione i Russi in pochi mesi lanciarono anche il primo essere vivente, la povera cagnetta Laika sullo Sputnik 2, e poi il  celebre lancio di Jurij Gagarin, primo uomo a volare nello spazio, portando a termine con successo la propria missione il 12 aprile 1961 a bordo della Vostok 1, gli U.S.A con  il presidente Eisenhower crearono la NASA, e diedero impulso a nuovi programmi educativi  per consentire alle nuove generazioni solide basi in scienza e tecnologia. Ci fu un enorme incremento del supporto alla ricerca scientifica. Nel 1959 il congresso ha incrementato i fondi per l'NSF (National Science Foundation) stanziando 134 milioni di dollari, quasi 100 milioni in più rispetto all'anno precedente. Nel 1968, il budget dell'NSF sarebbe arrivato a oltre 500 milioni di dollari.

Sebbene il mondo rimase col fiato sospeso al terrore di una guerra nucleare tra le due superpotenze, forse per la prima volta nell'Umanità la vera sfida si giocò sulle intelligenze, la cultura, la preparazione tecnica e scientifica, scommessa che nel lungo periodo diede ragione agli Stati Uniti consentendo loro di sbarcare per primi sulla Luna con l'ambizioso programma Apollo, aprendo una nuova era americana nell'esplorazione spaziale.

La retorica Yankee e la grancassa Hollywoodiana fecero il resto, complice la disgregazione dell'U.R.R.S, per colorare definitivamente lo Spazio di stelle e strisce nell'immaginario mondiale.
Finché, in una qualunque freddo gennaio di Sessant'anni dopo, un nuovo regime comunista, quello cinese, nel suo tipico e apparente silenzio laborioso, non ha stupito il mondo superando sia Stati Uniti che Russia in numero di lanci spaziali, e riuscendo nell'impresa tutt'altro che semplice, di sbarcare per la prima volta con un Rover sul lato nascosto della Luna, superando una serie indicibile di problemi complessi di comunicazione e ponti radio.

Un monito chiaro sul fatto che la corsa alla conquista dello spazio, e di Marte, e tutt'altro che scritta. E che ancora una volta potrebbero essere i "comunisti" a giocare un brutto scherzo alla superpotenza americana, troppo distratta e impantanata dalle mille guerre imperialiste di quaggiù, a costruire muri e dazi, dimenticandosi che il cielo ha per confini solo l'intelligenza e la scienza.

48 CONDIVISIONI
Immagine
Andrea Melis (Cagliari, 1979), grafico, videomaker e scrittore, ha pubblicato articoli di cultura, interviste, inchieste e racconti per riviste e quotidiani nazionali e stranieri. Tra i membri fondatori del Collettivo Sabot, ha firmato romanzi insieme ad autori come Massimo Carlotto e Francesco Abate, tra cui Perdas de Fogu (E/O, 2008). La sua prima opera in poesia, #Bisogni, una selezione di versi autoprodotta in mille copie grazie a una campagna di crowdfunding, è andata esaurita in poco più di un mese. Il suo ultimo libro è edito da Feltrinelli, Piccole tracce di vita. Poesie urgenti (2018). Collabora come autore di testi con artisti, illustratori, fotografi, musicisti e compagnie teatrali di tutta Italia. Scrive editoriali poetici per FanPage.it
Attiva le notifiche per ricevere gli aggiornamenti su
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views