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Di cosa parla Natale in Casa Cupiello, la commedia di Eduardo De Filippo stasera su Rai 1

Eduardo De Filippo ha scritto e riscritto ‘Natale in casa Cupilello’ per oltre quarant’anni, rivedendo di continuo la drammaturgia. Dall’atto unico che esordì in pieno fascismo a Natale del 1931 fino alla scrittura televisiva per l’adattamento del 1976. L’epopea di un capolavoro teatrale che non ha ancora smesso ciò che ha da dire.
A cura di Redazione Cultura
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Stasera tornerà in televisione, dopo molti anni, la commedia di Eduardo De Filippo intitolata "Natale in Casa Cupiello". Della pièce teatrale del grande drammaturgo e attore napoletano, dal debutto del 1931 in avanti, comprese le fondamentali revisioni che portarono l'atto unico a una rappresentazione in tre atti, come oggi la conosciamo, sono stati realizzati diversi adattamenti televisivi. Mitico resterà nella memoria degli italiani il ricordo di "Natale in Casa Cupiello" per il teleteatro di Eduardo nel 1977. Nel caso del film di Edoardo De Angelis con Sergio Castellitto, Marina Confalone, Adriano Pantaleo e Pina Turco di stasera su Rai1, invece, si deve più correttamente parlare di cinema. Questa versione di Natale in Casa Cupiello è infatti un film per la televisione, scritto dal regista con uno dei massimi sceneggiatori italiani, Massimo Gaudioso. Ma vediamo come nasce e si sviluppa, in teatro,

L'esordio di Natale in casa Cupiello del 1931

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Era il 25 dicembre del 1931 quando, nell'Italia dominata dal fascismo, andava per la prima volta in scena a teatro “Natale in casa Cupiello” di Eduardo De Filippo. Al Cinema Teatro Kursaal di Napoli, infatti, la Compagnia del “Teatro Umoristico I De Filippo”, composta dai tre fratelli Eduardo, Peppino e Titina, debuttava con una piccola commedia, un atto unico, in programma subito dopo il film della sera. L’accordo con l’impresario prevedeva nove giorni di repliche, ma dato l’inaspettato successo rimase in cartellone fino alla metà di maggio dell'anno successivo. Si trattava della prima versione di “Natale in casa Cupiello” che oggi corrisponde grossomodo al secondo atto della commedia.

Eduardo De Filippo: "Natale in casa Cupiello è un parto trigemino"

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Non tutti sanno, infatti, che “Natale in casa Cupiello” è una delle opere più travagliate, tanto che lo stesso Eduardo De Filippo una volta la definì: “un parto trigemino con una gravidanza di quattro anni”. Alla commedia, infatti, fu aggiunto l’anno seguente (1932) un primo atto introduttivo e tre anni dopo (1934) un terzo atto conclusivo, nonostante non tutti siano d’accordo sulle date, altre fonti collocano nel 1943 la stesura dell’ultimo atto. Ma poco importa, ciò che conta è che si tratta senza dubbio di un’opera paradigmatica del teatro di Eduardo, molto utile per capirne la sua evoluzione drammaturgica. Il che significa che, quel Natale di 89 anni fa, alla commedia mancava ancora la pantomima tra Luca e Concetta su “Fa freddo fuori?”, sul caffè, sulla colla, inoltre non c’era il risveglio di Tommasino e il conseguente litigio col padre in merito allo “zuppone”, ecc. ecc…

Natale in casa Cupiello: un'opera sulla miseria del fascismo

Altro elemento che va tenuto in seria considerazione quando si parla di “Natale in casa Cupiello” è il contesto storico. Se la versione che andrà stasera in tv su Rai1 alle ore 21:25, nel film per la televisione di Edoardo De Angelis, è ambientate negli anni Cinquanta, nell'Italia della ricostruzione, la prima versione immaginata da Eduardo De Filippo è ambientata negli anni Trenta. Quell'Italia, soprattutto in prossimità delle ricorrenze come il Natale, era invasa di cerimonie fasciste, di roboanti manifestazioni che celebravano il mito romano e italiano e che veicolavano una narrazione ben codificata: gioventù granitica, masse di lavoratori infaticabili, donne dedite alla famiglia e all’educazione della prole e via discorrendo.

Ma qual era invece l’Italia che, seppur con i modi della commedia popolare, i De Filippo raccontavano in “Natale in casa Cupiello”? La scena a cui assistiamo è quella di un “interno miserabile, popolato di personaggi incredibili, folli, egoisti, alienati, intrisi di miseria e malattia” come ha scritto Federico Fellini. Un microcosmo delirante e “addirittura conturbante” in cui avviene il disfacimento della famiglia, la sua dissoluzione, in cui vediamo l’incapacità di Luca Cupiello di essere padre, la volontà di Nennillo di sfuggire alle responsabilità, la forza di Concetta che regge sulle sue spalle il peso della crisi di un’intera società. È in conclusione un’opera che ha una valenza politica molto forte che risiede sia nella sua carica liberatoria sia nel ribaltamento che fa di quella tragica pagliacciata fascista che andava in scena per le strade dell'Italia di allora.

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