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Che cos’è la Convenzione di Faro sul patrimonio culturale che il Parlamento non riesce ad approvare

Dal 2013 l’Italia è in attesa che il Parlamento ratifichi l’importante Convenzione di Faro che introduce il concetto innovativo di “eredità-patrimonio culturale” e promuove l’accesso al patrimonio culturale per i cittadini, in particolare giovani e soggetti svantaggiati. Ieri un nuovo stop al Senato: necessario l’intervento del ministro Bonisoli.
A cura di Redazione Cultura
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Un nuovo stop arriva dal Senato. La sindrome "Convenzione di Faro" sembra non finire nemmeno stavolta. In teoria avrebbe dovuto essere il precedente Parlamento a ratificare la Convenzione quadro del Consiglio d'Europa sul valore dell'eredità culturale per la società, presentata il 27 ottobre 2005 nella città portoghese di Faro, sottoscritta dall'Italia nel 2013 e ancora al palo. Anche col nuovo Parlamento eletto lo scorso 4 marzo.

Ieri infatti il nuovo stop. È accaduto nell'aula di Palazzo Madama, dopo un vertice di maggioranza che ha deciso di "sospendere l’approdo in Aula della ratifica" per approfondimenti. Necessario a questo punto un confronto con il titolare del Mibac, Alberto Bonisoli, affinché sia presa una decisione definitiva su quello che è un importante strumento in difesa e promozione del patrimonio culturale e soprattutto del concetto di eredità culturale.

La Convenzione di Faro sull'eredità culturale

La Convenzione di Faro che l'Italia deve ratificare dal 2013 è un testo importante, a tratti rivoluzionario, che rinnova il concetto di patrimonio culturale, introducendo il concetto più innovativo di "eredità-patrimonio culturale", che viene considerato "un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione". All'articolo 2 della suddetta convenzione, infatti, si specifica meglio cosa sia questa comunità di eredità-patrimonio, che consiste in:

un insieme di persone che attribuisce valore ad aspetti specifici del patrimonio culturale, e che desidera, nel quadro di un'azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future.

In sostanza, la Convenzione di Faro, intende promuovere un maggiore protagonismo dei cittadini ribaltando la piramide di gestione e promozione del patrimonio culturale, sancendo il diritto, individuale e collettivo, "a trarre beneficio dal patrimonio culturale e a contribuire al suo arricchimento" (come specifica l'articolo 4) ed evidenzia la necessità che il patrimonio culturale sia finalizzato all'arricchimento dei "processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell'uso del territorio" (articolo 8 della Convenzione). Insomma, l'identificazione, lo studio, la protezione e la conservazione del patrimonio culturale appartiene ai cittadini che hanno lo scopo di promuovere, come recita l'articolo 12:

azioni per migliorare l'accesso al patrimonio culturale, in particolare per i giovani e le persone svantaggiate, al fine di aumentare la consapevolezza sul suo valore, sulla necessità di conservarlo e preservarlo e sui benefici che ne possono derivare.

Gli scenari dopo lo stop al Senato

La sospensiva votata a maggioranza prevede che l’esame del testo venga sospeso. Toccherà alla Conferenza dei Capigruppo del Senato decidere se calendarizzarla nuovamente oppure far tornare il testo in Commissione Esteri per un ulteriore esame che vedrà al centro dei lavori una serie di audit di istituzioni nazionali e internazionali che hanno vissuto in maniera attiva la nascita della Convenzione. A questo punto, la Convenzione di Faro tornerà nuovamente al centro della discussione la prossima settimana. Si spera.

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